mercoledì 14 settembre 2022

Sull'Uscio




La bambina era sotto le scale, calpestava il suolo del giardino ma guardava il portone spalancato della scuola. Piagnucolava inconsolabile nel suo caschetto castano e nei suoi abiti neri. 
Due compagne erano con lei, una le accarezzava il braccio, l'altra la osservava un po' assente.  
La maestra la chiamava dall'interno, "Saretta, vieni." 
Due o tre volte, ma senza raggiungerla. 
Non so perché la bimba non volesse entrare né perché si sfregasse gli occhi lì fuori, desiderosa di andarsene anziché di entrare con gli altri.
Non lo so ma lo posso intuire, perché Saretta lo sono stata anche io e sebbene il mio senso di responsabilità mi portasse ad evitare inutili capricci, la sola idea di entrare in classe mi rivoltava lo stomaco ogni mattina. 
L'idea di stare lì seduta, sul legno di una sedia scomoda, con le gambe chiuse sotto un banco. 
L'idea di doverci rimanere per ore, per lo più in silenzio, ad "apprendere".
L'idea di dover dividere lo spazio di un'aula con altri bambini a cui volevo bene, ma con i quali di fatto stavo condividendo un dovere.
L'idea stessa di quel dovere mi opprimeva. 

E allora mentre passavo dinanzi la scuola e guardavo questa scena e spegnevo la musica ascoltando quel piagnucolio e quel "Saretta, vieni", ho pensato che non conta mai quanto sei bravo in qualcosa, ma quanta voglia hai di farla.
Che il dovere, per il solo fatto di esser tale, può diventare una gabbia anziché un'opportunità. Può esser fatto di sbarre, di cancelli, di lucchetti, di desideri spenti, bacchettati, messi da parte. 

Ho riascoltato le parole di Omero, della scorsa settimana "questo è il tuo massimo, è il top per te? servire la gente lì dietro?"
"Non importa che lo sia o meno. Non importa quante altre cose avrei potuto fare, conta il sorriso con il quale entro qui dentro, con cui intrattengo le persone, l'entusiasmo con il quale mi impegno."
Lui non ha capito, ha scosso la testa, ha detto che il lavoro resta pur sempre lavoro e che l'obbligo non può piacere, soprattutto se non è davvero quello che avresti voluto o potuto fare. 
Ho scosso la testa anche io, incapace di fargli capire che amare ciò che si fa, a prescindere da quale scalino si occupi, sia l'unico vero modo di non sentirsi in gabbia all'interno di un dovere. Bisogna andare a scuola per crescere, bisogna poi lavorare per vivere. Più si riesce a rendere l'obbligo sereno, meglio si dorme la notte.

martedì 6 settembre 2022

Il Mercato del Martedì

 


Amo il martedì mattina.
Amo i riti che si sono andati a creare in questo giorno.
Amo la sveglia presto, la colazione lenta, la radio accesa, la casa silenziosa.
Amo il giorno che nasce a poco a poco, il buio che diventa chiarore in pochi minuti.
Amo vestirmi ed uscire, raggiungere il mare, osservare come i mesi cambino le prospettive, i colori, le sembianze di tutto quel che incontro nel mio cammino.
Amo passare dal mercato, immergermi fra la gente, guardare ed ascoltare tutto quel variopinto mondo che mi circonda.
Amo i fiori di Ahmed, le sue conoscenze botaniche, le file ordinate di piante, la cura immensa del suo angolo di paradiso.
Amo i banchi di frutta e verdura. Numerosi, colmi di delizie buonissime, di signore con la sporta della spesa. Amo poter scegliere di acquistare un po' lì e un po' qui, valutare con gli occhi la merce migliore.
Amo andare a trovare Laura e Claudio, aspettare che lui mi incarti le mozzarelle ed il pane fresco per Fred. Le nostre chiacchiere veloci mentre in fretta serve anche gli altri.
Amo i miei amici napoletani, i loro sorrisi, gli abiti coloratissimi che appendono in maniera così perfetta da far invidia ai negozi in centro.
Amo la frutta secca dei ragazzi pakistani, i profumi delle loro spezie.
Amo guardare le marmellate e le friselle del calabrese, i liquori, i mieli, i dolciumi della sua terra.
Amo le chiacchiere veloci con Sergio, il nostro amico vigile, che non manca mai di passare a salutarmi.
Amo poi fare tutta la strada all'indietro per tornare a casa, un po' più carica di quando ero arrivata, col sorriso sulle labbra di chi abbia preso non solo quello che ha comprato, ma anche uno scorcio di umanità meravigliosa del quale non mi sazio mai.
E anche se poi, tornata a casa, le ore si succedono veloci in mille cose da fare prima del turno, sento che quei momenti sono per me preziosissimi e che ogni volta li aspetto con trepidazione, come se non esistesse mattina più bella di quella.

