sabato 31 dicembre 2022

Gratitudine



Ho camminato a lungo questa mattina, immersa fino al collo nella mia natura e quindi finalmente felice. Felice come so essere solo quando sento le mie gambe svettare, i miei polpacci farsi duri, la mia terra accogliermi generosa e rossa come le piante di agrifoglio che ho fotografato.
Ho annusato il mondo, l'ho respirato sotto questa aria mite che sembra primavera, sotto questo cielo di nuvole delicate da cui non riesco a staccare gli occhi.
Sento ancora la mano del disabile che ho aiutato questa mattina per la strada. Me la teneva sulla spalla per riuscire a fare la discesa. Le gambe gli si bloccavano, si vergognava, chiedeva scusa. Allora gli parlavo del mare, della mia spiaggia, del fatto che avevo tutto il tempo del mondo per quella discesa e che non c'era nulla di cui preoccuparsi.
Poi Spotify m'ha regalato una canzone. L'ho ascoltata quattro o cinque volte finché mi è entrata dentro e mi ha commosso. Avrei voluto piangere, ringraziare il mondo di tanti miracoli .
La metto anche qui, per non dimenticarla più.
Sottofondo musicale di questa mattinata che più bella non ci poteva essere. 
Finisce l'anno tra poche ore e forse un altro giorno avrò altro da dire riguardo queste ore che se ne vanno via veloci portandosi via anche dicembre. Ma ora semplicemente ascolto la gratitudine e osservo queste vallate dal balcone, pronta a lasciarle di nuovo domani, sentendole tutte fino al midollo, per trattenerle il più a lungo possibile.

"Io ero passatoSoltanto per dirti che mi era mancatoL'ultimo tratto che ti porta a quel bacioChe salutarsi come amici è un reatoChe hai ragione, ma ora scendi o non vado
Che questa notte io non voglio dormireSe non ti abbraccio sveglio tutto il palazzoNon farmi urlare che potrebbero direC'è quel coglione che non vuole capire
Avrei voluto baciarti, baciarti, baciartiPer ore, per ore, per ore, per oreAvrei dovuto baciarti, baciarti per ore, per oreNoi stretti sul mare a morire
Ti dedico una canzoneTi dedico una canzone
Io ero passatoSoltanto per dirti che mi ero pentitoDi come sono andato via senza direUna parola senza neanche lasciareUna maglietta come volessi dire
Domani torno che ci voglio dormireChe se scappo è solo perché ho pauraDi stare troppo bene e poi stare maleConosco bene le altalene del cuore
Avrei voluto baciarti, baciarti, baciartiPer ore, per ore, per ore, per oreAvrei dovuto baciarti, baciarti per ore, per oreNoi stretti sul mare a morire
Ti dedico una canzoneTi dedico una canzone
Tornassi indietroTi porterei a quel concertoTi toglierei quel mare che ti annega dentroTi stringerei come si fa prima di un viaggioMa sceglierei di starti accanto
Tornassi indietroVabbè che non si torna indietro maiMa se potessi farlo adesso giuroChe non ti lascerei neppure un minutoIo non ti lascerei neppure un minuto
Avrei voluto baciarti, baciarti, baciartiPer ore, per ore, per ore, per oreAvrei dovuto baciarti, baciarti, baciartiPer ore, per ore, per ore, per ora
Avrei voluto baciarti, baciarti, baciartiPer ore, per ore, per ore, per oreAvrei dovuto baciarti, baciarti per ore, per oreNoi stretti sul mare a morire
Ti dedico una canzoneTi dedico una canzone."
(Aiello).

giovedì 29 dicembre 2022

Giorni Sospesi

 


Il Natale è sgusciato via da quattro giorni che mi sembrano molti di più.
Sto vivendo l'intero periodo in maniera così caotica da non riuscire a riacciuffarne i pezzi.
Pezzi finiti dappertutto, fili di cui non trovo più il capo né la coda.
Mi sento come in una stanza in cui un bambino si sia divertito a sparpagliare i giocattoli ovunque, incastrando mattoncini minuscoli di Lego persino tra le fessure dei divani. E scarpette rosa di Barbie dentro le ciotole dei cani.
Le stesse sensazioni, queste dannate fottutissime emozioni, si sono accavallate l'una sull'altra fino a non farmici capire più niente.
Mi sento in balia di ore che scorrono febbrili. Di risentimenti o riflessioni o attimi di pura rabbia che mi rendono umanissima ma anche terribilmente stufa. 
Era tutto più semplice quando praticavo yoga con la mia insegnante. Tutto cessava di esistere in quell'ora e mezza. C'erano solo il corpo, la fatica di tenderlo e tirarlo e sentirlo e respirarlo. Uscivo di lì con la sensazione di poter camminare leggera sulle nuvole. E qualunque cosa dovessi affrontare poco dopo, era con un sorriso che la accoglievo.

In compenso ho avuto la fortuna di guardare il tramonto cadere sul mare per tre giorni di fila. Che è una specie di miracolo dal momento che il pomeriggio sono sempre rinchiusa da qualche parte. 
Tramonti incantevoli ma strani, quasi primaverili. L'aria stessa non sembrava appartenere all'inverno, sembrava quella di una stagione sospesa, di transizione.

Ora sono seduta sul divano dei miei, siamo arrivati nel pomeriggio.
Dopo qualche vicissitudine dovuta ad un'autorizzazione per le ferie che proprio non voleva saperne di arrivare, ci è stato concesso qualche giorno di stacco.
Respiro l'aria di casa mia, osservo le lucine multicolore dell'albero di mia madre muoversi ad intermittenza illuminando le palline. Mi lascio ipnotizzare. Resto incastrata come al solito nel mio silenzio e sento che potrebbe durare giorni, imperterrito, se solo non decidessi di sforzarmi un po'.

lunedì 19 dicembre 2022

Sabato Sera




E' assodato: in inverno cambio pelle e divento un orso.
Non si spiegano, altrimenti, questa dannata voglia di starmene per i fatti miei e smettere di condividere il mio tempo libero con altri esseri umani.
A parte il lavoro, che mi impone di starci per diverse ore al giorno, con le persone non spartirei granché. Schivo inviti ed occasioni sociali con disarmante naturalezza. Anche a costo di risultare antipatica o poco socievole, mi defilo. Sguscio via come un'anguilla. 
Quanto in estate mi piace uscire con gli altri, ridere e scherzare fino ad orari indefiniti, così in inverno il mio unico desiderio è quello di vivere sola con me stessa.
Mi apparto. 

Ciononostante, sabato sera ero con le gambe sotto il tavolo di un grazioso posticino a mezz'ora da qui con altre persone.
Persone con le quali ho condiviso altre occasioni di divertimento in altri momenti dell'anno e con le quali mi trovo bene, bella gente giovane che solitamente mi piace frequentare.
Eppure credo di aver pronunciato venti parole in tutto.
Mi piaceva essere lì e allo stesso tempo avrei forse voluto essere altrove.
Alzarmi e andarmene.

E non credo che la ragione fosse tutta riconducibile al fatto che ero stata male le ore precedenti ed avevo il timore che tutto si ripetesse, per giunta lontana da casa.
Quel pensiero era latente e non predominava sulle mie sensazioni della serata. Abituata a nascondere i miei malesseri fisici, come del resto avevo fatto per ore in negozio, nessuno lì in mezzo poteva intuire cosa avevo passato. Nessuno tranne Fred, ovviamente, che pure non le aveva vissute con me.
Forse è questo, mi son detta. Tratto queste belle persone come conoscenze, gente da tenere a distanza, da non far mai avvicinare troppo. Mi sono simpatici ma l'amicizia è un'altra cosa e forse l'ho vissuta tutta quando ero più giovane ed ora non riesco più a penetrarne il senso. Inverno o meno. 
Sento che non mi va di condividere una vera intimità con qualcuno con cui non senta un feeling vero, immediato ed intenso. Non mi accontento di stare bene in una stessa stanza, di ridere e scherzare allegramente. Per me sono solo ammazza-tempo, palliativi, educazione. Quando invece l'amicizia è una forma d'amore che avverto solo per amici lontani nel tempo o nella geografia.
E non lo vivo più come un limite, come un difetto di fabbricazione. Credo in realtà di dover provare stima per me stessa. Stima perché non acchiappo indistintamente tutto quello che trovo, non fingo sentimenti che non provo, non elargisco belle parole che non sento nel mio io più profondo, non chiamo "amore" e "tesoro" chi non è veramente amore o tesoro. E non definisco amici chi frequento per qualche risata occasionale.
Io l'amicizia me la ricordo ed era una cosa diversa. Profonda, forte, vividissima. E niente che non gli assomigli può esser definita da me allo stesso modo.
Mi dispiace? meno di quanto dovrebbe, probabilmente. Perché la verità è che con me stessa sto infinitamente bene e non mi servono tappabuchi.

