sabato 31 dicembre 2022

Gratitudine



Ho camminato a lungo questa mattina, immersa fino al collo nella mia natura e quindi finalmente felice. Felice come so essere solo quando sento le mie gambe svettare, i miei polpacci farsi duri, la mia terra accogliermi generosa e rossa come le piante di agrifoglio che ho fotografato.
Ho annusato il mondo, l'ho respirato sotto questa aria mite che sembra primavera, sotto questo cielo di nuvole delicate da cui non riesco a staccare gli occhi.
Sento ancora la mano del disabile che ho aiutato questa mattina per la strada. Me la teneva sulla spalla per riuscire a fare la discesa. Le gambe gli si bloccavano, si vergognava, chiedeva scusa. Allora gli parlavo del mare, della mia spiaggia, del fatto che avevo tutto il tempo del mondo per quella discesa e che non c'era nulla di cui preoccuparsi.
Poi Spotify m'ha regalato una canzone. L'ho ascoltata quattro o cinque volte finché mi è entrata dentro e mi ha commosso. Avrei voluto piangere, ringraziare il mondo di tanti miracoli .
La metto anche qui, per non dimenticarla più.
Sottofondo musicale di questa mattinata che più bella non ci poteva essere. 
Finisce l'anno tra poche ore e forse un altro giorno avrò altro da dire riguardo queste ore che se ne vanno via veloci portandosi via anche dicembre. Ma ora semplicemente ascolto la gratitudine e osservo queste vallate dal balcone, pronta a lasciarle di nuovo domani, sentendole tutte fino al midollo, per trattenerle il più a lungo possibile.

"Io ero passatoSoltanto per dirti che mi era mancatoL'ultimo tratto che ti porta a quel bacioChe salutarsi come amici è un reatoChe hai ragione, ma ora scendi o non vado
Che questa notte io non voglio dormireSe non ti abbraccio sveglio tutto il palazzoNon farmi urlare che potrebbero direC'è quel coglione che non vuole capire
Avrei voluto baciarti, baciarti, baciartiPer ore, per ore, per ore, per oreAvrei dovuto baciarti, baciarti per ore, per oreNoi stretti sul mare a morire
Ti dedico una canzoneTi dedico una canzone
Io ero passatoSoltanto per dirti che mi ero pentitoDi come sono andato via senza direUna parola senza neanche lasciareUna maglietta come volessi dire
Domani torno che ci voglio dormireChe se scappo è solo perché ho pauraDi stare troppo bene e poi stare maleConosco bene le altalene del cuore
Avrei voluto baciarti, baciarti, baciartiPer ore, per ore, per ore, per oreAvrei dovuto baciarti, baciarti per ore, per oreNoi stretti sul mare a morire
Ti dedico una canzoneTi dedico una canzone
Tornassi indietroTi porterei a quel concertoTi toglierei quel mare che ti annega dentroTi stringerei come si fa prima di un viaggioMa sceglierei di starti accanto
Tornassi indietroVabbè che non si torna indietro maiMa se potessi farlo adesso giuroChe non ti lascerei neppure un minutoIo non ti lascerei neppure un minuto
Avrei voluto baciarti, baciarti, baciartiPer ore, per ore, per ore, per oreAvrei dovuto baciarti, baciarti, baciartiPer ore, per ore, per ore, per ora
Avrei voluto baciarti, baciarti, baciartiPer ore, per ore, per ore, per oreAvrei dovuto baciarti, baciarti per ore, per oreNoi stretti sul mare a morire
Ti dedico una canzoneTi dedico una canzone."
(Aiello).

giovedì 29 dicembre 2022

Giorni Sospesi

 


