mercoledì 26 aprile 2023

Nel Vento




C'è sempre vento qui, in qualunque stagione.
Con le sue lunghe braccia, instancabile ed implacabile, agita ogni cosa. 
Tocca, vibra, sussulta, rimescola, ingarbuglia, sporca e pulisce, spazza via. 
Ed io che il vento l'ho sempre mal digerito, sto cercando di imparare come si fa a vivergli accanto senza lasciarsi portar via.
Senza sentire le gambe sollevarsi in volo e scomparire.
Allora mi vesto un po' di più, anche se inizia a far caldo. Scarpe pesanti, sciarpa intorno al collo.
Forse dovrei riempire le tasche di sassi come in quella canzone di Jovanotti.

Ci si abitua a tutto, dicono.
Allora io cerco di abituarmi al vento.
Cerco di non lasciarmi intimorire.
Perché una persona che voglia vivere senza catene ai polsi non può farsi tenere chiusa in casa da questo alito aguzzo che morde tutto ciò che incontra.
E' un vento fatto di spine, questo qui.
Lo senti pungere la faccia e annodare i capelli. Che poi i miei son già ricci. A volte quando torno a casa tutta ingarbugliata mi guardo allo specchio e rido per quella figuretta scarmigliata che un po' assomiglia ad una donna e un po' a una zingarella. 

Però stamattina al telefono dicevo a mia madre una verità essenziale.
Le dicevo che sono tanto felice di vivere qui.
In questo quartiere tranquillo fatto di casette colorate, terrazzi fioriti e limoni in ogni giardino.
Felice di correre al mare tutte le volte che passo e da lui farmi strappar via ogni negatività. 
E magari è proprio questo ventaccio qui a tirar fuori tutto quanto. 
A gettarlo in volo.
A farlo arrivare in altre terre lontane, quelle che non ho mai visto e che probabilmente non conoscerò mai. 
E che magari un giorno, un giorno qualunque, si vedranno catapultare addosso la miriade di pensieri buoni e cattivi di questa personcina qua.

giovedì 20 aprile 2023

Nero




Accarezzo il serpente nero aggrappato alla mia pelle.
E' liscio, setoso, di una bellezza che mi sconvolge.
E' mio.
E forse prima d'ora non ho mai toccato nulla che mi appartenesse allo stesso modo.
Sembra strano, no? Uno si tatua una cosa e quella cosa diventa parte fondamentale di sé.
Che poi qui già c'era, dovevo solo trovare qualcuno che mi aiutasse a farlo venir fuori.
Come un uovo che dovesse dischiudersi. O un fiore che stesse per sbocciare. 
Trovare qualcuno, certo. Ma anche il coraggio.
Il coraggio di provare dolore pur di averlo con me. 
Il coraggio di una scelta definitiva, un salto nel vuoto, una decisione drastica.
Quel per sempre di cui si temono le implicazioni.

Lo amo. Lo amo tremendamente.
Lui è me. Io sono lui.
Farò altri tatuaggi nella mia vita. Ci saranno altri disegni più o meno significativi con i quali vorrò adornare queste cellule pallide.
Ma lui...lui sono io.
E' quella zona buia che non si ha voglia di mostrare agli altri. Quella che si tiene nascosta. 
E infatti se ne sta lì sull'inguine, celato agli sguardi curiosi del mondo. Tutto mio. 
E' impossibile fare una doccia e non cercarlo continuamente con gli occhi.
Impossibile vestirsi senza prima averlo osservato adorante. 
Siamo insieme da poco più di un mese e non c'è attimo nel quale non mi senta entusiasta di averlo messo lì. Perché quello è il suo posto, lo è da anni.
E non mi interessa il parere di tutti quelli che ..."a me i tatuaggi non piacciono". Ma che ci importa, ma chi ve lo ha chiesto. Per qualcuno sono imbratti. Per me non sono mai solo tratti d'inchiostro. 
Osservo i tatuaggi sulla pelle degli altri chiedendomi cosa significhino per loro. Quanta parte di sé stessi ci abbiano messo e quanta invece ne nascondano.