giovedì 15 dicembre 2022

Dieci Giorni a Natale

 


Sotto ad un suo post nel quale ci chiedeva cosa maggiormente ci piacesse del Natale, ho scritto a Claudia che le avrei risposto qui, con calma.
Ma solo ora che lo sto facendo mi rendo conto di quanto sia complicato racchiudere sensazioni di anni dentro qualche riga, come se davvero si potessero mettere in fila le emozioni in poche lettere anonime. E' come tentare di racchiudere il mare in un quadro sapendo di non essere William Turner. Ne puoi solo disegnare una porzione che, per  quanto realistica, non sarà mai come il mare intero. Non avrà il suo odore, il suo sciabordare, le sue giornate tempestose e furenti o quelle di bonaccia assoluta. Un progetto troppo ambizioso per poter arrivare alla fine davvero soddisfatti.

E allora ho chiuso gli occhi, preso un bel respiro. E mi sono messa a pensare, a farlo con i sensi.

Cosa mi piace veramente del Natale?
Cosa mi è piaciuto gli anni scorsi e cosa mi aspetto da quello in arrivo?
Le più banali. Le luci per le città, l'aria frizzante, la sciarpa di lana grossa intorno al collo, regalare pezzetti di me alle persone più care che, a loro volta, faranno lo stesso.
L'albero decorato della mamma, con quel Babbo Natale di pezza lì sotto che è lo stesso da oltre trent'anni e che, pur nella sua bruttezza conclamata, è assolutamente insostituibile.
Le lucine multicolore che riempiono la sala da pranzo quando spegniamo ogni lampadina e le osserviamo volteggiare tra le palline e i pupazzi. Mio fratello ed io ci accasciavamo lì ogni sera e cantavamo le canzoni che ci avevano insegnato a scuola. Piccoli piccoli, dentro pigiamini improbabili, ad aspettare che avesse luogo la magia. Ci credevamo fermamente, quell'atmosfera era intoccabile. Tutta nostra. In questo periodo il ricordo si fa fortissimo e non c'è anno in cui non mi torni in mente con la potenza di un uragano.
E poi le ciambelline con anice e vino bianco, il loro odore caratteristico, la loro familiarità. Le pasticcerie e i supermercati sono pieni di dolci natalizi che non ho voglia di mandare giù, ma quelle ciambelline che mia madre e mio padre preparano insieme dalla notte dei tempi sono il mio vero, solo ed unico feticcio. Il loro sapore zuccherino, la consistenza dura che tende a sciogliersi in bocca dopo un po'. Quell'amore che sembra passare di lì, che sembra attraversarle dal buco come farebbe un leone ben addestrato in un cerchio di fuoco.

E allora se anche mi fermassi qui e non raccontassi tutto il resto, potrei dire che quello che più mi piace del Natale è l'atmosfera di ricordo, di calore, di gioia. Quella sensazione unica di poter tornare un po' bambini, di potersi vestire di oro e di rosso sembra sembrare ridicoli, di poter fermare il tempo per qualche ora e semplicemente respirare e respirarsi. Stare vicino agli altri, abbracciarli un po' di più, perdersi dentro ricordi bellissimi di tempi andati che non torneranno ma che ci sono stati e ci hanno arricchiti, forgiati, resi quelli che siamo.


domenica 11 dicembre 2022

Una Domenica di Dicembre

Fonte: Sergeeva



Un risveglio calmo.
La colazione lenta con l'odore delle clementine tra le dita.
Il caffelatte caldo gustato con gli occhi semichiusi e una musica leggera diffusa nell'aria.
Fred ancora mezzo addormentato nella stanza accanto.
Poi vestirsi, andare a comprare gli ultimi regali di Natale, organizzare la spesa settimanale.
E tutte quelle cose lì che sono un po' croce e un po' delizia.
Dunque la pizza rossa sottile.
Un vento tagliente che fuori casa falciava gli alberi, sottometteva i passanti. 

Ci sono domeniche di una semplicità estrema che appaiono come piccoli miracoli in mezzo alle vie prive di santi. Luoghi insperati, docili, di una bellezza fulgida e un po' appannata che ti rimettono in sesto, ti raddrizzano la schiena.
Forse in mezzo a tante corse ogni tanto c'è bisogno di assaporare il piccolo, il semplice, il profumo essenziale delle cose. C'è un po' di divino in un tramonto fotografato tra le tende di casa dopo una passeggiata con il collo ben fermo in mezzo ad una sciarpa calda. 
Ore di cielo grigio, stranamente spazzate via da un sole quasi troppo bello per essere ritenuto vero.
E invece reale, tangibile, inspiegabilmente vivo.

Tra poche ore sarà di nuovo lunedì.
Ce lo raccontano freddo, con le temperature in caduta libera, l'inverno a galopparci incontro. 
Ma è ancora domenica, ancora per poco, e allora mi tengo strette queste sensazioni dolci che mi hanno tenuta al caldo in queste ore, con gli occhi languidi di chi voglia farsi cullare ancora un po'. 

martedì 6 dicembre 2022

Scampoli

 
Fonte: infomotori. com


Martedì 6 dicembre, ore 12:09.

La faccia al sole, i vasi fioriti in balcone, il bucato profumato che sventola, un vento leggero che se ne prende cura. Starei così fino al tramonto, a godere di questo tepore che oggi è un regalo meraviglioso e totalmente inaspettato.
Ho trascorso la mattinata fuori, ho rivisto il mare dopo giorni di tempesta, sono passata al mercato a fare un po' di spese e a chiacchierare con gli amici che ho lì. 
Dunque un pranzo veloce, una tisana bollente dopo-pasto. E poi vestirsi, scappare in negozio, riarrotolare i pensieri e disfarsene per qualche ora.

Ore 15:07.

E' incredibile come talvolta le persone ci tornino in mente all'improvviso. 
Magari abbiamo visto qualcuno che ce le ricorda in maniera del tutto marginale. Particolari innocui, sbiaditi, tiepidi.
Il tono di voce, il modo di camminare, il sorriso, le pagliuzze verdi negli occhi, il taglio di capelli, un odore conosciuto di dopobarba. 
Ricordi che ci fluttuano davanti agli occhi per qualche istante, invadendo menti tranquille che pensavano a tutt'altro. Forse le persone non se ne vanno mai davvero, neanche quando siamo certi che non le rivedremo più. Forse chi ha fatto parte della nostra vita, che ci sia stato per tre mesi o per vent'anni, è destinato comunque a rimanere. Ci balzano nei sogni o nella memoria e restano lì per una giornata intera, ad accompagnare ogni gesto quasi a volerci essere per forza.
Certe assenze sono presenze inafferrabili ma ferme. 

Oggi zio Paolo avrebbe festeggiato il suo compleanno.
E allora questi uomini di una certa età che per certi versi gli somigliano, oggi li tratto ancora meglio del solito. Gli sorrido più forte.
Perché di tanta gente con cui ho avuto a che fare nella vita, lui è forse quello che m'è rimasto dentro in maniera più intensa, quasi a prendersi un posto che non possa esser proprio di nessun altro.

sabato 3 dicembre 2022

Pera e Cannella

 
Fonte: unadonna. it


E' una mattinata lenta e silenziosa, come da tempo non mi capitava di averne.
Fuori il temporale ha lasciato spazio ad una pioggia torrenziale ma mite, senza più tuoni a squarciare il cielo. Me la sono presa comoda, anche in virtù del fatto che i giorni scorsi mi son data da fare e non avevo lasciato molto altro da concludere.
E allora sono rimasta a letto, ho dormito un po' di più, fatto colazione direttamente da lì mentre buttavo giù un nuovo planning settimanale, ho tenuto intenzionalmente spenta anche la musica.
Volevo essere solo io. Me, il silenzio, la pioggia dietro le imposte, il profumo della cannella sulla pera. 
C'è il tempo per correre e ci deve essere anche quello per recuperare. 
Spazio vuoto da riempire in maniera soffice, delicata, poco ingombrante.
Che poi anche la domenica per noi è spesso giornata di sveglie, di corse, di andirivieni, di cose belle incastrate tra i doveri come se non ci meritassimo mai qualcosa che sapesse solo d'ozio o di piacere.
E allora questo sabato mattina, prima di iniziare il turno che mi terrà in negozio fino a sera, ho voluto dedicarlo a me stessa. Al sapore morbido del silenzio, della lentezza, del far le cose in modo lieve. 

