giovedì 30 dicembre 2021

Casi Fortuiti

Fonte: Farmaciadelcorso. net


La natura sembrava voler scoppiare davanti ai nostri occhi.
Le foglie rosse ai bordi delle strade catturavano lo sguardo, provavano a decentrarlo rispetto al resto. Ma poi lo alzavi e trovavi un cielo come di primavera e alti alberi di un bell'arancio vivo come frutti maturi da toccare. E poi sterminate colline e il verde bosco e le nuvole rarefatte e le bacche sui cespugli.
Quando penso alla felicità mi ricordo sempre di attimi come questo e credo che porterò le sensazioni di questo pomeriggio con me ancora a lungo, come un bagaglio di gioia a cui attingere, come una borraccia di acqua fresca che guarisca l'arsura.

E mentre tutti e quattro tornavamo dai nostri chilometri, chiacchierando e ridendo come ragazzini, mi sono sentita chiamare. Un'automobile si era fermata in mezzo alla strada ed era lei. Quell'amica con la quale sono cresciuta, con cui si è vissuto di tutto, le gioie, i dolori, la rabbia, le liti, le delusioni, l'allontanamento emotivo e poi geografico.
Non la vedevo da cinque anni. Sua figlia era nata da pochi giorni e suo padre morì dopo appena due settimane da quella domenica. 
L'ho raggiunta. E' biondissima ora. Ma il viso è sempre quello, come se il tempo si fosse fermato. E' scesa, ci siamo tenute a distanza per via del covid.
Non ci è stato concesso neanche un abbraccio ed è stato un tremolio continuo perché entrambe forse lo avremmo desiderato e non si poteva. Il covid ci ha tolto anche questo, la spontaneità di gesti che un tempo sarebbero venuti naturali e che oggi, invece, ci tengono a distanza di sicurezza da chi amiamo.
Ma l'emozione, quella, non è mancata un solo attimo. 
Abbiamo parlato lì, in quella stessa piazzola dove tanti anni prima avevamo preso una pioggia torrenziale sotto ombrelli troppo piccoli in una mattinata terribile che ogni tanto mi torna ancora in mente. 
E quando poi ci siamo salutate e lei ha iniziato a piangere per la commozione e i ricordi e chissà cos'altro, ho pensato che non l'avrei rivista più. Che quella era davvero l'ultima occasione, l'ultima volta. E allora quel momento, quegli istanti in cui le nostre vite hanno potuto incastrarsi di nuovo, è diventato emblematico, bellissimo e tremendo insieme, un regalo inatteso ma preziosissimo. 

venerdì 24 dicembre 2021

Assaporare

 


C'è un verbo a cui mi piace pensare in questi giorni dell'anno ed è assaporare.
Gli attimi irripetibili.
Le persone che avremo intorno.
I cibi che non mangiamo mai.
Gli odori che impregnano le stanze.
Il freddo che ci punge la faccia.
I pensieri, anche quelli non edificanti, quelli ansiogeni, quelli che facciamo di tutto per scacciare via.
Le sensazioni che ci attraversano la pelle.
I giochi.
I grani della tombola sotto le dita.
Le voci di persone care.
Il calore di una sciarpa che ci avvolge il collo.
La mano di chi amiamo stretta nella nostra.
Le risate, gli attimi di allegria.
Le canzoni festose che passano in radio. 
Le luci intermittenti delle luminarie nelle vie centrali.
I giganteschi alberi addobbati nelle piazze.
Il tintinnio dei calici alla mezzanotte.

Dobbiamo permettere al Natale di essere speciale nonostante le notizie sconfortanti che passano in tv o le criticità di giornate che di festoso hanno poco perché ci mancherà qualcuno o qualcosa.
Anziché pensare a quello che non c'è, facciamo in modo di gustare quello che abbiamo, che è ancora moltissimo e merita, ogni santo giorno, la nostra piena considerazione.
Consentiamo a questi giorni sospesi di offrirci qualcosa di bello, di buono, di puro. Di magico. Come se fossimo ancora bambini e potessimo credere in Babbo Natale.