Il Natale è sgusciato via da quattro giorni che mi sembrano molti di più.
Sto vivendo l'intero periodo in maniera così caotica da non riuscire a riacciuffarne i pezzi.
Pezzi finiti dappertutto, fili di cui non trovo più il capo né la coda.
Mi sento come in una stanza in cui un bambino si sia divertito a sparpagliare i giocattoli ovunque, incastrando mattoncini minuscoli di Lego persino tra le fessure dei divani. E scarpette rosa di Barbie dentro le ciotole dei cani.
Le stesse sensazioni, queste dannate fottutissime emozioni, si sono accavallate l'una sull'altra fino a non farmici capire più niente.
Mi sento in balia di ore che scorrono febbrili. Di risentimenti o riflessioni o attimi di pura rabbia che mi rendono umanissima ma anche terribilmente stufa. 
Era tutto più semplice quando praticavo yoga con la mia insegnante. Tutto cessava di esistere in quell'ora e mezza. C'erano solo il corpo, la fatica di tenderlo e tirarlo e sentirlo e respirarlo. Uscivo di lì con la sensazione di poter camminare leggera sulle nuvole. E qualunque cosa dovessi affrontare poco dopo, era con un sorriso che la accoglievo.

In compenso ho avuto la fortuna di guardare il tramonto cadere sul mare per tre giorni di fila. Che è una specie di miracolo dal momento che il pomeriggio sono sempre rinchiusa da qualche parte. 
Tramonti incantevoli ma strani, quasi primaverili. L'aria stessa non sembrava appartenere all'inverno, sembrava quella di una stagione sospesa, di transizione.

Ora sono seduta sul divano dei miei, siamo arrivati nel pomeriggio.
Dopo qualche vicissitudine dovuta ad un'autorizzazione per le ferie che proprio non voleva saperne di arrivare, ci è stato concesso qualche giorno di stacco.
Respiro l'aria di casa mia, osservo le lucine multicolore dell'albero di mia madre muoversi ad intermittenza illuminando le palline. Mi lascio ipnotizzare. Resto incastrata come al solito nel mio silenzio e sento che potrebbe durare giorni, imperterrito, se solo non decidessi di sforzarmi un po'.

lunedì 19 dicembre 2022

Sabato Sera




E' assodato: in inverno cambio pelle e divento un orso.
Non si spiegano, altrimenti, questa dannata voglia di starmene per i fatti miei e smettere di condividere il mio tempo libero con altri esseri umani.
A parte il lavoro, che mi impone di starci per diverse ore al giorno, con le persone non spartirei granché. Schivo inviti ed occasioni sociali con disarmante naturalezza. Anche a costo di risultare antipatica o poco socievole, mi defilo. Sguscio via come un'anguilla. 
Quanto in estate mi piace uscire con gli altri, ridere e scherzare fino ad orari indefiniti, così in inverno il mio unico desiderio è quello di vivere sola con me stessa.
Mi apparto. 

Ciononostante, sabato sera ero con le gambe sotto il tavolo di un grazioso posticino a mezz'ora da qui con altre persone.
Persone con le quali ho condiviso altre occasioni di divertimento in altri momenti dell'anno e con le quali mi trovo bene, bella gente giovane che solitamente mi piace frequentare.
Eppure credo di aver pronunciato venti parole in tutto.
Mi piaceva essere lì e allo stesso tempo avrei forse voluto essere altrove.
Alzarmi e andarmene.