Il Natale si appresta ad arrivare e ci sono momenti nei quali mi sento esplodere il cuore di gioia e di aspettativa, e altri in cui fatico a respirare per l'ansia di dovermi trovare tra tavole imbandite ad ogni ora e cibi succulenti che non voglio raggiungano la mia bocca.
Ci sono cene a cui sono stata invitata nei giorni precedenti a quelli di festa. Cene a cui ho detto no, tranne una, perché a costo di risultare antipatica - ed è stato certamente così - sento il bisogno di tenere in ordine il mio corpo e la mia mente.
Bisogno di non straripare. 
Il cibo mi fa paura e per quante volte l'ho negato, è necessario che ogni tanto io riesca anche ad ammetterlo. Mi fa paura sedermi accanto a chi riesce a mangiare per ore senza colpo ferire mentre io dopo dieci minuti ho già finito la mia razione. Paura di vedere portate susseguirsi in abbondanza e dover guardare altri mangiare a ripetizione dopo aver concluso la mia, unica, sola e modesta.
Ci sono momenti nei quali tutto questo mi fa tremare e avrei voglia solo di rifugiarmi in uno sgabuzzino e uscire a pranzi finiti. Natale è gioia, è poter staccare per qualche giorno dal lavoro, riabbracciare la mia famiglia, starmene un po' nelle mie campagne, magari anche rivedere una cara amica e passare con lei un giorno intero a chiacchierare di quelle frivolezze di cui entrambe abbiamo un gran bisogno. Ma Natale è anche mettermi di fronte a qualcosa che temo e farci i conti, tener stretta la cinghia mentre tutti intorno non faranno altro che allargare la propria e vederli guardarmi storto e  magari anche tentare di farmela allentare. 
Ci sono discorsi che, semplicemente, non puoi iniziare. Non puoi farlo perché sei solo quella stramba, la tipa un po' superficiale che si osserva i fianchi anziché prestare attenzione alla compagnia, quella che dovrebbe mangiare e starsene zitta, perché tanto c'è tempo per rimediare.
E allora anche se di tutto questo potrei parlare per ore, non avendolo fatto (quasi) mai, taccio anche qui. Qui che è il mio spazio e dove allora potrei rompere gli argini e tirar fuori ogni cosa, ogni pensiero complicato, ogni meccanismo distorto, ogni ingranaggio saltato. E invece no. Perché la libertà di raccontarsi e aspettarsi una reale empatia o un silenzio soffice come questa mattina lenta, è pura utopia. 

lunedì 28 novembre 2022

Le Piccole Cose

Fonte: la cucina di Alice



Se un giorno mi avessero detto che avrei imparato a bere tisane e caffè mi sarei fatta una grossa risata. E con me l'avrebbero fatta tutti coloro che mi conoscono bene e che mi hanno sempre vista storcere il naso di fronte a queste bevande. Ci provavo ad appoggiare la lingua ma niente, quegli "intrugli" proprio non volevano saperne di andare giù. E vogliamo parlare dello yogurt? lo detestavo, era qualcosa di assolutamente inconcepibile per me. 

Poi a marzo di quest'anno iniziai a mettere un cucchiaino di caffè solubile in qualche porridge del mattino. Mi abituai al sapore, volli passare allo step successivo. E allora ecco lì qualche tazzina di caffè senza zucchero, amarissimo ma verace, che iniziava a scendere in gola senza trovarlo disgustoso come era sempre capitato.
Lo yogurt? ora lo mangio ogni giorno. Bianco, senza grassi, preferibilmente greco.
E infine le tisane, ciò che mi sembrava più ostico.
Vanno giù anche loro, adesso. E' la scoperta più recente, ho iniziato a fine ottobre. Una bustina ogni tanto. Prima il finocchio dopopasto o la sera. Poi con il cacao 95%. Ora ne ho ordinata una con mela e cannella.
Piccoli riti che si aggiungono nella mia vita adulta, riti che guardavo fare agli altri, ammaliata, e che pensavo mi sarebbero stati sempre preclusi.

E allora eccomi a scrivere queste poche righe seduta sul mio divano rosso, ancora per cinque minuti, mentre sorseggio un infuso bollente nella mia tazza preferita di Babbo Natale.
Piccoli gesti semplici ma meravigliosi che oltre alla pancia mi scaldano un po' anche il cuore.
E mi fanno pensare che tra un mese, a Natale, magari un pomeriggio potrei gustarla insieme a mia madre una buona tisana. E sarà un momento meraviglioso, solo nostro, in cui osserveremo le lucine del suo albero rincorrersi festose parlando di tutto o di niente, come sempre.
Sorrido mentre lo scrivo. Mi sento già meglio.

mercoledì 23 novembre 2022

Il Macellaio

 

Il pre-mestruo lo riconosco subito dall'addensarsi di nubi proprio sopra la mia testa.
Dallo scurirsi istantaneo ma inesorabile dei pensieri, da quel negativizzarsi in maniera inconsulta ed incontrollabile. In poche ore anche la più sorridente delle donne può diventare buia come la camera oscura di un abile fotografo.
Che poi è proprio quello che mi è successo in queste ore, e che mi succede ogni mese dal 1998.
Quindi dovrei fare un sospiro e tirare avanti. Aspettare che gli ormoni facciano il proprio corso e poi tornare completamente me stessa dopo averlo visto accadere.
Estraniarmi, fingere di non essere io quella donna brutalmente assalita da cupi pensieri.

E invece no. Invece io mi faccio risucchiare, avvolgere, triturare come carne dal macellaio.
Stamattina mi è passato di tutto per la testa. Ogni cosa mi sembrava assumere contorni tetri come in una casa infestata dai fantasmi. Mi sentivo annientare dalle ombre, spegnere il sorriso ed ogni barlume di linfa vitale.
Dopo un debolissimo tentativo di allenamento fallito già in partenza, mi sono cambiata ed ho raggiunto a piedi il mare. La tempesta di ieri aveva reso la sabbia umidissima e le onde si alternavano veloci come in una rincorsa. Ho sospirato, osservato, respirato. Il cielo era un carnet di emozioni eppure mi sentivo in bilico su un precipizio, indecisa se lasciarmi cadere giù.

Fortunatamente passerà tutto, passa sempre.
Ma se dovessi spiegare la mole di sensazioni distruttive che ho avvertito e che in parte ancora avverto, chiunque mi lascerebbe a parlar da sola. 
Preferirebbe sminuire, assentire con la testa senza ascoltare, per poi iniziare a parlare dei "problemi veri", come se io stessa non ne avessi. E allora ogni volta mi isolo come un gatto depresso e aspetto che il disordine cessi, soppiantato da un più mite respiro.

giovedì 10 novembre 2022

Stanze

 


La piccola Emma viene qui spesso ora. Ha poco più di 4 anni. 
Non ricorda nulla di quando la tenevo in braccio e me la stringevo al cuore.
Però le sono simpatica, si vede da come si comporta quando è qui.
Forse le è rimasto addosso un po' di quell'amore residuo. Oppure, come la maggior parte dei bambini con i quali ho a che fare, è attratta da me. Si fida.

Le prime volte furono circa un anno fa. Provavo una forma di dolore e di distacco, la guardavo appena.
Come se il solo osservarla in maniera più nitida potesse scatenare nuovamente tutto quello che c'era già stato, tutto quello che stavo cercando di rimuovere.
Rivederla cresciuta dopo tutti quei mesi senza vederla affatto, mi fece uno strano effetto. Quasi stentai a riconoscerla. Però era indubbiamente lei, quegli occhi languidi sono inconfondibili.
Capii di essere guarita quando la presenza di quelle persone in negozio smise di fare male. Quando riuscii a trattarli come avventori qualsiasi. E poi, da qualche mese, riprendere una qualche forma di confidenza. 
Non saremo più amici, non mangeremo più nello stesso tavolo, non verranno sprecati altri sentimenti né altre forme acute di delusione. Però quantomeno riesco a vederli qui dentro, a parlarci normalmente, a non soffrirne più.
E questo è un traguardo che devo a loro, in fondo, al loro tornare qui dentro prima in punta di piedi e poi come se nulla fosse accaduto. A volte è meglio così: fingere che una batosta non sia stata data né presa e riprendere da un punto imprecisato e semplicemente andare avanti.