Auguri di Buon Natale.
Un abbraccio a tutti coloro che passeranno qui a leggere i miei pensieri scossi.

mercoledì 22 dicembre 2021

Liam



Liam è arrivato gli ultimi giorni di novembre.
Non lo aspettavo, si è solo messo lì lasciandosi guardare. Ho atteso che andasse via, come vanno sempre via le bolle rosse dopo qualche giorno che sono venute. Ma lui no, è rimasto lì tra il torace e l'addome, silenzioso, come se avesse trovato il posto ideale dove sedersi a riposare.
Lo guardavo durante la doccia, a volte mi dava un leggero prurito, ma non avrei potuto definirlo fastidioso, è sempre stato un tipo taciturno.
E mentre aspettavo che partisse, lui decideva di rimanere.

Passate circa due settimane ho iniziato a provare un po' di timore, che poi è diventato paura. Una paura silenziosa, poco comunicativa come Liam. 
Non ne parlavo granché, la provavo mentre facevo tutt'altro, che fossero gli allenamenti, le pulizie, la preparazione dei pasti, il lavoro. O quei primi minuti del sonno in cui mi rannicchiavo a Fred sperando che ciò bastasse a spazzarmela via.
E che insieme alla paura, quell'abbraccio si portasse via pure Liam, che invece restava lì, rosso acceso come una pustola infiammata, giorno dopo giorno.

Quando la speranza di vederlo sparire come una qualunque altra bolla smise di aleggiarmi in testa, decisi di consultare un medico che mi aiutasse a dissipare i dubbi, dopo che il viaggio dal mio era stato del tutto inconcludente. 
L'unica mattinata di cielo azzurro e limpido in una settimana di cieli grigi. Aspettai il mio turno seduta su una delle sedie scomode e dozzinali della sala d'aspetto. Di fronte avevo due quadri storti di una tristezza infinita.
Sentivo la voce tonante dello specialista oltre la porta e pregavo che poco dopo, quella stessa voce, mi dicesse che era tutto apposto.
Che Liam non fosse un nemico, ma solo un foruncolo troppo cresciuto che presto mi avrebbe abbandonata. 

Sono passate poco più di ventiquattro ore da quel momento.
Ora so cos'è Liam anche se non so tutto quello che dovrò aspettarmi da lui.
Forse resterà lì a guardarmi vivere, spettatore silenzioso di questa esistenza tra altre milioni di esistenze che avrebbe potuto scegliere.
O forse un giorno inizierà a parlare, a raccontarmi di storie più complicate alle quali adesso non ho voglia di pensare. So solo che Liam è un agglomerato di cellule che non avrebbe dovuto esserci e che d'ora in poi dovremo convivere, qualunque cosa possa voler significare.

sabato 18 dicembre 2021

Col Sole Addosso

Fonte: wellnessfarm .it


Sabato 18 dicembre 2021, ore 13.
Il sole si appoggia sospirando alla finestra e con un salto inonda metà della mia cucina. 
Lo osservo spostarsi poco a poco, entrare sempre un po' più a fondo in questa stanza.

Sento un buonumore diffuso in me, lo avverto dentro da un paio di giorni.
Il cielo sereno, il mare calmo di questa mattina, i cani che si rincorrevano sulla sabbia, l'enorme albero addobbato in piazza, i cavalli bianchi sulla giostra, le foto che ho scattato, la mia tazza di Babbo Natale.
Spesso mi capita di fare una lista di cose che mi hanno reso felice durante il giorno e questo banale esercizio mi ha fatto render conto di quanto siano semplici le cose che mi fanno stare bene.
Sono una di quelle persone che non ha bisogno di fare chissà cosa per essere contenta. Ho il sorriso sulle labbra per delle vere piccolezze, forse le uniche davvero essenziali. 


Ore 15:55.
Quando sono entrata in negozio sorridevo. Sorrideva anche Fred, forse perché finalmente la sua settimana lavorativa si era appena conclusa. L'ho abbracciato, ci siamo scambiati un bacio casto attraverso la mascherina. Siamo scoppiati a ridere come due ragazzini.
E anche questo breve siparietto mi ha resa felice. 