E tu, piccolo splendido serpente nero dalla lingua biforcuta, non sarai mai solo un disegno.
Sei quel groviglio di pensieri che mi saltano in mente ogni volta che ti guardo.
Sei la parte più velata e intima di me.
E se non ci fossi mi mancheresti come mi sei mancato in questi anni in cui non riuscivo a raggiungerti. 
Toccavo quella porzione di pelle, ti sentivo pulsare come le vene di un polso. Ti aspettavo.
Ora sei qui. Sorrido. Ora sei qui e non mi lascerai più.

mercoledì 12 aprile 2023

L'Orchidea




L'orchidea accanto alla finestra mi osserva curiosa.
Assorbe la luce come faccio io, con lo stesso autentico ardore.
Ricambio il suo sguardo con un pizzico d'amore, nato già sebbene sia in questa casa solo da quarantott'ore.
I fiori mi fanno stare bene, sorrido a quelli sul terrazzo ogni santo giorno.
Mi rendono felice, sento che quei petali colorati sono lì anche per me, per la passione con la quale mi dedico alla loro cura.
E sebbene non abbia mai saputo vivere con un'orchidea, nutro la speranza che stavolta sarà diverso. Che riusciremo a capirci, che questa sintonia già nata ci terrà legate a lungo. 

Non posso uscire se non per andare a lavoro.
Sono stata molto male nei giorni scorsi e tuttora la guarigione, seppur vicina, non è ancora avvenuta.
Calpesto i pavimenti di questa casa in modo febbrile. Svolgo mansioni di ogni tipo pur di non dovermene stare ferma in un angolo.
L'immobilità non fa per me, è come una prigione che mi fa marcire.
Allora riposo il più possibile di notte, ma di giorno mi tengo impegnata come posso.
Non parlo con nessuno se non con mia madre e mia suocera che molto generosamente mi telefonano al mattino per sapere come sto. Tengo la voce a riposo fino all'ora del turno, dove poi dovrò utilizzarla di nuovo. Non è squillante come al solito. E' flebile, delicata, docile. 
L'intero corpo è sottotono. L'orecchio a volte fa così male che vorrei sbatterlo al muro. 
Però va meglio, e sogno il momento nel quale potrò tornare sulla mia spiaggia, in cui le mie gambe potranno macinare chilometri. Sogno il sole addosso, la bellezza tutt'intorno, una dolce brezza che mi faccia il solletico, l'aria di mare che mi avvolge. 
Tutto questo mi manca terribilmente ma resisto. 
La mia orchidea è qui con me. Un pezzo di natura piombato a tenermi compagnia in questi giorni solitari. 

giovedì 6 aprile 2023

Freddo d'Aprile

 

Giovedì 6 Aprile 2023, ore 12:52.
Il cielo è limpido e il sole alto ma fa freddo questa settimana, molto più che nel mese scorso. 
Da sabato notte soffro di un mal di gola antipatico che va e viene come una marea.
Mi illude di essersene andato e invece torna, si prende gioco di me.
Del resto anche io mi prendo gioco di lui. Di lui e di me stessa, perché totalmente incapace di riguardarmi.
Sono rimasta quella bambina che nascondeva alla mamma di avere le placche alla gola per non dover prendere l'antibiotico.

A mia discolpa posso dire che avevo bisogno del mare, e ci sono bisogni ai quali è difficile voltare le spalle, anche per una motivazione ragionevole. 
Allora mi sono coperta bene e sono uscita.
Il freddo mi tagliava i polmoni, li sentivo sempre più pesanti ad ogni passo.
E nonostante tutto ero felice di quella distesa calma, di quelle piante rigogliose sulle dune di sabbia, di quegli adolescenti sdraiati sulla spiaggia, delle mie gambe sciolte.
Ero felice perciò sottovalutavo quel malessere che mi s'insinuava sul petto, opprimendolo. 
Quando mi sono svegliata da quel sonno di pace sono scappata via. Stringevo la sciarpa al collo ma non bastava. Il percorso di ritorno mi è sembrato più duro, come se nel frattempo avessi accumulato sassi pesanti dentro le scarpe. Ciononostante non mi sarei fermata se non avessi dovuto farlo. 
La verità è che non mi fermerei mai, camminerei ad oltranza, soprattutto in questa stagione.

Ore 17:33.
Ora sono a lavoro. Il sole è ancora alto, il cielo ancora completamente azzurro.
Io mi tengo il petto come se dentro la gabbia toracica il respiro facesse fatica a venir fuori.
Ho un senso di oppressione che combatto come un nemico e pago la colpa di aver voluto una mattinata felice prima dei soliti ridondanti doveri.
Tra un cliente e l'altro bevo una tisana bollente e mi torna in mente quel passo di Peter Cameron.
"Volevo solo un posto dove stare da solo. Per me è un bisogno primario come l'acqua o il cibo."