Lo preferisco, certo.
Ma so anche quanto suoni falso.
E' sempre una forzatura quella che si vive in questo modo.
Quel mettere un penoso cerotto su una ferita guarita da sé ma mai opportunamente medicata.

In generale, sia riguardo questa situazione che in tutto il resto, mi sento bene. Abito stanze piene di tumulti in questo corpo. E altre dove cerca di insediarsi la calma.
In modo vano, a quanto pare. Perché davvero calma non mi sento mai.
Forse solo quando sono al mare o più in generale in mezzo alla natura.
Allora si, mi ritrovo. Danzo invece di vorticare.

lunedì 7 novembre 2022

I Tre Draghi e la Calla

Fonte: florablomb. it



Lunedì 7 novembre, 12:53.

Scrivo col sole in faccia, facendo una fatica immane anche solo a guardare lo schermo.
Eppure non me ne vado, non smetto, non finisco di fare quello che sto facendo e soprattutto non getto la spugna. Perché godermi questo sole caldo ora mi sembra la cosa più sensata da fare.
Come una sorta di ricarica, che pur mi addormenta un po'.
Mi rilassa al punto di dover scuotere più volte i ricci sulla testa, sperando così di riprendermi almeno un po' prima di tornare a lavoro. Sono sempre un po' stanca e questa ricarica di me stessa sembra tarata sul settanta percento. Accettabile ma sottotono. 

Allungo la mano e tocco le mie piante spinose. Belle, rigogliose, verdissime.
Una cliente me ne regalò tre pezzi minuscoli all'inizio dell'estate, o forse era ancora primavera. E adesso che sono cresciuti più di quanto pensassi avrebbero fatto, forse si sentono un po' stretti in questo vaso dove prima stavano larghi. 
Al centro è nata, spontanea, una pianta di calla. Non produce fiori, ma se ne sta lì impettita, protetta dai suoi tre guardiani spinosi, come una principessa su una torre accerchiata da draghi sputafuoco. 
Penso a quante volte in quello stesso vaso ho provato a far venire su una calla, senza riuscirci mai per più di un mese. Ed ora eccola lì, felice ed entusiasta, senza che nessuno l'abbia chiamata.
Aveva dunque bisogno di compagnia? di dividere con qualcuno il suo spazio?
Specie diverse che si incontrano, le cui radici sotto la terra si intrecciano. Potrei togliere le piante spinose senza uccidere la calla? o potrei togliere la calla senza che gli spinosi muoiano di dolore?
E allora le tengo tutte lì, insieme, capaci di amarsi in un modo incredibilmente bello, che mi commuove sempre un po' ogni volta che li guardo.

La breve pausa al sole è già finita. 
Mi alzo, accarezzo le piante come si farebbe con dei gatti sonnacchiosi. Tacitamente le ringrazio per avermi insegnato che si può vivere, e forse si vive meglio, in un piccolo spazio pieno d'amore rispetto ad uno immenso che ne sia del tutto privo. 
Se si ha l'orecchio teso all'ascolto, dalla natura si può sempre imparare qualcosa. E penso che se i miei orecchi ed i miei occhi sapessero imparare da tutto il resto come imparano da Lei, sarei una donna molto sapiente. 

venerdì 4 novembre 2022

Flussi

Fonte: vivereilmare. it



Il tempo è cambiato. E' cambiata l'aria stessa.
Ed è come se l'autunno fosse arrivato soltanto oggi, con un mese e mezzo di ritardo.
Un ospite che si affaccia all'improvviso, quando tutti erano già seduti e si pensava che non sarebbe venuto più. Invece eccolo qui, con le sue correnti che si raffreddano, con i suoi venti ambigui, con le sue foglie svolazzanti e umidicce.  
E' la parte triste della stagione: questo cielo mesto, quest'aria ostile, questo buio precoce del pomeriggio.

Eppure ieri mattina ero al mare, non ci andavo da una settimana che a me erano sembrate due.
La volta precedente avevo beccato l'unica mattina di nebbia dopo mesi e mesi di sole acceso. Avevo riso per questo, ma poi mi ero fatta avvolgere da quel cielo basso ed avevo spartito il bagnasciuga solo con i gabbiani. 
Ieri il cielo era nuvoloso ed il mare calmo, di una bellezza sovrumana. 
Come quando fatichi a contenerla tutta, ad assorbirla. Quasi fuoriuscisse dai pori, come sudore. 
Il sole andava e veniva, timido ma incantevole. C'era qualche pescatore, i soliti uccelli che ormai non si spaventano più nel vedermi passare, un uomo con il cane. 
Eravamo in pochi, forse i migliori mi son detta. Quelli che il mare l'amano sempre, che non riescono a distaccarsene. Che lo accarezzano febbrili con gli occhi come farebbero come un'amante. 
E allora l'ho gustato il più possibile, il dolce che arriva prima del pranzo intero. Avevo mille cose da fare che mi attendevano nervosamente al di là della mia parentesi di gioia. Le sentivo bussare oltre la porta dietro cui le avevo chiuse.
E più bussavano, più io me ne stavo lì a scattare immagini con il telefono o con le retine stesse. Immagini vividissime che potessi portarmi dietro una volta andata via.

Sono tornata a casa dopo aver sbrigato i miei impegni e anche dentro quelle mura ce n'erano altri che chiedevano il conto. Impegni che ho portato a termine sorridendo, proprio grazie a quel mare calmo e a quel cielo multiforme che mi avevano resa, anche solo per un po', del tutto indistruttibile.
Lo sentivo scorrermi dentro come un fiume il giorno della piena. Scorreva, scorreva, scorreva. E io lo tenevo con me con lo spirito di chi non si preoccupa di bagnarsi.

E' la mia terapia.
E se non l'avessi...beh, se non l'avessi sarebbe un guaio.

mercoledì 2 novembre 2022

Come Burro

Fonte: caseificiosepertino


Quella di ieri è stata una giornata impegnativa, densa. Compatta come un panetto di burro.
E, proprio come un panetto di burro, anche capace di sciogliersi nei momenti giusti. 

La nonna di Fred ha compiuto 89 anni e per l'occasione, anziché festeggiare con i soliti quattro gatti, si è pensato di radunarne tutte le sorelle con i relativi figli, nipoti e pronipoti. 
E dunque ieri eravamo all'incirca 60 persone. 60. Che a pensarci la prima volta ebbi un capogiro. 

Mi sono svegliata alle 7, ho fatto colazione lentamente, gustato la brezza del mattino in terrazzo mentre intorno un silenzio irreale mi faceva sentire bendisposta verso l'umanità intera. Mentre Fred ancora dormiva ho sbrigato commissioni di varia natura, mi sono allenata, fatto una doccia rigenerante, steso oli e cremine sul corpo come di consueto.
Alle 13 eravamo sul posto. E potete solo immaginare il chiasso, i brindisi e i momenti di scherno che si sono simpaticamente susseguiti per le quattro ore successive. 
La nonna inizia a dare cenni di vacuità, momenti nei quali sembra semplicemente spostarsi altrove. E la capisco. In fondo, a volte lo faccio anche io.
Scomparire, perdermi, dileguarmi. 

E' morto anche il comò della camera. Riparato più volte, dovremo comprarne uno nuovo. 
A volte ho la sensazione di esser venuti in questa casa e poi averci pensato il meno possibile. Come se fosse solo un approdo, un porto dal quale ad un certo punto distaccarsi per andare via.
Ed è un pensiero che mi infonde dolore perché nonostante i suoi punti deboli io amo profondamente questa casa e tante volte avrei voglia o addirittura bisogno di vedere Fred più partecipe. 
E quello al comò non è stato l'unico addio della giornata. Di getto, dopo averci pensato per mesi, ieri ho chiuso un'attività che ho tenuto in piedi per quasi 13 anni della mia vita. Non parlo di lavoro, parlo di una passione per la quale mi sono spesa molto e che ho accartocciato per necessità ma con fatica. A volte semplicemente occorre dare un colpo di spugna e ripartire, alleggeriti. Ci rimugino per un sacco di tempo ma poi, quando finalmente prendo coraggio, allora divento indistruttibile e sui miei passi non ritorno più.

