venerdì 28 maggio 2021

Trasparenze

 


Chissà perché a volte mi tornano in mente episodi che avrebbero potuto scivolare via come gocce su un vetro in un giorno di pioggia e che invece gli sono rimaste appiccicate addosso, quasi incagliate sulla sua superficie liscia, come a volersi far ricordare a tutti i costi.

E così è capitato che ieri pomeriggio, quando Mariano è entrato in negozio con la sua solita espressione allegra e sorridente, mentre gli passavo un pacchetto di sigarette mi ricordassi di quella sera.
Quella in cui, dopo tre mesi di vertigini e di non poter camminare dritta, di occhi appannati e dolori sfibranti, mi aggiravo ugualmente tra i tavoli esterni del negozio per ripulire tutto prima della chiusura.
Come se non stessi male. Come se tutto potesse procedere normalmente, incurante di quello che mi stava capitando dentro e addosso.
Quella in cui mi prese da parte, vedendomi così persa, annebbiata e stanca e mi disse che soffriva nel vedermi in quel modo e che anche se non volevo dirgli cosa mi stesse succedendo, avrebbe voluto rivedermi presto col mio solito sorriso, che tutto passava, che non sarebbe durato per sempre.
Ed erano parole di una semplicità disarmante, ma erano forse quelle che avevo bisogno di sentirmi dire. 
Avevo bisogno che qualcuno mi vedesse, che capisse. 

Ogni giorno servivo decine di persone che non si accorgevano di nulla; quella sofferenza era come trasparente. Era così presente eppure così invisibile.
Forse ero troppo brava io a dissimularla, a fingere, a barricarmi dietro una composta dignità.
O forse erano loro a non guardare oltre la facciata che gli mostravo. 
Addirittura un pomeriggio Spiken mi si fermò di fronte, come raggelato, per dirmi: "Quanto sei bella Sara. Oggi togli veramente il fiato." Ed io che il fiato non lo avevo, che a malapena riuscivo a distinguerlo con quegli occhi vacui che si spegnevano ad ogni mio movimento, mi chiesi come fosse possibile che tutta quella gente che perennemente mi stava di fronte non si accorgesse di nulla. Che lui stesso che quel giorno mi trovava più bella del solito non scorgesse alcuna variante, alcun parametro sballato, anche solo un ingranaggio inceppato. Come poteva veder bella me, che stavo così male, che faticavo anche solo a tenermi dritta con la schiena, senza rendersi conto di quale fardello mi stessi portando appresso?
Gridavo in silenzio e, giustamente, nessuno mi sentiva.
Nessuno, tranne Mariano.

E forse questi flashback improvvisi nella vita servono proprio a questo: a ricordarsi le persone a cui offrire la nostra riconoscenza e la nostra gratitudine, anche quando il tempo passa e le cose, fortunatamente, cambiano.

domenica 23 maggio 2021

Una Porta Chiusa

 
Fonte: La mente è meravigliosa


Ci sono persone che si riempiono la bocca di belle parole e che si sentono migliori degli altri. Più sensibili. Più profonde. Meno superficiali. Anime purissime, delicate, prive di macchie sporche.
Salvo poi comportarsi molto peggio di tutti coloro di cui si erano sentiti superiori.

Ma il problema non è la miseria umana, di cui tutti siamo portatori.
Il problema è restarci ancora male. 
Soffrirne.
Adombrare intere giornate per il comportamento puerile di qualcuno a cui, evidentemente, si è data sempre più importanza di quanta ne meritasse.

Scrivo questo post affinché in futuro, rileggendolo, mi sia da monito.
Perché a trentacinque anni, a quanto pare, necessito ancora di perfezionare l'arte del distacco. 
Pensavo che le barriere già erette in tempi non sospetti fossero sufficienti, ma in questa giornata di tempo strano mi sono resa conto che no, che forse non bastano mai.
Ci sarà sempre qualcuno con cui penserai di poter creare un rapporto decente, qualcuno a cui chiederai sempre come sta, qualcuno di cui ti preoccuperai, qualcuno che inviterai ad uscire, qualcuno che andrai a trovare a lavoro o a cui aprirai la porta di casa tua.
Qualcuno che un giorno ti deluderà e lo farà in modo così subdolo da insudiciarti le mani, il cuore, ogni sentimento pulito che gli avevi dedicato. 

