martedì 29 settembre 2020
La Rispostaccia
venerdì 25 settembre 2020
Aroma di Caffè
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Fonte: ilmessaggero. it |
Sono a lavoro, chiusa nel mio recinto come una gallina che abbia già fatto il giro di tutto il pollaio più volte e che voglia aspettare almeno un'ora prima di tornare a vedere se per caso i sassi si siano spostati o se il gallo abbia fatto le uova al posto suo. Fuori il vento tira fortissimo e vedo le piante piegarsi forsennatamente, farsi scudo contro la furia ambientale con i loro possenti rami. Alberi stoici, che non si lasciano abbattere. Prendono la vita come viene, se ne stanno al limitare del campo incolto qui di fronte come stolidi guardiani incorruttibili. Io mi preoccupo per loro, per quell'agitarsi del fogliame intorno al tronco per ore, da giorni. E loro invece, saggi e possenti, non se ne curano affatto. Sanno che tutto passa, anche il vento, la grandine, la neve d'inverno o il solleone in estate. Mi dico che vorrei esser così. Forte, solida, matura, cavaliere senza macchia e senza paura.
Nell'aria c'è profumo di caffè. C'è sempre profumo di caffè, ovviamente. Ad un certo punto non lo senti più, diventa parte integrante dell'aria che respiri. E' lì con te, parte di te, molecola indissolubile della tua divisa e di ogni fibra dei tuoi capelli ricci. Le ore oggi passano lente e ridondanti, una uguale all'altra. Più che passare si trascinano, meste e mosce come questa stagione detestabile. Ieri sera parlavamo con Fred di quanto i mesi siano passati veloci pur nella loro indiscutibile pesantezza. L'altro ieri era febbraio e succedeva quel che succedeva col nostro ex dipendente. Si azzerò ogni cosa, di me. La fame, la voglia di fidarmi ancora. E mentre queste cose si azzeravano altre crescevano a dismisura dopo l'emergenza covid. La preoccupazione, l'ansia, la paura, le responsabilità, i pensieri. E oggi è quasi ottobre e dopodomani sarà Natale e un altro anno sarà andato via col suo carico di bestialità.
Tutti coloro che entrano qui dentro si sentono in diritto di guardare il mio corpo e di chiedere che dieta abbia fatto. Mi scrutano. Sento i loro occhi scandagliare ogni centimetro di me ed io mi sento così esposta, così riluttante anche solo ad affrontare questo argomento, così poco incline a parlare dei fatti miei con chicchessia. Che gli dovrei dire? che il peso è calato da solo perché non mi andava di mangiare nulla e ogni giorno mi sono allenata perché non sopportavo di restare ferma? E pensate che lo capirebbero? che pensino quello che vogliono, allora. Che non mi piacevo, ad esempio, anche se invece mi trovavo carina anche prima. Dunque forse sono un albero anche io. Me ne resto ferma nelle mie convinzioni, nelle mie sensazioni, nella voglia di non fare della mia vita un pettegolezzo che poi si possa passare di bocca in bocca fino a diventare un'altra cosa, un quadro astratto, linee sottili che via via si deformino fino a diventare niente.
mercoledì 23 settembre 2020
Il Temporale
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Fonte: quinewspisa.it |
Fuori imperversa il temporale, che mi fa lo stesso effetto di quando ero appena una bambina. Tachicardia, tremore, la sensazione di essere solo un puntolino insignificante all'interno di un universo enorme. Mi fa paura, non so come altro potrei chiamarla. Riempio il tempo con mille cose da fare per non doverlo ascoltare troppo, per non lasciarmi abbattere da tuoni e fulmini offrendogli un potere che avrei dovuto togliergli anni fa, come in fondo fanno tutti. Si cresce e ci si scrollano di dosso i terrori infantili. Il buio, i rumori molesti, tutte quelle cose lì. E invece torno a respirare nel modo giusto solo quando il temporale si allontana, quando mi accorgo che non potrà farmi del male. Come se fosse una minaccia, si.