E' chiaro, dunque, che alla fine dei conti la giornata di ieri sia stata tutt'altro che semplice.
Il lungo pranzo e la mia poca voglia di stare lì seduta per ore a guardare altri mangiare quantità di cibo lontane dal mio vivere mi hanno un po' prostrata. Ho invidiato mio suocero quando senza salutare nessuno se ne è scappato via per riassaporare la sua libertà. 
In compenso ero vestita bene, mi piacevo, non c'era nulla di me che avrei cambiato in quei momenti. Cosa strana per una che ha la tendenza a guardarsi sempre con occhio troppo critico.
Se non avessi dovuto pronunciare due addii avrei persino potuto salvarlo, questo primo novembre. 

venerdì 21 ottobre 2022

Quella Pelle Sottile

 


Stamattina facevo stretching e quando mi sono girata ho visto la mia schiena seminuda riflettersi nel nero del televisore spento. 
Ho visto la linea esposta delle vertebre, la loro sinuosa curvatura, la pelle che si tendeva su di esse.
Ed è stato naturale pensare alla schiena dello scorso anno, di quando anche le costole sporgevano più di quanto facciano ora, con una pelle sottile di carta velina a ricoprirle appena. 
Me ne vergognavo, le coprivo in continuazione.
Ma quando ero sola amavo quelle ossa, le toccavo fiera. 
Prima di dormire le accarezzavo da ogni lato e più le sentivo venir fuori, meglio riuscivo a dormire.
La loro presenza così evidente mi placava, mi faceva sentire forte.

Penso che chi non sia mai passato attraverso i disturbi alimentari non possa capire in quali stretti labirinti si riesca ad entrare. In quali vie tortuose la mente si inerpichi. 
Eravamo in spiaggia a Rimini quando mio fratello vide quelle costole in rilievo. Sussultò. Non capii subito perché e pensai di avere qualcosa che non andava. Pensai che il mio corpo non andasse bene, che fossi grassa probabilmente. Poi lo vidi girare gli occhi addolorati e far finta di nulla. Parlava con Fred, continuò a farlo, ma i suoi occhi scuri avevano un'espressione diversa, come di peso sul cuore.
Solo mesi dopo, ripensandoci, capii che era stato il mio torace magro a spaventarlo. E che quel girare gli occhi e fingere che nulla fosse accaduto era una delicatezza che mi stava rivolgendo. 

Ed è strano, no, ora che le costole si vedono meno, rimpiangere un po' quei mesi in cui se ne stavano lì dure dure, spettrali. Perché anche quando se ne esce, in realtà non se ne esce mai.
Da oltre cinquecentotrenta giorni seguo un piano alimentare in cui introduco tutto ciò di cui il mio corpo ha bisogno. Mi piace, mi fa stare bene. 
Eppure...eppure. Eppure la malattia mi teneva al riparo.
Da cosa non so, forse dal terrore di ingrassare nuovamente.
Non mangiavo abbastanza, perciò sicuramente non potevo ingrassare.
Ora mangio sanissimo, però mangio. E quindi sono sempre lì che mi controllo i fianchi, le gambe, il busto, le braccia. 

Una volta, a ventidue anni, fu mia madre a salvarmi la vita. Mi obbligò a mangiare in mezzo ai miei singhiozzi terrorizzati. Era disposta persino a legarmi pur di farmi introdurre cibo in quel corpo che si stava spegnendo. Lo fece per mesi, lo fece perché l'alternativa era un ricovero.
Ora sono io a dover salvare me stessa. Lo sto facendo come se dovessi prendermi cura di una bambina recalcitrante. Lo faccio con pazienza ma anche con durezza. Sono inflessibile. 
Eppure...eppure. Eppure quelle costole lì, così fuori dal normale, quanto mi mancano. 
Mentre scrivo le tocco. Ci sono ancora, non se ne sono mica andate. Ma c'è anche carne lì sopra, c'è muscolo. C'è anche del grasso sicuramente. C'è tutto quello che ci deve essere in un corpo sano. 
E allora chissà perché mi mancano così. E che farei per riaverle indietro.

lunedì 17 ottobre 2022

Al Mattino

Fonte: radiocompanyeasy. com


Giovedì 13 ottobre, ore 12:10.

Piove da questa notte. In modo leggero, quasi soffice.
Come una cosa che non voglia dar fastidio si appoggia lieve sugli oggetti bagnandoli appena.
E come sempre succede quando piove, mi è venuta voglia di scrivere.
E' la malinconia che scende giù insieme a queste gocce ad aprirmi un varco attraverso queste pagine. 

Ma più che scrivere, in realtà, vorrei poter dormire.
Appoggiare la testa sul cuscino, coprirmi fino alle spalle come se fosse notte, cadere in un oblio pieno e senza sogni. Semplicemente non esserci, essere altrove, volare in un mondo soffice come questa lenta pioggia. 
Sono stanca, stressata. E ho gli ormoni in subbuglio per via del ciclo e di un'infezione che ho smesso di curare poco prima che iniziasse. Difese immunitarie basse, corpo in ribellione, una delicatezza di bimba che cresce insieme a me, stranamente.
E allora sul serio vorrei semplicemente perdermi in un sonno pieno, totalizzante, arrendermi ad esso come a poter deporre le armi.

Lunedì 17 ottobre, ore 15:21.

Il sole esplode violento fuori di qui, quasi sapesse di dover presto combattere una furente battaglia col buio.
Esplodeva anche nel tramonto di ieri sera, colorando d'arancio la sabbia e regalando alle onde riflessi di natura multiforme.
Ero lì che guardavo, presente ed assente negli stessi istanti.
Pensavo ai miei genitori, a come era stato bello essere lì con loro poche ore prima. Alle loro cure amorevoli, alle loro voci, a quel "ti ho preso un maglioncino nero semplice per stare in negozio, quando inizierà a fare freddo". Oppure a quel "te la sbuccio io la zucca, che ci vuole? va a finire che tu ti fai male".
Mio fratello era salito su un aereo al mattino. Mi mancava la sua presenza lì eppure l'avvertivo in ogni nostro discorso, perché quando vuoi bene a qualcuno, lui c'è anche quando manca. Forse soprattutto quando manca.

Per pranzo con quella zucca ho preparato una vellutata. Ci ho aggiunto il farro bollito e ne ho fatto una zuppa. Poi ho messo sopra dei ceci croccanti per la quota proteica e l'ho gustato in silenzio mentre guardavo il bucato steso fuori asciugarsi con fatica.
Quel silenzio è tra i momenti che preferisco. Sebbene non sia neanche lontanamente paragonabile alla colazione del mattino. Che amo da anni di un amore tenerissimo, fatto di pace, di tepore, di sensazioni delicatissime che non riesco a provare in nessun altro momento della giornata.
Lì in cucina, da sola, in perfetto silenzio o con la radio accesa. La frutta, i fiocchi di avena, lo yogurt, un nuovo giorno che nasce e si innalza come una bandiera in una caserma di soldati.
E in quella mezz'ora, qualunque cosa io debba fare subito dopo, so essere felice di una gioia purissima che mi ripaga di qualsiasi stanchezza, di tutte le volte in cui vorrei poter urlare e invece taccio.

mercoledì 5 ottobre 2022

Ottobre




Scrivevo molto di più un tempo, ma di tempo ne avevo anche più di quanto ne abbia adesso. La vita adulta è un frullatore, me lo dicevano sempre da bambina e non ci credevo mai. Non tornerei indietro ma è indubbio che le cose cambino e che non si possa star dietro a tutto, sempre.
Claudia scriveva di priorità e del fatto che ci siano cose che necessitano della nostra presenza in maniera più costante e profonda dei nostri blog. Di questa affermazione io sono assolutamente convinta da anni perché per quanto ami questo spazio, quello che c'è al di fuori dei suoi confini mi piace molto di più.

Vi parlerei dei cieli variopinti con cui il tramonto colora il cielo da un mese a questa parte.
Del tappeto di conchiglie di cui si è riempita la spiaggia.
Del colore acquamarina che il mare aveva assunto domenica pomeriggio e di quanto fosse bello essere lì senza lo sciame di gente degli ultimi mesi.
Delle poesie che sto leggendo.
Delle fotografie che ho scattato.
Del tempo che ho trascorso con mio fratello.
Di quanto sia bello riuscire a dormire mezz'ora in più al mattino.
Del profumo dei muffin mela e cannella senza zucchero che ho inventato una sera in cui avevo casa tutta per me.
Dei luoghi che mi piacerebbe visitare con Fred prima che arrivi il freddo.
Di quanto mio cognato mi faccia stressare a lavoro.
Del fatto che il silenzio mi piaccia ancora più di qualunque caos. 