E non credo che la ragione fosse tutta riconducibile al fatto che ero stata male le ore precedenti ed avevo il timore che tutto si ripetesse, per giunta lontana da casa.
Quel pensiero era latente e non predominava sulle mie sensazioni della serata. Abituata a nascondere i miei malesseri fisici, come del resto avevo fatto per ore in negozio, nessuno lì in mezzo poteva intuire cosa avevo passato. Nessuno tranne Fred, ovviamente, che pure non le aveva vissute con me.
Forse è questo, mi son detta. Tratto queste belle persone come conoscenze, gente da tenere a distanza, da non far mai avvicinare troppo. Mi sono simpatici ma l'amicizia è un'altra cosa e forse l'ho vissuta tutta quando ero più giovane ed ora non riesco più a penetrarne il senso. Inverno o meno. 
Sento che non mi va di condividere una vera intimità con qualcuno con cui non senta un feeling vero, immediato ed intenso. Non mi accontento di stare bene in una stessa stanza, di ridere e scherzare allegramente. Per me sono solo ammazza-tempo, palliativi, educazione. Quando invece l'amicizia è una forma d'amore che avverto solo per amici lontani nel tempo o nella geografia.
E non lo vivo più come un limite, come un difetto di fabbricazione. Credo in realtà di dover provare stima per me stessa. Stima perché non acchiappo indistintamente tutto quello che trovo, non fingo sentimenti che non provo, non elargisco belle parole che non sento nel mio io più profondo, non chiamo "amore" e "tesoro" chi non è veramente amore o tesoro. E non definisco amici chi frequento per qualche risata occasionale.
Io l'amicizia me la ricordo ed era una cosa diversa. Profonda, forte, vividissima. E niente che non gli assomigli può esser definita da me allo stesso modo.
Mi dispiace? meno di quanto dovrebbe, probabilmente. Perché la verità è che con me stessa sto infinitamente bene e non mi servono tappabuchi.

giovedì 15 dicembre 2022

Dieci Giorni a Natale

 


Sotto ad un suo post nel quale ci chiedeva cosa maggiormente ci piacesse del Natale, ho scritto a Claudia che le avrei risposto qui, con calma.
Ma solo ora che lo sto facendo mi rendo conto di quanto sia complicato racchiudere sensazioni di anni dentro qualche riga, come se davvero si potessero mettere in fila le emozioni in poche lettere anonime. E' come tentare di racchiudere il mare in un quadro sapendo di non essere William Turner. Ne puoi solo disegnare una porzione che, per  quanto realistica, non sarà mai come il mare intero. Non avrà il suo odore, il suo sciabordare, le sue giornate tempestose e furenti o quelle di bonaccia assoluta. Un progetto troppo ambizioso per poter arrivare alla fine davvero soddisfatti.

E allora ho chiuso gli occhi, preso un bel respiro. E mi sono messa a pensare, a farlo con i sensi.

Cosa mi piace veramente del Natale?
Cosa mi è piaciuto gli anni scorsi e cosa mi aspetto da quello in arrivo?
Le più banali. Le luci per le città, l'aria frizzante, la sciarpa di lana grossa intorno al collo, regalare pezzetti di me alle persone più care che, a loro volta, faranno lo stesso.
L'albero decorato della mamma, con quel Babbo Natale di pezza lì sotto che è lo stesso da oltre trent'anni e che, pur nella sua bruttezza conclamata, è assolutamente insostituibile.
Le lucine multicolore che riempiono la sala da pranzo quando spegniamo ogni lampadina e le osserviamo volteggiare tra le palline e i pupazzi. Mio fratello ed io ci accasciavamo lì ogni sera e cantavamo le canzoni che ci avevano insegnato a scuola. Piccoli piccoli, dentro pigiamini improbabili, ad aspettare che avesse luogo la magia. Ci credevamo fermamente, quell'atmosfera era intoccabile. Tutta nostra. In questo periodo il ricordo si fa fortissimo e non c'è anno in cui non mi torni in mente con la potenza di un uragano.
E poi le ciambelline con anice e vino bianco, il loro odore caratteristico, la loro familiarità. Le pasticcerie e i supermercati sono pieni di dolci natalizi che non ho voglia di mandare giù, ma quelle ciambelline che mia madre e mio padre preparano insieme dalla notte dei tempi sono il mio vero, solo ed unico feticcio. Il loro sapore zuccherino, la consistenza dura che tende a sciogliersi in bocca dopo un po'. Quell'amore che sembra passare di lì, che sembra attraversarle dal buco come farebbe un leone ben addestrato in un cerchio di fuoco.

