lunedì 27 febbraio 2023

Giovanni

 


Io non me lo ricordo quando e come ho conosciuto Giovanni.
Anche a voler fare mente locale ed impegnarmi, proprio non riesco a distinguere quale sia stato il primo momento in cui ci siamo visti e parlati. 
E' successo in negozio? Oppure tra le vie del quartiere, mentre io andavo al mare a camminare e lui portava a spasso il cagnolino? Perché dev'esserci pur stato un primo dialogo, un primo sorriso, un primo saluto da individuare come incipit.
Ogni percorso inizia da un primo passo e anche i temporali cominciano con un singolo tuono. 
Eppure io quel tuono lì non me lo ricordo, si è perso da qualche parte, forse scambiato per un colpo di tosse di cui solo in seguito s'è compresa la natura.

Però il fatto, l'unico davvero essenziale, è che ad oggi voglio un gran bene a Giovanni.
Se penso a tutti gli anni trascorsi a desiderare un nonno, senza averlo mai avuto. E poi quasi acquisirne uno all'improvviso, piovuto dal cielo, un paio di vie più a sud della mia. 

Giovanni è un uomo mite. Non so quanti anni abbia, credo sugli ottanta. Non glielo chiedo per pudore, ma anche perché lo ritengo un dato del tutto marginale.
A Giovanni brillano gli occhi quando mi vede arrivare. E credo che, a ben guardare, brillino non poco anche i miei. Mi sorride felice, mi raggiunge ogni volta che mi vede passare, mi porta i limoni o le rose del suo giardino, mi fa fotografare le sue tante tartarughe. 
Anche sua moglie mi vuole bene. Ricordo che una volta in mezzo al mercato mi disse: "quanto sei dolce con noi, che Dio ti benedica".
Avrei voluto piangere. Non so perché quelle parole mi strinsero il cuore in quel modo, ma anche adesso, a ripensarci, mi commuovo.

Pur essendo un tipo che sorride a tutti, che si ferma sempre a fare due chiacchiere e che mostra una certa espansività, nel profondo vivo di chiusure ermetiche, durissime, invalicabili. 
E forse il muro si sgretola solo quando avviene in modo del tutto spontaneo, quando dall'altra parte c'è qualcuno con cui si instaura un feeling privo di qualsivoglia forzatura.
E allora Giovanni ha un peso nella mia vita, che magari non sono in grado di spiegare a chi mi è vicino, ma so che è così e tanto mi basta.

venerdì 17 febbraio 2023

Voci Dissolte




La voce di Lodovico risuona nella stanza. 
E' al telefono da mezz'ora e sono esattamente trenta minuti che cerco di tirarla via, di spingerla fuori dalla mia testa. Di spostarla sulle pareti, come se in fondo stesse bene solo attaccata al muro. Appesa su un chiodo, crocifissa.
Penso a quante altre volte nella mia vita ho perpetrato questo stesso esercizio, di spinger via voci che non avevo voglia di sentire, dalle quali volevo estraniarmi. E in tutto questo tempo ho imparato a ridurle al punto di farle diventare piccole come noccioline. 
Semini dall'aria innocua che hanno perso ogni senso d'esistere, forme ignote che si espandono come nuvole, diventano rarefatte e infine si disperdono. 
E a definirla abilità farei un torto a me stessa, che questo non è mica un talento innato, è stato il frutto di un duro lavorio, che penso di aver iniziato giovanissima, forse il primo giorno di lavoro, oppure ancora prima, in quegli anni seduta ad un banco di scuola dove già sognavo d'essere altrove.

E' andato via, portandosi appresso la sua voce ridotta a brandelli.
Io invece sono ancora qui, ci resterò per diverse ore.
Ci sono altre voci in veranda che arrivano attutite, smarrite anch'esse, presenti ma lontane.
Disseziono una mela rossa mentre penso al tempo libero che non ho mai ma che saprei occupare centimetro per centimetro come una piccola stanza da arredare.

lunedì 13 febbraio 2023

La Scia

 


Sul vetro appannato della doccia ho disegnato un cuore con le nostre iniziali. 
L'ho osservato per un attimo e poi l'ho cancellato.
Nella testa quella canzone che un po' mi entra dentro e un po' mi scivola addosso.
Ed è sempre una gran fatica uscire da questo box, dal caldo confortante che mi attraversa come fa la scia di un aeroplano col cielo.