Ma per scriver di tutto questo, tralasciando ancora molto altro, avrei bisogno di quiete che al momento non mi sembra di avere, allora ve lo lascio intuire, accennandolo appena, facendovi comunque sapere che sto bene, che il mese di settembre è stato lungo ma bello e che ottobre finora mi sembra incantevole.

mercoledì 14 settembre 2022

Sull'Uscio




La bambina era sotto le scale, calpestava il suolo del giardino ma guardava il portone spalancato della scuola. Piagnucolava inconsolabile nel suo caschetto castano e nei suoi abiti neri. 
Due compagne erano con lei, una le accarezzava il braccio, l'altra la osservava un po' assente.  
La maestra la chiamava dall'interno, "Saretta, vieni." 
Due o tre volte, ma senza raggiungerla. 
Non so perché la bimba non volesse entrare né perché si sfregasse gli occhi lì fuori, desiderosa di andarsene anziché di entrare con gli altri.
Non lo so ma lo posso intuire, perché Saretta lo sono stata anche io e sebbene il mio senso di responsabilità mi portasse ad evitare inutili capricci, la sola idea di entrare in classe mi rivoltava lo stomaco ogni mattina. 
L'idea di stare lì seduta, sul legno di una sedia scomoda, con le gambe chiuse sotto un banco. 
L'idea di doverci rimanere per ore, per lo più in silenzio, ad "apprendere".
L'idea di dover dividere lo spazio di un'aula con altri bambini a cui volevo bene, ma con i quali di fatto stavo condividendo un dovere.
L'idea stessa di quel dovere mi opprimeva. 

E allora mentre passavo dinanzi la scuola e guardavo questa scena e spegnevo la musica ascoltando quel piagnucolio e quel "Saretta, vieni", ho pensato che non conta mai quanto sei bravo in qualcosa, ma quanta voglia hai di farla.
Che il dovere, per il solo fatto di esser tale, può diventare una gabbia anziché un'opportunità. Può esser fatto di sbarre, di cancelli, di lucchetti, di desideri spenti, bacchettati, messi da parte. 

Ho riascoltato le parole di Omero, della scorsa settimana "questo è il tuo massimo, è il top per te? servire la gente lì dietro?"
"Non importa che lo sia o meno. Non importa quante altre cose avrei potuto fare, conta il sorriso con il quale entro qui dentro, con cui intrattengo le persone, l'entusiasmo con il quale mi impegno."
Lui non ha capito, ha scosso la testa, ha detto che il lavoro resta pur sempre lavoro e che l'obbligo non può piacere, soprattutto se non è davvero quello che avresti voluto o potuto fare. 
Ho scosso la testa anche io, incapace di fargli capire che amare ciò che si fa, a prescindere da quale scalino si occupi, sia l'unico vero modo di non sentirsi in gabbia all'interno di un dovere. Bisogna andare a scuola per crescere, bisogna poi lavorare per vivere. Più si riesce a rendere l'obbligo sereno, meglio si dorme la notte.

martedì 6 settembre 2022

Il Mercato del Martedì

 


Amo il martedì mattina.
Amo i riti che si sono andati a creare in questo giorno.
Amo la sveglia presto, la colazione lenta, la radio accesa, la casa silenziosa.
Amo il giorno che nasce a poco a poco, il buio che diventa chiarore in pochi minuti.
Amo vestirmi ed uscire, raggiungere il mare, osservare come i mesi cambino le prospettive, i colori, le sembianze di tutto quel che incontro nel mio cammino.
Amo passare dal mercato, immergermi fra la gente, guardare ed ascoltare tutto quel variopinto mondo che mi circonda.
Amo i fiori di Ahmed, le sue conoscenze botaniche, le file ordinate di piante, la cura immensa del suo angolo di paradiso.
Amo i banchi di frutta e verdura. Numerosi, colmi di delizie buonissime, di signore con la sporta della spesa. Amo poter scegliere di acquistare un po' lì e un po' qui, valutare con gli occhi la merce migliore.
Amo andare a trovare Laura e Claudio, aspettare che lui mi incarti le mozzarelle ed il pane fresco per Fred. Le nostre chiacchiere veloci mentre in fretta serve anche gli altri.
Amo i miei amici napoletani, i loro sorrisi, gli abiti coloratissimi che appendono in maniera così perfetta da far invidia ai negozi in centro.
Amo la frutta secca dei ragazzi pakistani, i profumi delle loro spezie.
Amo guardare le marmellate e le friselle del calabrese, i liquori, i mieli, i dolciumi della sua terra.
Amo le chiacchiere veloci con Sergio, il nostro amico vigile, che non manca mai di passare a salutarmi.
Amo poi fare tutta la strada all'indietro per tornare a casa, un po' più carica di quando ero arrivata, col sorriso sulle labbra di chi abbia preso non solo quello che ha comprato, ma anche uno scorcio di umanità meravigliosa del quale non mi sazio mai.
E anche se poi, tornata a casa, le ore si succedono veloci in mille cose da fare prima del turno, sento che quei momenti sono per me preziosissimi e che ogni volta li aspetto con trepidazione, come se non esistesse mattina più bella di quella.

sabato 3 settembre 2022

Bucato Sotto La Pioggia

 

I tuoni che crepitavano in lontananza si sono avvicinati a tal punto che ora par di sentirli sbraitare in questa stanza.
Sono quasi al buio, la luce mi infastidisce, solo una flebile abat jour accompagna il mio scrivere. 
Piove. Ho il bucato steso fuori e non me ne importa niente.
Penso ai giorni appena trascorsi e a tutta la natura in cui ho avuto la fortuna di immergermi.
Penso alle albi viste in spiaggia e a quelle osservate in aperta campagna.
Da sola, con le gambe scattanti, il cuore in festa, quella vivida adrenalina che mi cattura il corpo e mi pervade febbrile.
Tutto troppo bello e troppo intenso per poter esser contenuto in un solo corpo, in un solo spirito, in una sola piccola me. E allora ci ripenso adesso, come se ciò bastasse a riportarmi lì, a quelle mattine di gioia incontenibile e sanissima.
Le case in pietra abbandonate sul ciglio della strada. La vegetazione che entrava dalle finestre, dalle porte. La natura che si riappropriava dei suoi spazi. I polpacci duri, forti, desiderosi di camminare ancora e ancora e ancora, di non fermarsi mai. 
Forse per intraprendere il cammino di Santiago ci vuole questa tempra qui. Questa voglia di andare avanti e guardare ogni cosa con occhi nuovi ed entusiasti, non voltarsi fin quando non si è giunti alla meta. 

Un tempo facevo pochi passi e mi stancavo. Ma quando il primo febbraio 2017 iniziai a camminare non avrei mai pensato che sarebbe diventato parte essenziale del mio vivere.
Indossare le scarpette ai piedi, le cuffie alle orecchie e semplicemente andare. Sentire il vento, il sole, l'umidità, talvolta anche la pioggia. E guardare ogni cosa, osservare il mondo, guardarlo davvero, percepirlo come parte di me, del mio essere. Un prolungamento di quelle stesse gambe, un'immagine già contenuta nei miei occhi.
Mi mancano già quelle salite, quelle discese, persino i cani che lungo la strada sembravano volermi assalire. Mi manca quell'aria pura, quella quasi totale assenza di esseri umani.
Ma è così bello anche qui. E fra poco i turisti se ne andranno, lasciandomi a guardare il mare come se fossimo due amici che dopo il frastuono di una festa restino soli a rassettar la cucina.

