giovedì 28 aprile 2022

Pioggia Allegra

 

Erano anni che non ridevamo così spensierati sotto la pioggia.
E anche se non era torrenziale come quella volta lì, l'umidità ci avvolgeva ugualmente le ossa facendoci tremare. Me soprattutto, che mi lamentavo come una vecchia gallina solo per farti ridere, per vedere quegli occhi lì.
Si, proprio loro. Quelli che conosco solo io. Che si riempiono di uno sbalorditivo calore quando mi guardano. Hai un'espressione diversa quando lo fai e non ti ho mai visto usarla con nessun altro.

Le vie di Foligno, che al mattino brulicavano di gente sotto un cielo che sembrava disegnato, ora erano semideserte e allora potevamo saltellare, ridere e gridare come due adolescenti, completamente indisturbati. Dismesse le vesti impegnate e responsabili degli altri giorni, potevamo sembrare due giovani allegri come tanti, senza un solo pensiero al mondo a gravargli sulle spalle. E' vero che viaggiare apre la mente, ma in molti casi serve soprattutto a ridelineare le priorità, a ricordare che non esiste solo il lavoro, che molto altro lì fuori aspetta di essere vissuto, meglio ancora se insieme.

Abbiamo trascorso due giornate meravigliose nel cuore verde dell'Umbria, fra bellezze che ho fotografato in ogni angolo mentre tu mi aspettavi, paziente.
Eppure, di tutto quel che abbiamo visto e vissuto, ricorderò con più vigore proprio quella passeggiata sotto gli ombrelli, come testimonianza del fatto che in fondo, pur essendo passati tanti anni, non siamo cambiati poi molto.
E soprattutto che anche le piogge non sono tutte uguali, che ce ne sono alcune che ti sporcano e altre che, invece, ti sanno lavare.

giovedì 14 aprile 2022

Cielo Stinto

Fonte: uwalls. it




Che apatia.
Sarà questo grigiore, questo ritmo lento.
Sarà che mi manca il mare, perché da giorni gli sono lontana. La vita a volte assume ritmi tutti suoi e non ti chiede cosa vuoi tu, ti fa procedere sui suoi binari fin quando ti accorgi che ad un certo punto, forse, avresti voluto sterzare. Cambiare direzione, magari correre di nuovo indietro oppure abbandonare le rotaie per una strada sterrata ma priva di confini.
Ho poca voglia di essere a lavoro, oggi. O da qualunque altra parte, in realtà.
Poca voglia di aprire la bocca e parlare, di esprimermi come qualunque altro essere umano. Quando a dirla tutta mi sento un uccello che migra, che si sposta, che attraversa i mari e si posa su alberi sempre nuovi.
E non so perché questo cielo stinto mi fa venire questi pensieri. Ero allegra fino a ieri, lo sono stata spesso. Sentivo addosso l'aria della primavera nonostante il vento che ci falcidia le ossa da mesi. Sentivo la sensazione di una nuova stagione che si apre verso altre prospettive.
Le sento anche ora, a ben guardare, eppure sono qui che scrivo di malinconie latenti quando invece potrei esprimere le altre bellezze che ho dentro e che non riporto mai, che custodisco gelosamente, come se fossero solo mie, come se m'appartenessero più di questi momenti di smarrimento.

Ci sono dei ragazzi qui fuori. Più che ragazzi, uomini tra i trenta e i quarant'anni. Uomini soli, come direbbe quella canzone. Senza una compagna, senza qualcuno che li ami. Vengono quasi ogni giorno, se ne stanno qualche ora insieme, consumano, chiacchierano. Non so cosa si raccontino, a volte li ho sentiti parlare di giochetti da playstation. Si fanno compagnia. 
Sono brave persone, un po' strane, ma del resto esiste qualcuno che non lo sia? abbiamo tutti uno strambo mondo interiore, fatto di cose che gli altri, quantomeno la maggior parte, non percepiranno mai. I nostri lati oscuri, le nostre lune. Le zone d'ombra. 

domenica 10 aprile 2022

Definizioni

 
Fonte: dianacordara. it


Mi capita di interrogarmi sull'Amore. Non sul mio, non necessariamente.
Penso a qualcosa di astratto, di generico. 
Al sentimento nudo e crudo, così com'è, al suo significato più profondo. Una sorta di disquisizione filosofica con me stessa, un botta e risposta senza esclusione di colpi, una partita a scacchi dove non si vince e non si perde mai.
E negli anni credo di aver cambiato idea tante volte perché quel concetto è cresciuto e si è modificato insieme a me ed è destinato a mutare ancora, multiforme e variopinto come solo lui sa essere.

Ma dovendolo definire adesso, in questa domenica sera qualsiasi, volendolo incasellare da qualche parte, ho pensato che abbia a che fare con il denudarsi.
Spogliarsi dalle sovrastrutture, dalle maschere, dai preconcetti, da quelle barriere di cemento armato che erigiamo tra noi stessi ed il mondo. Le facciate, i gesti che non ci appartengono del tutto, quelli che mostriamo per non soccombere. Le armature, gli scudi, le persiane sbarrate dinanzi al nostro cuore.
Forse amare significa soprattutto mettersi a nudo, permettere ad un altro essere umano di vederci proprio come siamo, nel bene e nel male. Dirgli, anche senza proferir parola: "Io sono questo. Non sempre sono un leone; ho delle debolezze, delle mancanze, dei difetti che non mi perdono. Però sono tuoi, se li vuoi. Tu li puoi vedere, sentire, ammirare. Puoi anche camminargli sopra. A te lo permetto. Ma se li amerai, se li amerai anche più di come so fare io, allora forse questo viaggio lo potremo fare insieme. Non sempre sapremo in anticipo dove ci condurrà. E forse a volte avremo voglia di gridarci addosso, o penseremo di scapparcene lontano. E sarà dura, in quelle volte lì. Perché tu mi ferirai ed io ti ferirò. Ma se sarà davvero Amore, quello che abbiamo, allora avremo anche la forza di abbracciarci di nuovo e perdonarci, di riprendere la strada."

E un discorso del genere si può fare solo se si ha il coraggio di mostrarsi come si è. 
Di abbandonare le protezioni.
Che non ha nulla a che vedere con l'annullamento di sé stessi perché Amore vuole sempre il proprio bene. Ma semmai di consentire all'altro di guardarci davvero, di permettere a noi stessi di essere anche deboli. Fragili. Ma soprattutto vulnerabili.
Forse amiamo davvero solo quando l'idea che quel qualcuno ci possa fare male, distruggere, annientare, non ci sembra più così terribile. Riconosciamo l'eventualità e decidiamo ugualmente di correre il pericolo, di gettarci senza paracadute verso un vuoto che ignoriamo, incoscienti ma coraggiosi, straordinariamente folli ma temerari.