Il cielo, così grigio da avvicinarsi al bianco sporco, mi osserva sfrontato al di là delle tende abbassate a riparar la veranda del negozio. Piove dopo tanto tempo e come se nel frattempo si fosse scordato come si fa, piove in modo scomposto, disordinato, privo di logica.
E chissà perché quando piove mi viene sempre voglia di scrivere, come se la pioggia stessa mi ponesse in un animo di riflessione, di disincanto, di pensiero straniante.
Guardo fuori come se tanto accanimento sul selciato mi destasse una qualche forma di preoccupazione, e invece ne sono soltanto affascinata ed annoiata in pari misura.
E' morto un uomo che conoscevo una decina di giorni fa. Con Fred ce ne siamo accorti solo perché per puro caso, passeggiando su una piazza, abbiamo visto la sua foto guardarci da un manifesto mortuario. Aveva cinquantuno anni, straniero, lo conoscevamo da tempo immemore.
Veniva qui sempre con la moglie, come se l'uno non potesse esister senza l'altro, come fossero un'unica entità. Che dovessero fare una ricarica, prendere un caffè o pagare una bolletta, erano sempre in coppia.
Una coppia silenziosa, tranquilla, pacatissima.
E' caduto da un ponteggio mentre lavorava. Come è successo lo abbiamo saputo da lei, proprio ieri, in mezzo a lacrime dolorosissime che verranno asciugate con estrema fatica.
Della morte si parla sempre come di qualcosa di troppo lontano o troppo vicino, perché fondamentalmente ci appartiene tutti, è con noi dal primo vagito. Si può forse dire che quel primo pianto decreti il fischio d'inizio di una partita che cercheremo di giocare al meglio, ma che inevitabilmente condurrà ciascuno di noi allo stesso inesorabile risultato.
Ed è un pensiero così triste, ansiogeno ed immenso, da volerlo ricacciare indietro ogni qual volta ci spunti tra i capelli a guastar la quiete dei neuroni. Come se scacciarlo bastasse ad allontanarlo, a farlo sparire per sempre, a non farlo tornare più.
Forse tutto quello che facciamo, il modo in cui riempiamo di cose e di vita le nostre giornate, non è altro che un timido tentativo di evasione da quel tarlo doloroso ed implacabile che ci asfalta le teste.
E allora non posso fare a meno di pensare a come l'esistenza di questa donna silenziosa sia stata spazzata via in un secondo, come in fondo succede tutte le volte. E che d'ora in avanti, quell'entità fatta di due metà perfettamente sovrapponibili, debba accontentarsi di vivere come se a mancare fosse un organo vitale. Mutilata.