Che poi di motivi per non essere così serena ne avrei, uno in particolare. Una preoccupazione latente che è lì ferma da un po' e che forse riuscirò a dissipare martedì mattina.
Non so cosa accadrà, cosa mi verrà detto, se questa preoccupazione è lecita o meno. E forse proprio perché non lo so preferisco pensarci il meno possibile, godermi questa felicità fatta di attimi minuscoli e meravigliosi che hanno un vero e proprio peso soltanto per me. 
E tutto il resto può aspettare, qualunque cosa sia. Io sono qui, vivo il presente, con questo sole meraviglioso che mi illumina tutta e che mi fa dire che il mondo resta un posto incredibilmente attraente nel quale vivere, nonostante le difficoltà e le brutture che inevitabilmente contiene. 

mercoledì 8 dicembre 2021

Raffiche

Fonte: sienanews .it



Forti raffiche di vento sferzano le imposte chiuse come se le volessero spezzare.
E' una serata da lupi, di quelle in cui in giro non si vede neanche un cane. Se ne stanno tutti rintanati da qualche parte, al coperto, chiedendosi quando questo brutto tempo finirà. 

E' stata una giornata silenziosa, tranquilla, di sospensione.
Anche se fino alle tre e mezzo del pomeriggio non mi sono fermata un attimo, ho trascorso le ore successive in totale relax. Pioveva e non mi importava, non vedevo e non sentivo alcunché di quello che avveniva al di fuori di queste quattro mura.
C'era solo questo starsene beati, senza una sola preoccupazione imminente, come se potesse bastare staccare un giorno per chiudere ogni dovere in qualche soffitta due piani più su. 
E anche se ad un certo punto tendevo ad annoiarmi, mi è bastato pensare alle tante cose che ho fatto fin dopo pranzo per dirmi che potevo sentirmi apposto così, senza necessariamente dovermi alzare a fare altro.

Ma se anche avessi voluto oziare tutto il giorno, sarebbe stata davvero una tragedia?
Di sicuro non sarebbe caduto il mondo, però l'immobilità non mi appartiene, non più.
Eppure ricordo che un tempo mi sentivo esattamente così, immobile. E che in quella sensazione di appiattimento stavo scomparendo. 
Ora che la mia vita è cambiata, che io stessa sono cambiata, sento di dovermi sempre muovere, agire, fare, spostare, sporcare, poi pulire. Fermarmi solo quando le pile sono completamente scariche, quando gli occhi mi si chiudono col sonno e non vi è più una sola cellula capace di tenersi in piedi.
Credo che la mia soddisfazione generale dipenda anche da questo: dalla quantità di tempo che passo tenendomi attiva. 

venerdì 3 dicembre 2021

Corda di Violino

Fonte: libero. it



E' dicembre da tre giorni e per la prima volta dopo un numero imprecisato di anni, sento che non mi dispiace. Un tempo amavo questo periodo, lo sentivo vibrare come una corda di violino dentro di me, ma poi esplodere in musica pian piano, giorno dopo giorno, mentre il tempo galoppava veloce verso il Natale.
E quella vibrazione, quella melodia, mi facevano impazzire di gioia.
Mi sentivo come su una nuvola, come se stessi camminando su strade più leggiadre, come se potessi fare le scale due a due, correndo, canticchiando un motivetto allegro. 
Ho avuto un animo fanciullesco per almeno vent'anni, il che è una buona media tutto sommato.
Ed ora che di anni ne ho trentasei penso di poterlo riavere indietro. Farmi di nuovo trascinare, ammaliare, conquistare da questo momento come non ce ne sono di eguali in tutto l'anno.
E non sarà come prima, magari.
Ma può essere bello comunque. Posso di nuovo sentirmi in quel modo, se voglio.
Chiudere gli occhi e lasciarmi condurre, come in un passo a due. Un ballo lento, guancia a guancia, con le palpebre serrate.