E' un lunedì sera qualunque di metà febbraio. E forse non è poi così qualunque se penso che domani sarà San Valentino. 
Potrei mettermi a sparpagliare bigliettini d'amore per casa. Preparare un dolce al cioccolato. Comprare regali costosi che in fondo in fondo non servono a nessuno. Organizzare cene dal menù già stampato in mezzo alle coppiette e i palloncini a forma di cuore.
Potrei, certo. All'incirca come potrei fare milioni di altre cose nella vita che poi non farò.
Come imparare a guidare un aliscafo, salire su una mongolfiera, giocare a golf col Papa.
Le ho fatte tutte quelle cose lì. Quelle e molte altre. Ma per farle bisogna averne voglia e al momento non ne ho. Non che sia successo qualcosa, anzi, mi sento piuttosto serena. Però di fare una qualunque cosa solo per onorare un giorno sul calendario in cui altri hanno stabilito che "si fa così", beh, forse non ho più l'età. O l'entusiasmo. O entrambi.
E allora credo che domani sarà un giorno qualsiasi che renderò speciale perché ci sarà il sole e non perché un santo col nome di mio zio è stato preso in ostaggio per prestarsi a queste favolette.
Incantevoli, ma pur sempre favolette.

Sto diventando una cinica megera?
Un tempo con queste ricorrenze ci andavo a nozze. Mi inebriavano, me ne riempivo come si fa con l'acqua dopo ore di sete e d'arsura. E invece adesso mi scivolano accanto e magari ci penso anche col sorriso, ma non mi faccio più comprare.
E chissà, può darsi che l'anno venturo mi vedrà di nuovo a fare qualcosa che considererò speciale, ma stavolta penso che mi basterà sbarcare il lunario.

Esco dal box. Mi rassegno ad asciugarmi, a sentire la vita che si accalca pensosa sulle mie spalle. Non ci vorrà molto prima che gli occhi si abbasseranno come una bandiera sull'asta e Morfeo mi accoglierà pacioso tra le sue braccia.

venerdì 10 febbraio 2023

Come Uno Stormo



"E forse arriverà davvero il giorno
In cui diventerai solo un ricordo
O ce ne andremo via come uno stormo
Che con l’autunno poi farà ritorno
Quel tempo trascorso
Non puoi cancellarlo
Ti resta sul volto
Sarò come quel fumo
Che disegna sul muro
La cornice che hai tolto

C’era una foto dove ci guardiamo
Gli occhi felici dopo i giorni brutti
Ed ogni tanto lo dimentichiamo
Ma il nostro fuoco lo hanno visto tutti
Forse diventeremo due stranieri
In viaggio su respiri più leggeri
Chissà se piloti o passeggeri".

Da "L'addio", Coma Cose.

mercoledì 8 febbraio 2023

Quei Fiori Distrutti

 


Stamattina, mentre mi allenavo, riguardavo il video della mancata esibizione di Blanco al Festival.
E non vedevo un rocker dannato, un cantante, un interprete, un musicista di qualche tipo.
Vedevo un bambino irrisolto a cui il successo stava sfuggendo di mano.
Spaventato, irascibile, incurante del disastro che stava creando. Arrabbiato, poi incapace di fornire una spiegazione che rendesse il suo gesto meno stupido di quanto, invece, sia stato.
In grado solo di biascicare parole che non erano di scusa o di derisione o di chissà che altro.
Sembravano quasi uscire dalla bocca di un altro, di qualcuno che non era neanche stato lì.

Blanco a me piace, nonostante il divario generazionale che ci separa e anche nonostante certi suoi atteggiamenti da ragazzino isterico.
Mi piacciono i suoi testi sconclusionati che parlano di storie più grandi di lui, di un dolore non troppo nascosto che emerge al di sotto dei suoi tatuaggi e dietro quella faccia da monello che spera di sembrare più adulto, senza riuscirci mai. Buona parte dei suoi brani hanno segnato il mio 2022 e alcuni di essi li ho ascoltati quanto i suoi fan più assidui. Quelli giusti, quelli con l'età corretta.