E allora se anche mi fermassi qui e non raccontassi tutto il resto, potrei dire che quello che più mi piace del Natale è l'atmosfera di ricordo, di calore, di gioia. Quella sensazione unica di poter tornare un po' bambini, di potersi vestire di oro e di rosso sembra sembrare ridicoli, di poter fermare il tempo per qualche ora e semplicemente respirare e respirarsi. Stare vicino agli altri, abbracciarli un po' di più, perdersi dentro ricordi bellissimi di tempi andati che non torneranno ma che ci sono stati e ci hanno arricchiti, forgiati, resi quelli che siamo.


domenica 11 dicembre 2022

Una Domenica di Dicembre

Fonte: Sergeeva



Un risveglio calmo.
La colazione lenta con l'odore delle clementine tra le dita.
Il caffelatte caldo gustato con gli occhi semichiusi e una musica leggera diffusa nell'aria.
Fred ancora mezzo addormentato nella stanza accanto.
Poi vestirsi, andare a comprare gli ultimi regali di Natale, organizzare la spesa settimanale.
E tutte quelle cose lì che sono un po' croce e un po' delizia.
Dunque la pizza rossa sottile.
Un vento tagliente che fuori casa falciava gli alberi, sottometteva i passanti. 

Ci sono domeniche di una semplicità estrema che appaiono come piccoli miracoli in mezzo alle vie prive di santi. Luoghi insperati, docili, di una bellezza fulgida e un po' appannata che ti rimettono in sesto, ti raddrizzano la schiena.
Forse in mezzo a tante corse ogni tanto c'è bisogno di assaporare il piccolo, il semplice, il profumo essenziale delle cose. C'è un po' di divino in un tramonto fotografato tra le tende di casa dopo una passeggiata con il collo ben fermo in mezzo ad una sciarpa calda. 
Ore di cielo grigio, stranamente spazzate via da un sole quasi troppo bello per essere ritenuto vero.
E invece reale, tangibile, inspiegabilmente vivo.

Tra poche ore sarà di nuovo lunedì.
Ce lo raccontano freddo, con le temperature in caduta libera, l'inverno a galopparci incontro. 
Ma è ancora domenica, ancora per poco, e allora mi tengo strette queste sensazioni dolci che mi hanno tenuta al caldo in queste ore, con gli occhi languidi di chi voglia farsi cullare ancora un po'. 

martedì 6 dicembre 2022

Scampoli

 
Fonte: infomotori. com


Martedì 6 dicembre, ore 12:09.

La faccia al sole, i vasi fioriti in balcone, il bucato profumato che sventola, un vento leggero che se ne prende cura. Starei così fino al tramonto, a godere di questo tepore che oggi è un regalo meraviglioso e totalmente inaspettato.
Ho trascorso la mattinata fuori, ho rivisto il mare dopo giorni di tempesta, sono passata al mercato a fare un po' di spese e a chiacchierare con gli amici che ho lì. 
Dunque un pranzo veloce, una tisana bollente dopo-pasto. E poi vestirsi, scappare in negozio, riarrotolare i pensieri e disfarsene per qualche ora.

Ore 15:07.

E' incredibile come talvolta le persone ci tornino in mente all'improvviso. 
Magari abbiamo visto qualcuno che ce le ricorda in maniera del tutto marginale. Particolari innocui, sbiaditi, tiepidi.
Il tono di voce, il modo di camminare, il sorriso, le pagliuzze verdi negli occhi, il taglio di capelli, un odore conosciuto di dopobarba. 
Ricordi che ci fluttuano davanti agli occhi per qualche istante, invadendo menti tranquille che pensavano a tutt'altro. Forse le persone non se ne vanno mai davvero, neanche quando siamo certi che non le rivedremo più. Forse chi ha fatto parte della nostra vita, che ci sia stato per tre mesi o per vent'anni, è destinato comunque a rimanere. Ci balzano nei sogni o nella memoria e restano lì per una giornata intera, ad accompagnare ogni gesto quasi a volerci essere per forza.
Certe assenze sono presenze inafferrabili ma ferme. 