giovedì 1 settembre 2022

Di Ritorno

 
Fonte: trevaligie. com


Gaeta non è, e non sarà mai suppongo, un luogo qualsiasi per me.
Me ne innamorai nel 2019, quando partii con Fred e mio fratello verso quella che era, all'epoca, una meta del tutto sconosciuta e che mi si insinuò addosso ogni giorno dei quattro o cinque che vi restai. 
Ho sempre detto che le albi più belle le ho viste e assaporate lì, ed ora che vi sono tornata per altri tre giorni, posso affermare che è davvero così.
Forse perché ad esse si sono accompagnati altri sentimenti tutt'altro che banali quali la gioia di camminare in quegli orari in cui il mondo sembra svegliarsi appena appena o la solitudine o la vista incantevole, o l'alternarsi allo sguardo del mare e delle montagne, in pari misura.
Questa volta, poi, abbiamo avuto la fortuna di trovare un albergo centralissimo con una vista stupefacente. E allora in qualunque orario tornassimo mi affacciavo al balcone e me la imprimevo nelle retine, la guardavo con uno struggimento tale da far quasi piovere gli occhi. 
Tre giorni volano e son volati anche questi, ma quel volteggiare non resterà vano. 
Mi hanno fatto bene. Al cuore, all'anima, a tutta me probabilmente. E hanno fatto bene anche a Fred, che aveva iniziato queste ferie con gli operai stanziali in negozio per lavori di ristrutturazione e che ho avvertito nervoso e recalcitrante anche quando quei lavori erano finiti.
Lo stress va fatto fluire in qualche modo. E anche se lui non gode dei luoghi come io faccio, spero ugualmente che Gaeta gli abbia fatto da valvola di sfogo e che ora possa riprendere con un senso di minore fatica addosso. 

martedì 23 agosto 2022

Tra le Ciglia

Fonte: classcountryhomes .it


E' bello il mondo quando hai un attimo di pace.
Quando non ci sono troppe cose che ti strattonano da una parte e dall'altra, quando puoi osservarlo con i tuoi veri occhi. Quelli autentici, genuini, quelli di quando eri bambina.
E' bello il verde di quest'erba, belli i fiori stremati dal caldo, bella l'acqua azzurra di questa piscina nascosta, belle le voci dei miei genitori che borbottano in lontananza.
E allora chiudo gli occhi e mi soffermo sui rumori, che sembrano tutti così attutiti, lenti, delicati. 
Il paradiso lo immagino così. Senza porte d'oro, senza angeli dietro ogni nuvola, senza melodie perenni. Lo immagino ovattato, silenzioso, come una sorta di dormiveglia.
Questo è un sogno e la sola idea di svegliarmi mi terrorizza. 
Allora tengo le palpebre serrate il più possibile, fin quasi a sentire dolore tra le ciglia.

Sono in campagna da un po' e ne sto assumendo i ritmi cadenzati.
Sebbene non manchino di certo gli allenamenti, le pulizie e la solita certosina preparazione dei miei pasti, sento che tutto è più lieve, più lento, più semplice.
Il lavoro mi piace ma avevo bisogno di staccare, di dormire qualche ora il pomeriggio, di poter fare le cose con calma, di non dovermene sempre preoccupare. Bisogno di chiuderlo oltre un portone e non guardarlo troppo da vicino fino al momento di riaprirlo.
Allora me ne sto qui, godendo del tempo, che in fondo è ciò che sempre mi manca. 
Lo osservo, lo annuso, a volte persino me ne lascio avvincere, annoiata. Ma tutto sommato grata di averlo con me, di poterlo abbracciare come un compagno e non come un nemico.

venerdì 12 agosto 2022

Intrecci

Fonte: illibraio. it


Ho trovato delle bozze che non ricordavo di avere lasciato indietro. Qui, in mezzo ai testi già pubblicati. Bozze stanche, come fogli sparsi lasciati in giro che hanno iniziato a prendere polvere. 
Alcune mi somigliano più di quanto potrebbe fare un bel ritratto, più dei post a cui ho permesso di vedere la luce. Dunque ciò che si lascia in soffitta rimanda un'immagine più netta e nitida di quello che lasciamo camminare nelle stanze in chiaro? chissà. Forse è il quadro completo a colpire, l'alternanza della luce e delle ombre. 

C'è aria di pioggia, oggi. Ma qui poi non piove mai, non capita da mesi.
La tempesta si avvicina, si sentono persino dei tuoni in lontananza. Poi le nuvole si spostano e qui torna un sole massiccio che si poggia su ogni cosa, irrorandola di un calore inaudito.
Ma ora che queste nuvole sono qui sopra mi soffermo a guardarle, le osservo come se fossero cosa strana, sconosciuta. Come se non le avessi mai viste o non le ricordassi.
Sarà diverso quando andrò a trovare i miei, dove violenti temporali prendono il posto del sereno ogni pomeriggio, allo stesso orario, come un appuntamento preso in precedenza al quale si debba a tutti i costi prestar fede. 

Un bambino piange disperato, richiede l'attenzione della mamma.
Il suo pianto mi fa pensare alla vita, soprattutto ora che si arresta, che si ferma per poi riprendere più tardi. A questo andirivieni di sensazioni instabili, alla precarietà di noi esseri umani, a tutto quello che facciamo ogni giorno e a cui cerchiamo di attribuire un senso in mezzo alle corse, agli affanni, ma anche alle gioie, alle risa, agli sbalzi d'umore. C'è un senso? me lo chiedo anche io.
E mi rispondo di no, che non esiste, che non c'è. Che il senso è la ricerca stessa, è questo scavare tunnel dentro noi stessi, intrecciando vie che non conosciamo in mezzo ad altre che ci sono familiari. Al labirinto che ci creiamo addosso e da cui spesso facciamo fatica ad uscire. 

lunedì 8 agosto 2022

Dunque, Agosto.

 
Fonte: sololibri. net


Un nervosismo diffuso, che si propaga sottopelle insieme al sangue.
I primi giorni d'agosto li ricordo spesso così, accompagnati da questa inquietudine di fondo che opprime il vivere insieme al caldo, all'afa, alla stanchezza di un intero anno lavorativo.
Ancora una settimana e poi ci fermeremo per un po'.
Fred sta peggio di me, lo vedo che scalpita. Non sopporta più nessuno, probabilmente neanche me. Allora me ne sto per conto mio, cercando di infastidirlo il meno possibile.
Mi eclisso, divento invisibile. Lavoro, pulisco, preparo da mangiare, mi alleno. 
Sono efficiente, tutto sommato. 
Forse aspetto le ferie proprio per esserlo un po' meno.
Per staccare dai soliti schemi, per immergermi nella natura come e quanto voglio, per dormire di pomeriggio, per leggere poesie in disparte, per cercare il silenzio.
Qualche bagno in piscina, passeggiate nel verde, magari un gelato artigianale ogni tanto, lo yoga da praticare al sorgere del sole nel giardino dei miei genitori e soprattutto il ripristino totale ed incondizionato del benessere fisico e mentale. 

Però in questi giorni ho un compagno speciale ed è Nazim Hikmet.
Ho il suo libro di poesie sul comò. Ogni volta che lo apro mi sembra di poter cancellare completamente ogni altro pensiero. Mi assorbe. Mi fa sentire a casa. 
E lo sto amando moltissimo, come ho amato e amo altri poeti i cui libri apro spesso e che tengo nel comodino, chiusi, per poterli avere sempre con me. Credo che porterò anche un paio di loro a casa della mia famiglia, perché la campagna mi sembra il posto migliore per leggere poesie. Per sentirle dentro. Per farsi accarezzare l'anima e magari commuoversi un po'.

Si. Manca una settimana piena di lavoro ma con la mente sono già seduta in mezzo al verde con il libro di Hikmet tra le dita. Nel frattempo, semplicemente, tiro a campare. 

mercoledì 27 luglio 2022

Luglio, Col Bene Che Ti Voglio

 
Fonte: Frasissime


Sembra che questo caldo bestiale sovrasti ogni cosa. Le azioni, le emozioni, le sensazioni, forse persino i pensieri. Che aggrovigli tutto, che lo accartocci, che infine lo appiattisca.
Con i clienti, in negozio, non si parla più d'altro. Non c'è più la guerra, non ci sono più contagiati Covid di cui discutere sebbene siano ovunque, non si parla neanche più del caro benzina.
Sembra esserci solo quest'afa, questa umidità che penetra le ossa e sfinisce, questa calura ad ogni ora del giorno e della notte che schiaccia tutto il resto.