Del resto questa stessa persona mi aveva già deluso profondamente mesi fa. 
Solo che ci ero passata sopra, o quantomeno avevo tentato di farlo. 
Sempre per la questione del non poter mica essere tutti perfetti, del tutti sbagliamo, dell'errare che è umano. 
E fanculo, sarà pure umano, ma subire un dolore si può giustificare una volta, la seconda c'è solo da chiuder la porta.

martedì 18 maggio 2021

L'Amore e la Cura

Fonte: Michelangelobuonarrotiètornato



Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie
Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo
Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore
Dalle ossessioni delle tue manie
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare
E guarirai da tutte le malattie
Perché sei un essere speciale
Ed io, avrò cura di te
[...]
Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza
Percorreremo assieme le vie che portano all'essenza
I profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi
La bonaccia d'agosto non calmerà i nostri sensi
[...]
Ti salverò da ogni malinconia
Perché sei un essere speciale
Ed io avrò cura di te
Io sì, che avrò cura di te.
(Franco Battiato).


Questa canzone, la cura, è probabilmente uno dei manifesti meglio riusciti sull'amore. Perché l'amore è principalmente questo, prendersi cura. Avere per l'altro quei gesti di riguardo e di accudimento che non sboccerebbero mai altrettanto spontanei qualora non vi fosse un legame profondo e sincero. Gesti che arrivano da dentro, da qualche anfratto di noi stessi di cui magari abbiamo ignorato l'esistenza per anni, di cui non ci eravamo neppure accorti. E poi eccoli lì, li vedi uscire all'improvviso, già pronti, perfetti o imperfetti che siano, ma comunque presenti, sfacciatamente vivi.
Tu che eri un gatto forastico e recalcitrante, diventi un mansueto agnellino. Ti capita e non puoi farci niente, nel momento in cui ti succede di voler includere una persona nella tua vita ci sei già dentro con tutte le scarpe, pronto a fare spazio a qualcuno di cui poco tempo prima ignoravi il viso, la voce, l'odore, le abitudini, il colore degli occhi. E quando tutta quella foga passa, quando il mistero lascia spazio ad una molle arrendevolezza, è lì che inizi a prenderti cura. E' lì che cominci ad amare.

Elogi per artisti che vengono a mancare non ne ho scritti mai e non lo farò neanche stavolta, men che meno per un uomo che ho seguito così poco da nutrire la sensazione di averlo conosciuto appena, come qualcuno che si guardi di sfuggita per poi volgere lo sguardo altrove. Sono stata superficiale, come lo sono spesso, e non dirò che da domani sarà tutto diverso perché non cambierà niente, continuerò ad essere superficiale e mi va bene così. Che certi incontri non li si può disporre per obbligo, li si deve fare quando il momento è propizio, quando quelle parole sono proprio quelle di cui si ha bisogno e sembrano giungere apposta, quasi inviate dal cielo.

Però di poesie ne leggo tante e questa è una poesia in musica, una di quelle che leggi più volte e lo fai in vari stadi della vita, perché se hai l'amore, senti che è così che lo vivi.
E se non ce l'hai, senti che è così che dovrebbe essere.


sabato 15 maggio 2021

Di Sera

Fonte: Frasimania. it



L'impagabile silenzio che avvolge ogni cosa quando la sera inizia a rovesciarsi nella notte.
Come un fiume che dopo tanto peregrinare si riversi nell'oceano esso si espande confondendo le sue particelle di muta rassegnazione con il manto scuro del cielo. 
Ed è lì, in quell'esatto momento, che sento di potermi finalmente rilassare. 
Che sento di poter far cedere gli argini. 
Sentire i muscoli afflosciarsi.
La mente disconnettersi.
La schiena perdere la sua naturale curvatura.
Gli occhi scendere a mezz'asta.
La vita stessa sgretolarsi. Perdere consistenza. Liquefarsi. 