Oggi zio Paolo avrebbe festeggiato il suo compleanno.
E allora questi uomini di una certa età che per certi versi gli somigliano, oggi li tratto ancora meglio del solito. Gli sorrido più forte.
Perché di tanta gente con cui ho avuto a che fare nella vita, lui è forse quello che m'è rimasto dentro in maniera più intensa, quasi a prendersi un posto che non possa esser proprio di nessun altro.

sabato 3 dicembre 2022

Pera e Cannella

 
Fonte: unadonna. it


E' una mattinata lenta e silenziosa, come da tempo non mi capitava di averne.
Fuori il temporale ha lasciato spazio ad una pioggia torrenziale ma mite, senza più tuoni a squarciare il cielo. Me la sono presa comoda, anche in virtù del fatto che i giorni scorsi mi son data da fare e non avevo lasciato molto altro da concludere.
E allora sono rimasta a letto, ho dormito un po' di più, fatto colazione direttamente da lì mentre buttavo giù un nuovo planning settimanale, ho tenuto intenzionalmente spenta anche la musica.
Volevo essere solo io. Me, il silenzio, la pioggia dietro le imposte, il profumo della cannella sulla pera. 
C'è il tempo per correre e ci deve essere anche quello per recuperare. 
Spazio vuoto da riempire in maniera soffice, delicata, poco ingombrante.
Che poi anche la domenica per noi è spesso giornata di sveglie, di corse, di andirivieni, di cose belle incastrate tra i doveri come se non ci meritassimo mai qualcosa che sapesse solo d'ozio o di piacere.
E allora questo sabato mattina, prima di iniziare il turno che mi terrà in negozio fino a sera, ho voluto dedicarlo a me stessa. Al sapore morbido del silenzio, della lentezza, del far le cose in modo lieve. 

Il Natale si appresta ad arrivare e ci sono momenti nei quali mi sento esplodere il cuore di gioia e di aspettativa, e altri in cui fatico a respirare per l'ansia di dovermi trovare tra tavole imbandite ad ogni ora e cibi succulenti che non voglio raggiungano la mia bocca.
Ci sono cene a cui sono stata invitata nei giorni precedenti a quelli di festa. Cene a cui ho detto no, tranne una, perché a costo di risultare antipatica - ed è stato certamente così - sento il bisogno di tenere in ordine il mio corpo e la mia mente.
Bisogno di non straripare. 
Il cibo mi fa paura e per quante volte l'ho negato, è necessario che ogni tanto io riesca anche ad ammetterlo. Mi fa paura sedermi accanto a chi riesce a mangiare per ore senza colpo ferire mentre io dopo dieci minuti ho già finito la mia razione. Paura di vedere portate susseguirsi in abbondanza e dover guardare altri mangiare a ripetizione dopo aver concluso la mia, unica, sola e modesta.
Ci sono momenti nei quali tutto questo mi fa tremare e avrei voglia solo di rifugiarmi in uno sgabuzzino e uscire a pranzi finiti. Natale è gioia, è poter staccare per qualche giorno dal lavoro, riabbracciare la mia famiglia, starmene un po' nelle mie campagne, magari anche rivedere una cara amica e passare con lei un giorno intero a chiacchierare di quelle frivolezze di cui entrambe abbiamo un gran bisogno. Ma Natale è anche mettermi di fronte a qualcosa che temo e farci i conti, tener stretta la cinghia mentre tutti intorno non faranno altro che allargare la propria e vederli guardarmi storto e  magari anche tentare di farmela allentare. 
Ci sono discorsi che, semplicemente, non puoi iniziare. Non puoi farlo perché sei solo quella stramba, la tipa un po' superficiale che si osserva i fianchi anziché prestare attenzione alla compagnia, quella che dovrebbe mangiare e starsene zitta, perché tanto c'è tempo per rimediare.
E allora anche se di tutto questo potrei parlare per ore, non avendolo fatto (quasi) mai, taccio anche qui. Qui che è il mio spazio e dove allora potrei rompere gli argini e tirar fuori ogni cosa, ogni pensiero complicato, ogni meccanismo distorto, ogni ingranaggio saltato. E invece no. Perché la libertà di raccontarsi e aspettarsi una reale empatia o un silenzio soffice come questa mattina lenta, è pura utopia.