lunedì 20 giugno 2022

Porte Chiuse

 


A volte è così che succede.
Una persona ti cade dal cuore e nello stesso istante, come il rintocco funereo di una campana di mezzanotte, il braccialetto che ti aveva regalato e che tenevi sempre al polso, si rompe. 
Cade a terra senza emettere un solo suono, spezzato senza alcuna ragione apparente, danneggiato irreparabilmente. 
E allora, anche se a quella persona avevi voluto bene proprio come a quel bracciale , capisci che è giusto così. Giusto che se ne siano andati insieme, nello stesso istante. 
Sai che si è sempre comportato come uno di famiglia, ma ora sai anche quanto dolore abbia arrecato a colei che hai sempre considerato come una sorella. E puoi sopportare che qualcuno faccia male a te, del resto non sei più una bambina. Ma tollerare che tocchino chi ami, proprio no.

Negli anni ho capito che non so riaprire le porte chiuse. Che quando una persona mi esce dal cuore non vi sarà modo di farla rientrare più. 
Potrei ridere ancora con quella persona.
Scherzare.
Mangiare persino in uno stesso tavolo. 
E da fuori sembrerebbe che nulla sia cambiato, mentre dentro ci sarebbe il vuoto, un campo nero bruciato dal fuoco. 
Lì dove prima c'erano spighe di grano e papaveri rossi ora vi è uno sconcertante deserto. E la rottura improvvisa ed inspiegabile di quel bracciale ha sancito il momento, come se ci fosse stato bisogno di un allarme che sottolineasse il propagarsi del fuoco sull'erba.

mercoledì 15 giugno 2022

Nove

 


Il nove, come tutti i numeri dispari, mi va a genio.
Non è tondo come un otto, non è morbido come un tre, non è pieno di spigoli come un quattro, non è fatto di strane linee come un cinque, non ha un bel culo tondo come un sei, non è alto e tagliente come un sette. 
Eppure è proprio un bel numero, di quelli che accarezzi col pensiero, con cui puoi fare persino amicizia. O almeno una chiacchierata sporadica su di una panchina, accarezzati dal sole e dal vento.

Penso al numero nove da questa mattina perché proprio oggi, trentanovesimo compleanno di Fred, sono nove anni che mi sono trasferita qui. In questa casetta tutta nostra, piccola ma graziosa, in un luogo che conoscevo appena e che pian piano ho iniziato ad amare.
E se lo amo, devo dirlo anche se probabilmente lo saprete già, è soprattutto grazie al mare. Alla sua potenza, al modo in cui mi è entrato dentro, alla sua capacità di farmi sentire a casa.
Perché tutto il resto mi piace e mi fa star bene, certo, ma son cose che forse avrei potuto trovare in un qualunque altro luogo che si discostasse dal caos della città. Ovunque forse avrei trovato le chiacchiere in strada, dei clienti a cui affezionarmi, i balconi fioriti, le scuole traboccanti di bambini più o meno allegri, un buon dottore come è il mio. Però il mare, Dio mio, questo mare è solo qui. Che quando vado in vacanza altrove mica mi piace allo stesso modo, come se fossero cosa diversa e non tutt'uno. 
Ho i miei angoli, le mie zone d'elezione, le mie strisce di sabbia preferite.

E allora ecco che questi anni che avrei potuto descrivere in modo romantico perché vissuti con l'uomo che ho scelto e che amo, si sono invece risolti nell'ennesima ode al mio elemento naturale. 
Ma del resto temo che romantica non lo sarò mai.
Forse in un'altra vita, quando scriverò poesie invece di leggerle, quando dipingerò fiori anziché fotografarli. E così via. 

martedì 7 giugno 2022

In Ascolto

 
Fonte: ecoidee. it


Scrivo poco, lo so.
Proprio il minimo sindacale per non lasciare queste pareti del tutto spoglie.
Faccio fatica anche a seguire i vostri, di blog, sebbene gli sia affezionata come se fossero anch'essi miei. Perché mi distraete, mi fate compagnia, mi consentite di esser piccola parte delle vostre vite.
Però a volte va così, le giornate diventano un turbine dal quale lasciarsi inghiottire e i momenti da spendere online, comodamente seduti sul divano di casa, si assottigliano fin quasi a sparire.
Allora scrivo ora, anche se sono in negozio, approfittando di qualche spiraglio di tempo solitario tra un cliente e l'altro. Smetto e ricomincio di continuo, non dando neanche il modo ai pensieri di allinearsi fino a diventare presenza materiale da lasciare appoggiata qui come un soprammobile sul comò di un'ariosa camera da letto.

Sono stata al mare questa mattina, era bello di una bellezza mozzafiato come in fondo lo è sempre, soprattutto quando il cielo è così blu, quando le onde sono così cadenzate, quando il rumore è così magnetico da farmi venir voglia di togliere le cuffie e restare ad ascoltare.
Restare in ascolto, che bel termine.
Di chi riesce a fermarsi, a prendersi un momento. Ascoltare non è sentire, non è solo porgere l'orecchio. Non è intuitivo ed immediato quanto il gusto o la vista. Per ascoltare bisogna lasciarsi spazio, avere quella giusta predisposizione d'animo. Non si può ascoltare in fretta, non lo si può fare quando si pensa ad altro o si è invischiati in quel turbine di cui poco sopra.
Per ascoltare bisogna star fermi, aprirsi a qualcosa o a qualcuno nello stesso modo in cui questo qualcosa o qualcuno si apre a noi. Ed è così che il mare mi ascolta mentre io l'ascolto. E' uno scambio, un'interazione, è l'entrata dell'uno nell'altra e viceversa. E' connessione. Come quando in quella piccola palestra con il parquet di legno ed il semibuio, Simona ci aiutava a connetterci con la terra, il respiro, l'universo per intero. Ero sul mio tappetino ma ero anche altrove. Ero Sara ma ero anche un tronco d'albero, la coda pelosa di un canelupo cecoslovacco, un papavero appassito ai bordi di una strada periferica. Ed ero le nuvole, gli uccelli, le alte cime di una montagna.
Erano belli quei momenti lì, belli da togliere il fiato.
E il fiato oggi me l'ha tolto anche il mare, che si è preso un pezzo di me, donandomi un pezzo di sé, e tutto ha assunto un significato più pieno e più vero, che poi è quello che voglio accada sempre quando sono lì.