Credo però che il successo sia un'arma potente e che spesso venga imbracciato da mani troppo inesperte per saperlo gestire. Lui non è un forte, non lo sembra neppure da lontano. 
Quando in cuffia non sentiva la sua voce si è sentito abbandonato in mezzo ad una platea di gente a cui fornire uno spettacolo che non era più in grado di offrire. 
Si è sfogato puntando i piedi come un bambino capriccioso. Lo stesso Amadeus l'ha trattato con sufficienza, chiamandolo addirittura col nome di un altro, come a rivolgergli un buffetto sulla guancia per una ragazzata da niente. E invece il suo gesto, seppur dettato dal panico, andava trattato con una maggiore rigidità.
Perché quando un bambino si comporta da maleducato non gli si dice bravo; lo si redarguisce.
Gli si chiede di scusarsi, di ripagare i danni, di non farlo più.
E invece in questo caso, in mezzo a quel disastro che qualcuno più umile di lui ha dovuto ripulire, è stato offerto uno spettacolo osceno in cui il suo gesto stupido veniva scusato con un'alzata di spalle.  

Continuerò a cantare e ballare con le canzoni di Blanco. 
Non mi interessa che non sia De Andrè, perché io non ho bisogno di ascoltare solo capolavori.
Per me la musica è distensione, è riconoscersi in qualcosa anche se questo qualcosa dagli altri non viene compreso. E in Blanco, stranamente, c'è qualcosa che mi piace e che riconosco.
Ma dirgli bravo per ieri sera, beh, proprio no.

giovedì 2 febbraio 2023

Febbraio

 

In passato febbraio mi rattristava terribilmente.
Lo faceva perché tra le mie colline era il mese più duro, quello più freddo. A volte veniva la neve, altre un gelo spaventoso che irrigidiva ogni cosa. I prati, le rare foglie ancora attaccate agli alberi, le automobili, persino i segnali stradali. Tutto si imbiancava, tutto diventava improvvisamente ostile, spoglio, doloroso come uno schiaffo in pieno viso.

Però il primo febbraio di sei anni fa io iniziavo a camminare. A farne un'attività costante, continuativa. Un girovagare puntuale e meraviglioso.
E da quell'anno è cambiato tutto. Febbraio non è solo il mese più rigido, è anche un mese di scoperta, di speranza verso una primavera che non tarderà ad arrivare. Se chiudo gli occhi ne osservo già i primi fiori, che stranamente a volte spuntano già sul mio terrazzo. Gerani rosa, piante grasse con le corolle fucsia. E poi la mia poligona che non ha mai smesso di illuminarmi gli occhi con i suoi petali vividissimi.
Quel primo febbraio di sei anni fa scoprivo il mondo che mi circondava. Abitavo qui da quasi quattro anni eppure fino a quel momento ero rimasta nascosta tra la casa e il lavoro, di fatto vivendo una vita che era più esistenza che non vita stessa.
Quel giorno per me iniziò una nuova fase ed iniziai pian piano a conoscere la nuova me.
Più aperta, più socievole, più curiosa, più adulta.
Devo molto a quel giorno lì, ci penso come ad una sorta di seconda nascita.

Ci sono dei momenti nella vita che segnano un cammino. E da quel punto in poi ci penseremo sempre come ad una svolta. Penseremo al nostro percorso come un "prima e dopo di". 
E allora febbraio, adesso, è soprattutto il mese che precede marzo. Un mese che ha anticipato un rinnovamento, un nuovo modo di percepire me stessa ed il posto in cui ho scelto di vivere, un nuovo modo di costruire il mio habitat e renderlo mio sul serio. Improvvisamente non ero più un cespuglio trapiantato in una nuova terra. Improvvisamente mettevo radici, con quella terra iniziavo ad interagire, a farla diventare nutrimento, ossigeno, vita. Casa.

L'inverno è lungo ancora
ma nel cuore appare la speranza,
nei primi giorni di malato sole
la primavera danza, la primavera danza...
(Guccini).