Saif se ne è andato.
Come era prevedibile dal clima di malcontento che si respirava da un po' di tempo, i rapporti con i suoi datori di lavoro sono esplosi e su due piedi li ha lasciati.
Mentirei se dicessi che la sua uscita di scena mi abbia lasciata indifferente. In realtà mi manca.
Lui che ogni giorno passava all'inizio del mio turno a chiedermi "Come stai Sara?".
Lui che la sera prima di Pasqua è venuto qui con un uovo tutto per me.
Lui che a San Valentino ha regalato a tutti noi una scatola di cioccolatini a forma di cuore.
Lui che mi raccontava della sua terra e che rideva in modo buffo.
Lui che meditavo, una sera, di invitare a cena affinché potessimo trascorrere del tempo normale insieme, senza le sembianze lavorative a cui eravamo abituati.
Fred in questi mesi gli aveva trovato un lavoro migliore ma Saif non lo aveva accettato.
E così ora lo perderò per strada come tutte quelle persone a cui mi sono affezionata e che in un giorno qualunque hanno smesso di far parte della mia quotidianità.
Non provo dolore. E' più una forma di rassegnazione, di straniamento. Come se il mio cuore, dopotutto, avesse imparato a proteggersi, ad attutire gli urti.
E' cresciuto. Sono cresciuta.
Ed ho imparato a dare il giusto peso a certi eventi. E forse in fondo la sua sparizione l'avevo già messa in conto e tenuta lì, in attesa di vederla materializzarsi.
Ora che è successo alzo le spalle, osservo il vento sollevare i pollini a grappoli di lana bianca e vedo Saif librarsi insieme a loro, mite presenza di cui, mio malgrado, dovrò fare a meno.