Forse è in questo venir meno del controllo che ci sentiamo più vicini a noi stessi.
In questo disgregarsi di ciò che durante le ore diurne ci tiene in piedi. Che ci assorbe. Che si prende tutto di noi, ogni cosa.
Ed è solo quando l'impalcatura cede che torniamo vicini al nostro io più profondo.
Le luci si spengono.
Le automobili smettono di sfrecciare ovunque.
I rumori si quietano.
Le voci si smorzano. 
Ed io sono semplicemente io, carne mista a ossa, capelli, sangue e pensieri inutili.

domenica 9 maggio 2021

L'Altra Donna

Fonte: Pinterest


C'è una donna in questo universo che è la donna che meno mi assomigli in assoluto.
Certo abbiamo le stesse labbra, lo stesso colore di capelli. Abbiamo anche la stessa pelle che tende a macchiarsi al sole. Ma per il resto non esiste particolare che ci renda simili, affini in qualche modo.
Questa donna ed io ci conosciamo da sempre. Dopo la mia nascita, ma forse anche prima, non c'è stato un solo giorno in cui lei non mi abbia pensato, non abbia rivolto al cielo una preghiera per me.
Si era truccata solo il giorno del suo matrimonio ed era presto diventata una donna pratica, di quelle che si curano poco, che dentro i vestiti si nascondono, che abbassano lo sguardo quando vengono guardate dritto in faccia. Non indossava profumi, non metteva creme, non stendeva il rossetto sulle labbra. 
Non sapeva neanche cucinare perché era andata a lavorare prestissimo e in casa non c'era mai. Le insegnò la suocera, che di quegli insegnamenti le avrebbe fatto scontare ogni minuto passato insieme, avvelenandola un po' di più ogni giorno come solo certi serpenti riescono a fare.
E mentre crescevo e la guardavo mi rendevo conto di quanto fossimo diverse. Aveva alcuni sandali col tacco che appartenevano al suo periodo pre-matrimoniale e che teneva chiusi in un armadietto. Avevo appena cinque anni, me le infilai, mi parvero le uniche scarpe che potessi indossare da quel giorno fino all'eternità. Erano enormi ma ci andavo in giro fiera, felicissima, già una femmina in miniatura. Rise di me ma mi lasciò fare.
Non abbinava i colori ed ho sempre avuto la sensazione che non li percepisse appieno. Scambiava il fucsia col rosso, non riconosceva l'arancione. E allora andava in giro sempre vestita in modo un po' assurdo e tante volte ci andavo anche io, almeno fin quando non potei prendere le redini della situazione e scegliere per me.
Mi invaghivo dei prodotti di bellezza della vicina perché lei non ne possedeva, non li conosceva, non le interessavano. E quando andavo a casa di mia zia guardavo sognante il suo portagioie ricolmo di collane bellissime.
Avevo un cassetto pieno di borse e a sette anni chiesi ad una sua amica di comprarmi un rossetto, il primo della mia vita, che le tenni nascosto per anni e che indossavo di nascosto in bagno, ammirandomi allo specchio, per poi pulirmi le labbra con la carta igienica prima di uscire di nuovo.

Quella donna era ed è mia madre.
Che ha dedicato la sua vita agli altri, a noi, tenendo sempre così poco per sé stessa.
E nel frattempo vedendo crescere questa figlia che non le assomigliava per niente, che man mano le diventava più estranea, più distante, meno allineata. 
Se solo penso agli scontri, alle liti, alle parole che mi rigettava addosso come fossero pietre. Perché sapeva amarmi solo così, a quell'epoca, e non capiva che il mio diventare donna non le avrebbe tolto alcunché. Non c'erano abbracci, coccole, confessioni. C'era solo quella distanza dolorosa che ci pesava addosso. E allora io iniziai la mia crescita mangiando troppo. Poi mangiando poco. Poi tagliuzzandomi qui e là. Mi guardavo allo specchio e cercavo di riconoscermi, di comprendermi, di percepire cosa ci fosse al di là di quella sensibilità troppo acuta che un giorno avrei nascosto, barricato, incarcerato. 