E allora quasi dimenticavo di dirvi che riesco a vedere il mio amico Saif regolarmente ora. E che lo scorso sabato sera siamo stati a cena insieme, in un gruppo di nove persone, divertendoci molto e trascorrendo tre ore in serenità. Mi ha anche fatto un regalo di compleanno, imbarazzandosi quando l'ho ringraziato mille volte, perché lui è così: generoso con le persone cui vuole bene. Salvo poi vergognarsi per un bacio di riconoscenza sulla guancia o un abbraccio.
Anche domenica il mio compleanno è stato festeggiato a dovere. Non che lo avessi programmato, però mia madre ci teneva e dopo tre settimane di separazione (causa Covid e altre questioni) senza dirmi nulla ha organizzato un pranzo con i fiocchi invitando anche i cugini. Pure lì faceva caldissimo, ovviamente, ma siamo stati così bene, tutti insieme, che sinceramente ho ricominciato a sentire il caldo solo al momento di ripartire, in strada.
E' stato un bel week end, più leggero di molti altri, più spensierato.
Ho fatto persino in tempo ad osservare il tramonto cadere a picco sul mare, dunque a berlo tutto con gli occhi, lasciandomi sopraffare dai suoi colori intensi. Mi sono fermata sulla spiaggia fin quando gli ultimi raggi scomparivano sul limitare dell'acqua e l'avvolgevano tutta, diventando oro liquido.
Quando sono rientrata a casa, dopo ore di gioie condensate, ho lasciato scivolare via il sudore sotto la doccia lasciando intatto tutto il resto: l'affetto che mi era rimasto addosso, l'allegria, le risate, le nuvole che coprivano il rosso del sole, un gelato assaporato sulla sabbia il cui sapore mi sembrava ancora di sentire in bocca.
Mi sono sentita serena, appagata. Come se i giorni strani vissuti fin lì fossero stati spazzati via dagli ultimi due, azzerandone l'amaro.

mercoledì 20 luglio 2022

Sospensione




Martedì 19 Luglio 2022, ore 12:39:

In questi giorni ho provato a scrivere più volte, senza riuscirci mai.
Quelli del Covid sono stati momenti sospesi, particolari, che avevo difficoltà a descrivere.
Otto giorni di positività, rientrata a lavoro il nono, appena tornata negativa.
La febbre alta, il dolore alle gambe, i polmoni affaticati, la stanchezza perenne. Avevo un solo bisogno ed era quello di stare sdraiata.
Al mattino mi facevo forte e mi allenavo appena appena, dunque facevo le pulizie, mi sforzavo di preparare i pasti e mangiare. Poi tornavo subito a letto, come se avessi corso maratone lunghissime.
Di notte dormivo come un ghiro, senza girarmi né svegliarmi mai. 
Ero isolata dal mondo, percepivo l'aria esterna solo uscendo un po' in terrazzo. Non sono stati giorni particolarmente caldi, quelli, al contrario di questi in cui son tornata alla solita vita.
Avevo il pensiero costante del lavoro, dei turni infiniti che Fred stava coprendo al posto mio. Dovevo guarire per questo, per tornare al mio posto.
E allora non sono riuscita a sentire pienamente il calore dei messaggi di chi mi vuole bene, del tempo sospeso, di questa bella casetta assolata. Non sono riuscita ad ascoltare finalmente il mio corpo che si rilassava, che decelerava, che veniva costretto ad un'inconsueta immobilità.
Non stavo bene e ho ancora strascichi che forse mi porterò dietro per un po', tuttavia son stati giorni strani ma non brutti. La solitudine non mi pesava e il silenzio mi era amico. Mi rifugiavo in esso, mi crogiolavo in quella fissità. 
Le lenzuola erano fresche sotto il mio corpo, avvolgevo il cuscino con le braccia e lì trovavo il conforto che mi serviva. Tornare alla solita vita è stato necessario e voluto ma anche complicato. Non mi pare di avere ancora le forze ed il benessere che avevo prima che tutto questo iniziasse. 
Quel momento di sospensione è finito ma io mi sento ancora lì, a quel punto, in quel tempo fermo. 

Mercoledì 20 Luglio 2022, ore 15:48:

Oggi compio 37 anni. E di compleanni così sottotono ne ricordo pochi altri. Anche l'anniversario con Fred è passato in sordina, a distanza, quando ero positiva. E quando poi sono tornata a stare "bene", semplicemente non ci abbiamo pensato più. Era vita scivolata via, senza che ce ne accorgessimo, vita che forse non si aveva più voglia di recuperare.
E allora me ne sto qui in negozio, guardo la calura sopprimere il mondo intero appena fuori da queste mura. L'ibisco giallo è cresciuto a dismisura, più che una pianta è diventato un albero. Ci sono nove fiori aperti oggi, mi hanno accolto quando ho iniziato il turno, circa due ore fa. Ho pensato che fosse un bel modo di iniziare, con quei petali gialli, grossi, soli interi che mi accoglievano e che mi ripagavano delle cure che giornalmente gli offro, con tutta la loro bellezza.
Devo tornare a germogliare così anche io, al di là di questa debolezza, di certi pensieri dissonanti e stridenti, del solito immane fastidio che provo nel giorno del mio compleanno.

venerdì 8 luglio 2022

Pochi Giorni

 
Fonte: CreaMariCrea


Ore 20:57
Osservo il tramonto dal terrazzo con gli occhi un po' persi ma vivi. E' un tramonto di quelli banali, senza colori sorprendenti, senza nuvole dalle forme strane, senza atmosfere mozzafiato. Eppure dopotutto è un bel momento, questo. 
Sento Fred muoversi sotto la doccia e anche se non possiamo toccarci né abitare una stessa stanza, la sua presenza in casa dopo una lunga giornata di solitudine mi conforta. 

Sono positiva da due giorni, alterno brividi e febbroni a mal di gola e d'orecchio. Me ne sto isolata dal mondo intero che viaggia tranquillo anche senza di me. Gli alberi oscillano sotto il peso del vento, i cani vengono trascinati al guinzaglio, le automobili imboccano contromano questa via, il bambino dei vicini piange se non lo portano a passeggio. 
Tutto nella norma, direi. Tranne questo senso di noia che mi prende già dopo aver fatto colazione. E allora mi attivo nonostante il malessere, cercando di occupare le ore e provando a dargli un senso. Saranno pochi giorni nell'arco di un anno intero, passeranno anche loro.
Ricorderò le chiamate di mia madre e di mia suocera, le lenzuola stropicciate, i libri che ho aperto con incostanza, la tv che non ho mai acceso, i messaggi di mio fratello, i sacrifici di Fred in negozio, forse persino questo tramonto dai colori banali. 
Non sapersi fermare senza provare un infimo senso di colpa è una di quelle caratteristiche dalle quali non mi separo mai e anche in questa situazione mi batte sulle spalle e chiede il conto.

Fred è salito in mansarda, ci siamo salutati brevemente attraverso la zanzariera. Fa caldo lassù, si fa compagnia col ventilatore. Io me ne resto qui, decisa a non rientrare fin quando anche le ultime luci non si saranno spente.

venerdì 1 luglio 2022

Occhi Verde Acquamarina

Fonte: assisiofm .it


Gli occhi verde acquamarina di Anna sembravano sanguinare.
Non erano semplici lacrime, quelle. Erano stille di dolore. Una pioggia di sangue, flutti di un rosso vivo che dal cuore straripavano ovunque, venivano fuori zampillando come dallo squarcio di una ferita.
Arma da taglio, mi son detta.
Una pugnalata laddove fa male di più.
E più l'abbracciavo, tentando invano di consolarla, più mi bagnavo di quelle lacrime sanguigne.
Ne venivo intrisa.

Cosa vuol dire perdere un figlio lo sa solo chi ci passa. E noi tutti che speriamo di non doverlo sapere mai, ce ne stiamo lì a guardare rassegnati all'idea di non saper trovare parole giuste, parole che sappiano sanare, mettere punti di sutura, guarire.
Marco era una brava persona, una delle prime che ho conosciuto trasferendomi qui. E i suoi genitori ormai mi vogliono bene come se ci conoscessimo da sempre. E' così anche per me. Gli voglio bene.
Avrebbero potuto restare clienti come tanti e invece ci siamo reciprocamente affezionati sebbene non siano di quelli più assidui. Ci si incontrava più fuori dal negozio che al suo interno. E allora ci si fermava a parlare, a ridere, a scherzare. Ogni volta si fermavano con la macchina ovunque fossero, persino in mezzo alla strada, pur di parlare con me.
In comune abbiamo sempre avuto il sorriso facile ed un bisogno di selezionata socialità, ed è così che ci scegliemmo senza accorgercene nemmeno.

E lo so che dovrei esser dispiaciuta per Marco che non c'è più. Lo sono.
Ma più di tutto io sono dispiaciuta per queste due persone carissime che ora soffrono come non si dovrebbe soffrire mai.