Ero seduta in terrazzo, con il sole in faccia, le mie piante fiorite intorno, un quaderno rosso aperto sulle gambe. Mi hai mandato un messaggio, mi hai chiesto se potevi chiamare o se mi avresti disturbato.
Ma no che non disturbavi, tu non disturbi mai.
Che ci sono pochissime persone al mondo che potrebbero chiamare anche nel cuore della notte e trovarmi pronta per loro e tu sei tra quelle.
Ti era successa una cosa spiacevole, eri scossa, avevi bisogno di sentire la voce di una persona a cui vuoi bene per calmarti. E quella persona ero io.
Mi si è sciolto il cuore.
Conduciamo due vite così diverse, ora. Distanti, impegnative, frenetiche.
Ci si sente così poco e quasi sempre per messaggio perché spesso non si trova neanche un orario in cui esser libere entrambe per una telefonata.
Ma un messaggio non è la tua voce, non è la mia voce.
E allora ieri, sotto quel sole caldo del primo vero pomeriggio di primavera di quest'anno, mi ha fatto uno strano effetto.
Come se entrambe avessimo viaggiato in apnea e finalmente avessimo potuto tornare a respirare un po' in quel momento di condivisione.
Abbiamo parlato del presente, del passato.
Di quelle pizze nel nostro ristorante preferito in Piazza della Vetreria. Delle passeggiate che facevamo subito dopo, delle chiacchiere, di quei momenti tutti al femminile in cui io ero soltanto io e tu soltanto tu.
Mi hai detto che non sei più la stessa, che quella ragazza di un tempo ora ti fa tenerezza. Ho sorriso. Anche io non sono più la stessa, ma che senso avrebbe avuto vivere questo decennio se non ci avesse cambiate, se fossimo rimaste le stesse due ragazzine di allora?
Siamo state al telefono a lungo, separate solo da quel piccolo schermo che si scaldava a contatto con l'orecchio.
Fisicamente distanti, emotivamente così vicine che ad un certo punto mi sono sentita morire un po', quando è uscita fuori la storia della nostalgia che proviamo l'una per l'altra, il bisogno che avremmo di una giornata tutta per noi, di una serata fuori, di chiacchiere ad oltranza e di quelle cose senza senso che fanno troppo bene al cuore per poter essere anche ragionevoli.
Ci ripenso e mi scende una lacrima perché mi rendo conto di quanto nella frenesia della vita spesso si tendano a nascondere picchi di dolore dietro pile gigantesche di doveri o di svaghi provvisori.
Per non vederli, per non sentirli, per non farsi schiacciare.