E ora che è tutto diverso mi chiedo come abbia potuto scrivere queste cose proprio stasera, che è la festa della mamma e che avrei dovuto celebrare questa donna che per me ha fatto tutto quello che si potesse fare, invece di rivangare storie lontanissime che non servono più a nessuno. Dopo anni in cui l'ho vista amarmi in modo così forte, così intenso, così incredibilmente vicino nonostante la distanza.
Anno dopo anno quella ragazza dalla vita complicata è diventata un'altra donna e c'è una sola cosa che non sia cambiata mai, l'essersi annullata per noi, l'aver vissuto per crescerci, per sostenerci. Prima senza mezzi, poi imparandoli strada facendo mietendo errori come vittime. Me li sento ancora addosso ma li ho perdonati tutti perché quando smisi di mangiare la prima volta non ci fu persona che più di lei mi aiutò ad uscire da quel vortice. Ed ancora oggi continua a guardarmi nel piatto, ad aver timore che smetta di nuovo, che non mi nutra a sufficienza. Sempre con quella paura latente di vedermi scomparire.

Non saprò mai essere come te mamma.
Non potrò mai uscire di casa senza essermi guardata allo specchio, aver abbinato i colori, indossato un paio di belle scarpe, messo il rossetto sulle labbra.
Non potrò mai cucinare per tante persone e farlo con gioia, col sorriso, con quell'anima materna che a poco a poco è diventata il tuo marchio di fabbrica.
Non potrò mai starmene ferma per ore davanti alla tv. O non potrò mai stare ferma in generale, che non so più come si fa.
Non potrò mai essere una madre che ha rinunciato a tutto il resto per i figli, mettendoli al primo posto sempre, azzerando le proprie esigenze per ascoltare unicamente le loro.
Non sarò mai così accogliente, così chioccia come sei diventata, così premurosa. Avrò sempre spazio per me stessa, prima che per chiunque altro, portando alta la bandiera di un egoista individualismo di cui non mi pento neanche un po'.
Non potrò mai, mamma. Non potrò perché non sono te. E a volte penso che questa femminilità spesso esasperante ed esasperata sia stata tirata fuori proprio dall'assenza della tua, mortificata sempre, nascosta, messa da parte. 
Sono questa mamma e in fondo lo devo anche a te, alle nostre differenze, a tutto quello che ci divide e a quella cosa, però, che ci terrà sempre unite. L'amore.

giovedì 6 maggio 2021

Un Mondo Nuovo

 
Fonte: verdeazzurronotizie .it


Di maggio non ho mai potuto pensare che fosse un mese come tutti gli altri.
Magari paragonabile ad altri come ottobre o febbraio, che al confronto non possono far altro che impallidire e abbassar la testa, mesti.
Maggio è un mondo nuovo concentrato in un lasso temporale di trentuno giorni.
E' un mese di rinascita, di promesse, di batticuore, di ormoni svegli come cavallette, di profumi unici, di fiori coloratissimi, di papaveri rossi lungo le strade.
E' il mese delle spighe che iniziano a germogliare, del cielo che torna limpido, dell'erba che ricomincia ad esser verde, degli alberi di giuda che riempiono i viali di gemme rosa.
E' il mese dell'aria frizzante al mattino e alla sera e del primo dolce tepore di metà giornata.
Di un sole che inizia finalmente a scaldare.
Dei panni stesi all'aperto che ricominciano ad asciugare nei giusti tempi in uno sventolio armonico che profuma di cotone.
E poi i fiori sui balconi, le prime piante di basilico, le fragole, la festa della mamma.
Le rose.
Mio dio, le rose. Che svettano su ogni terrazzo, presso ogni giardino, colorando le case, le strade, mi sembra quasi il mondo intero.
Si respira meglio a maggio, si possono chiudere gli occhi e sentirsi invadere i polmoni di buonumore. 
Non c'è nulla che non possa succedere a maggio. 
A maggio si può essere felici. Quasi si deve, perché se lo aspetta.