E' rinfrescato. Vedo la pelle delle braccia e delle gambe irrigidirsi come quella di un'oca. E' tornato anche il silenzio ed ho chiuso le finestre per lasciar fuori il fresco e i rumori della strada. Mi piace questo lieve ritorno alla normalità, anche se il cuore galoppa ancora un po'. E' arrivato l'autunno, secondo solo all'inverno per stagione peggiore dell'anno, quantomeno per me. Mi rende più triste e spenta, come se la sua sola presenza potesse innaffiarmi la testa di inquietudini nuove di cui in estate o in primavera non immaginavo neppure l'esistenza. Cambio letteralmente, mi affloscio come quelle foglie rossastre che iniziano già a cadere ai bordi delle strade. Erano verdi ed incantevoli solo due mesi fa ma eccole ripiegarsi su sé stesse e staccarsi, planare fino al suolo e lì restare fin quando non diverranno polvere anch'esse.
Non è triste quella caduta? non fa un po' male al cuore? non ci ricorda che tutto ha un inizio ed una fine, che niente è destinato a durare per sempre? Ad un certo punto le vedi tutte lì per terra quelle foglie, pronte a lasciarsi trascinare dalla pioggia, dalla fanghiglia, dal vento. Morte, assassinate, presenze macabre di una festa ormai finita.
sabato 19 settembre 2020
I Mille Pezzi di Un Puzzle
Fonte immagine: midirasnur. org
Ore 14:59.
Sono in negozio. In veranda c'è una coppia che conosco con la bambina di 4 anni. Forse si sono amati un tempo, ma ora discutono animatamente. Non vivono più insieme, si sono allontanati già da diverso tempo. Ed ora vedo lei che fuma e gesticola, la bimba che gioca apparentemente incurante del clima teso tra i due, lui che non alza la voce ma si alza e si riabbassa sulla sedia di continuo, preda di una strana agitazione. Non litigano nel vero senso della parola, ma tra loro vi è una tensione palpabile, come se stessero maneggiando polvere da sparo accanto ad una fiamma lasciata quasi incustodita.
Perché è così difficile comunicare? perché è così complicato parlarsi? Perché quando finisce un sentimento ci si ritrova come all'interno di una stanza, chiusi col proprio carceriere? Dove finiscono la complicità, i ricordi, le notti passate a letto a far l'amore, le gite fuori porta, le cene rimediate in fretta, gli sguardi innamorati?
Com'è che due persone un tempo affiatate e coinvolte diventino peggio di due estranei? Quando si smette di amare la pelle di un altro essere umano e iniziare ad odiarne anche l'odore? Come è possibile che tutto quel che di bello c'è stato bruci fino a diventare cenere? Lo so che nulla è eterno, lo so che i sentimenti cambiano come tutto il resto su questo mondo. Lo so eppure non mi capacito di questo stravolgimento, del passaggio rugoso dall'amore al detestarsi. Forse è questa la parte peggiore. Non il sentimento che muore, ma quello a cui lascia il posto. Il rancore, l'astio, il senso di smarrimento, la terra che trema sotto i piedi, la sensazione di aver perso tempo o di non aver saputo stringersi più forte quando i muri iniziavano a crollare. E da lì le grida, il furore, lo strimpellio di un'anima sdrucita sull'altra, l'arrancare, il non riuscire a sopportarsi, l'odio che diventa parte della pelle, dei capelli, dei piedi, delle gambe, che si impossessa delle mani e delle braccia.
Da alcuni giorni andando a lavoro calpesto pezzi di un puzzle gettati senza cura sulla strada. Sono lì, abbandonati e soli, ciascuno perso sui suoi millimetri di asfalto, incapace di ricomporsi agli altri pezzi. Alcuni sono stati falciati via dalle auto che passano di lì. Altri hanno cambiato colore. Qualcuno dev'essersi perso chissà dove. Ma nessuno di loro, nessuno, ha potuto riappropriarsi dei pezzi mancanti, costretto ormai a bastarsi da sé, coi suoi angoli rotondi che non verranno più riempiti. Ed è forse così anche per quegli amori caduti, morti, estirpati dal cuore. E ti ritrovi stanco, sfibrato e solo a chiederti dove siano andati quei pezzi che un giorno ti tenevano caldo e che ora ti fanno sentire freddo, che ti premono addosso solo per ricordarti che qualcosa è morto, morto per sempre, e non tornerà. Che quella voce che un tempo ti accarezzava ora ti urla addosso, che quelle mani che prima ti stringevano ora ti si agitano contro per chiederti di tacere.