sabato 3 settembre 2022

Bucato Sotto La Pioggia

 

I tuoni che crepitavano in lontananza si sono avvicinati a tal punto che ora par di sentirli sbraitare in questa stanza.
Sono quasi al buio, la luce mi infastidisce, solo una flebile abat jour accompagna il mio scrivere. 
Piove. Ho il bucato steso fuori e non me ne importa niente.
Penso ai giorni appena trascorsi e a tutta la natura in cui ho avuto la fortuna di immergermi.
Penso alle albi viste in spiaggia e a quelle osservate in aperta campagna.
Da sola, con le gambe scattanti, il cuore in festa, quella vivida adrenalina che mi cattura il corpo e mi pervade febbrile.
Tutto troppo bello e troppo intenso per poter esser contenuto in un solo corpo, in un solo spirito, in una sola piccola me. E allora ci ripenso adesso, come se ciò bastasse a riportarmi lì, a quelle mattine di gioia incontenibile e sanissima.
Le case in pietra abbandonate sul ciglio della strada. La vegetazione che entrava dalle finestre, dalle porte. La natura che si riappropriava dei suoi spazi. I polpacci duri, forti, desiderosi di camminare ancora e ancora e ancora, di non fermarsi mai. 
Forse per intraprendere il cammino di Santiago ci vuole questa tempra qui. Questa voglia di andare avanti e guardare ogni cosa con occhi nuovi ed entusiasti, non voltarsi fin quando non si è giunti alla meta. 

Un tempo facevo pochi passi e mi stancavo. Ma quando il primo febbraio 2017 iniziai a camminare non avrei mai pensato che sarebbe diventato parte essenziale del mio vivere.
Indossare le scarpette ai piedi, le cuffie alle orecchie e semplicemente andare. Sentire il vento, il sole, l'umidità, talvolta anche la pioggia. E guardare ogni cosa, osservare il mondo, guardarlo davvero, percepirlo come parte di me, del mio essere. Un prolungamento di quelle stesse gambe, un'immagine già contenuta nei miei occhi.
Mi mancano già quelle salite, quelle discese, persino i cani che lungo la strada sembravano volermi assalire. Mi manca quell'aria pura, quella quasi totale assenza di esseri umani.
Ma è così bello anche qui. E fra poco i turisti se ne andranno, lasciandomi a guardare il mare come se fossimo due amici che dopo il frastuono di una festa restino soli a rassettar la cucina.

giovedì 1 settembre 2022

Di Ritorno

 
Fonte: trevaligie. com


Gaeta non è, e non sarà mai suppongo, un luogo qualsiasi per me.
Me ne innamorai nel 2019, quando partii con Fred e mio fratello verso quella che era, all'epoca, una meta del tutto sconosciuta e che mi si insinuò addosso ogni giorno dei quattro o cinque che vi restai. 
Ho sempre detto che le albi più belle le ho viste e assaporate lì, ed ora che vi sono tornata per altri tre giorni, posso affermare che è davvero così.
Forse perché ad esse si sono accompagnati altri sentimenti tutt'altro che banali quali la gioia di camminare in quegli orari in cui il mondo sembra svegliarsi appena appena o la solitudine o la vista incantevole, o l'alternarsi allo sguardo del mare e delle montagne, in pari misura.
Questa volta, poi, abbiamo avuto la fortuna di trovare un albergo centralissimo con una vista stupefacente. E allora in qualunque orario tornassimo mi affacciavo al balcone e me la imprimevo nelle retine, la guardavo con uno struggimento tale da far quasi piovere gli occhi. 
Tre giorni volano e son volati anche questi, ma quel volteggiare non resterà vano. 
Mi hanno fatto bene. Al cuore, all'anima, a tutta me probabilmente. E hanno fatto bene anche a Fred, che aveva iniziato queste ferie con gli operai stanziali in negozio per lavori di ristrutturazione e che ho avvertito nervoso e recalcitrante anche quando quei lavori erano finiti.
Lo stress va fatto fluire in qualche modo. E anche se lui non gode dei luoghi come io faccio, spero ugualmente che Gaeta gli abbia fatto da valvola di sfogo e che ora possa riprendere con un senso di minore fatica addosso.