Stamattina facevo stretching e quando mi sono girata ho visto la mia schiena seminuda riflettersi nel nero del televisore spento.
Ho visto la linea esposta delle vertebre, la loro sinuosa curvatura, la pelle che si tendeva su di esse.
Ed è stato naturale pensare alla schiena dello scorso anno, di quando anche le costole sporgevano più di quanto facciano ora, con una pelle sottile di carta velina a ricoprirle appena.
Me ne vergognavo, le coprivo in continuazione.
Ma quando ero sola amavo quelle ossa, le toccavo fiera.
Prima di dormire le accarezzavo da ogni lato e più le sentivo venir fuori, meglio riuscivo a dormire.
La loro presenza così evidente mi placava, mi faceva sentire forte.
Penso che chi non sia mai passato attraverso i disturbi alimentari non possa capire in quali stretti labirinti si riesca ad entrare. In quali vie tortuose la mente si inerpichi.
Eravamo in spiaggia a Rimini quando mio fratello vide quelle costole in rilievo. Sussultò. Non capii subito perché e pensai di avere qualcosa che non andava. Pensai che il mio corpo non andasse bene, che fossi grassa probabilmente. Poi lo vidi girare gli occhi addolorati e far finta di nulla. Parlava con Fred, continuò a farlo, ma i suoi occhi scuri avevano un'espressione diversa, come di peso sul cuore.
Solo mesi dopo, ripensandoci, capii che era stato il mio torace magro a spaventarlo. E che quel girare gli occhi e fingere che nulla fosse accaduto era una delicatezza che mi stava rivolgendo.
Ed è strano, no, ora che le costole si vedono meno, rimpiangere un po' quei mesi in cui se ne stavano lì dure dure, spettrali. Perché anche quando se ne esce, in realtà non se ne esce mai.
Da oltre cinquecentotrenta giorni seguo un piano alimentare in cui introduco tutto ciò di cui il mio corpo ha bisogno. Mi piace, mi fa stare bene.
Eppure...eppure. Eppure la malattia mi teneva al riparo.
Da cosa non so, forse dal terrore di ingrassare nuovamente.
Non mangiavo abbastanza, perciò sicuramente non potevo ingrassare.
Ora mangio sanissimo, però mangio. E quindi sono sempre lì che mi controllo i fianchi, le gambe, il busto, le braccia.
Una volta, a ventidue anni, fu mia madre a salvarmi la vita. Mi obbligò a mangiare in mezzo ai miei singhiozzi terrorizzati. Era disposta persino a legarmi pur di farmi introdurre cibo in quel corpo che si stava spegnendo. Lo fece per mesi, lo fece perché l'alternativa era un ricovero.
Ora sono io a dover salvare me stessa. Lo sto facendo come se dovessi prendermi cura di una bambina recalcitrante. Lo faccio con pazienza ma anche con durezza. Sono inflessibile.
Eppure...eppure. Eppure quelle costole lì, così fuori dal normale, quanto mi mancano.
Mentre scrivo le tocco. Ci sono ancora, non se ne sono mica andate. Ma c'è anche carne lì sopra, c'è muscolo. C'è anche del grasso sicuramente. C'è tutto quello che ci deve essere in un corpo sano.
E allora chissà perché mi mancano così. E che farei per riaverle indietro.