Si sono alzati. La bimba va col papà, la madre tira un po' il fiato. E tutti e tre mi appaiono troppo stanchi anche solo per alzare gli occhi al cielo.
mercoledì 16 settembre 2020
Gabbiani
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Foto Mia. |
lunedì 14 settembre 2020
Insieme
venerdì 11 settembre 2020
Cambiamenti
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11 Settembre 2020, ore 11:48.
Sento tuonare in lontananza e mi accorgo di un'improvvisa folata di vento che scuote lo stendino in balcone.
Ore 15:41.
La pioggia è cessata da un'ora.
Ma tutto intorno, l'erba, il cielo, le piante, sembrano esser passati indenni all'acquazzone, ancora aridi e assetati, ancora pezzi di estate caldissima.
Io sono in negozio che un po' servo la gente, un po' penso ai fatti miei. Al fatto che non cucino più col desiderio di farlo, ad esempio. Ed è da così tanto tempo, che questo avviene, che quando poi ho qualcuno a casa mi sento come se avessi scordato tutto, come se la cosa mi cogliesse del tutto impreparata. Mi manca la gioia di farlo, la contentezza di preparare qualcosa per qualcuno che poi la mangerà e ne sarà felice. Eseguo gesti meccanici dettati dall'obbligo di preparare da mangiare ma qualcuno un giorno mi disse che la cucina è amore e io quell'amore di stare in cucina non lo provo più. Forse proprio per quell'assenza di spazi adatti. O per i tempi ristretti in cui devo far tutto. O per il pensiero quotidiano di cosa portare in tavola. Che poi a me non importa più di mangiare, mi nutrirei di sole erbe come le capre, tutto ciò che è elaborato mi sfinisce o mi fa stare male.
Un discorso uscito così, senza alcuna premeditazione. Domenica verranno a trovarmi i miei genitori, non sono più venuti qui da maggio dello scorso anno. Li ho invitati io e mi sono battuta affinché le reticenze di mio padre a viaggiare venissero appianate, almeno stavolta.
Logica vorrebbe che preparassi loro un pranzo con i fiocchi, no? che mi mettessi ai fornelli al mattino, come una perfetta donna di casa, con i riccioli alzati e un bel grembiule a quadretti. E invece ho elaborato il menu meno impegnativo che conosco. Buono, per carità, ma di quelli che richiederanno un minimo sforzo da parte mia.
Sono irrecuperabile. Mia madre se la sarebbe meritata una figlia perfetta che cucina col sorriso sulle labbra, instancabile. E invece eccomi qui, la tizia che un tempo sperimentava con gioia e che adesso, solo a pensarci, le viene il torcicollo.
martedì 8 settembre 2020
Ossa
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Fonte: sognipedia. it |
giovedì 3 settembre 2020
Il Grappolo d'Uva
Mi chiedo se voglia cambiare anche me, farmi maturare come un grappolo d'uva.
In un certo senso, di questa preparazione verso il nuovo, io sono elettrizzata.
Il cielo sul mare disegnava nuvole imperfette che mi guardavano vanitose, spronandomi a fotografarle, a catturare quegli istanti irripetibili, perché ce ne sarebbero stati molti altri, ma avrei perso quelli se non li avessi immortalati.
Ed eccomi dunque a farli miei, a ripetere scatti di cui ne avrei scelto uno solo, l'unico che mi avesse riportato a quel momento, un domani qualsiasi, anche tra mille anni.
La spiaggia era solitaria ma non desolata e in quell'istante, in quella solitudine così piena e bellissima, ho pensato che sarei andata incontro a questo settembre senza osteggiarlo, lasciandomi cullare.