mercoledì 24 giugno 2020

Elena

Fonte: efficacemente. com

La foto di un test di gravidanza positivo.
Una didascalia simpatica ed irriverente.
Un tuffo al cuore. Il mio.

Perché Elena non è una persona qualunque e non lo sarà mai.
Elena è una delle mie due migliori amiche. Quella che ho ritrovato tre anni fa in un momento di totale confusione.
Ritrovata per merito suo, ovviamente. 
Perché Elena è così. Se ti ama non ti lascia andare.
Lei si fa beffe dei tuoi silenzi, della tua idea di riservatezza, del tuo carattere schivo.
Lei ti vuole nella sua vita e fa di tutto affinché tu ci sia.
Salta il lavoro per farsi un'ora di macchina in un giorno rovente d'agosto solo per poterti riabbracciare. 
Ti racconta le sue miserie con una naturalezza che quasi ti sconvolge. E poi accoglie le tue con la stessa trasparenza. 
E da lì non ti lascia più, ti tiene con sé nonostante i tuoi difetti, la tua testa tra le nuvole, la tua presenza incostante e tutta quella serie di cose di cui non vai fiera ma che a lei vanno bene ugualmente, perché capace di guardare anche tutto il resto ed apprezzarlo, quel resto, giudicarlo troppo bello e prezioso per togliere la sua mano dalla tua.
E' dentro di te sempre, si fa guardare mentre in un momento di fragilità si sente cadere in pezzi. E così ti dà inconsapevolmente modo di ricambiare la sua presenza, di esserle vicina come lei ha saputo essere.

Ed ora c'è un grumo di nuove cellule nel suo utero. 
E quel messaggio, arrivato alle otto del mattino a farmi scoppiare il cuore e l'anima di una gioia incontenibile, è tra le cose più belle che mi siano capitate quest'anno. O nella vita intera.
Perché quando vuoi bene a qualcuno, e gliene vuoi davvero, senza retorica, non puoi fare a meno di condividere la sua gioia come se fosse anche la tua.
E lo è davvero, la tua.
La senti dentro che si manifesta con la stessa potenza esplosiva di una detonazione,

lunedì 22 giugno 2020

Aria Calda


C'è un vento leggero di aria bollente. 
I panni stesi sventolano e si asciugano in fretta. 
Io vorrei solo poter chiudere gli occhi e dormire.
E invece sono qui che inizio a prepararmi per un'altra giornata lunga e faticosa.
Ho trascorso una domenica splendida e già non ve n'è più traccia.
Come se si fosse trattato solo di un sogno, di uno scherzo della mente. 
Ho delle foto incantevoli a testimoniare che è tutto vero, che sul serio mi trovavo altrove. Che stavo ridendo, che ero immersa nel verde e tra i fiori, che Fred aveva il volto rilassato e contento e che le solite preoccupazioni sembravano lontanissime.
Ma oggi è di nuovo lunedì. Il primo giorno di un'altra stressante e faticosa settimana dopo troppe altre stressanti e faticose settimane. 
E quello che c'è stato ieri è ormai solo una parentesi, appartiene già al passato.
Avrei voluto che si trattenesse ancora un po', che quelle sensazioni mi passeggiassero addosso ancora per un giorno o due. E invece se ne sono andate, mi hanno lasciata sola ad arrancare.
Perché si, sto davvero arrancando.
E' la fatica della vita, mi dico. 
Una fatica normale e giusta, che non ammazza nessuno.
Ma su questo, ahimè, ho qualche ragionevole dubbio.

Ho bisogno di una vacanza.
Di staccare davvero la spina, l'interruttore, tutto quel fascio nervoso di corrente che mi tiene appesa al muro giorno dopo giorno.
Vorrei ma non posso.

mercoledì 17 giugno 2020

666

Fonte: livornotoday. it


E' il post 666 di questo blog.
E quindi verrà un capolavoro o una schifezza.
Sono più portata a credere che sarà una schifezza, calcolando che lo sto scrivendo alle 23 di un qualunque mercoledì di lavoro e di tante altre cose.
Dopo il lavoro ho fatto la doccia, steso il bucato, mangiato una minestrina, trascorso un po' di tempo con Fred. Fuori è umido e non gira un'anima. E' una serata scura, rischiarata solo dai lampioni. Non ci sono stelle, ma del resto qui ne ho sempre viste pochissime.

Ricordo le serate d'estate in campagna, con il cielo nero e miriadi di puntolini luccicanti. Non c'era null'altro da fare che guardare in su, lasciarsi cullare da tutta quella bellezza e dai soliti pensieri sull'universo, sul sentirsi piccoli ed insignificanti, forse un po' anche sulla solitudine.
Il frinire dei grilli, magari un gatto a tenerci compagnia.
Erano attimi tutt'altro che banali. Nella loro semplicità, erano serate ricche di completezza.
C'erano gli affetti, c'era quel cielo così profondo e carico di promesse, c'era la sensazione di finire la giornata nel modo giusto. Senza correre, con calma. C'erano anche i soliti discorsi che alla fine non annoiavano mai.
Forse questo post 666 sembrerà nostalgico. In realtà non ripenso a quei momenti con malinconia, sono solo felice di averli vissuti e di essermi presa un attimo per ricordarli, per riportarli qui con me.

lunedì 15 giugno 2020

Numeri Dispari

Fonte: grottaglieinrete. it


Pensavo che mi sarebbe piaciuto essere una persona creativa. Ordinata. Pratica.
Una di quelle donne che con le mani sanno fare piccole magie.
Che se hanno un solo foglio di carta, con quel foglio sanno creare un perfetto biglietto di auguri.
E invece io sono la solita pasticciona me.
Che con un solo foglio di carta ricavo beh...niente. Un foglio di carta scritto a mano con un paio di cuoricini. Che sono persino riuscita a sporcare e stropicciare.
E nessuno sa meglio di me che Fred meriterebbe il mondo intero dalle mie mani. Palloncini che riempiano casa. Una festa a sorpresa. Dolciumi. Un giorno speciale per il suo compleanno.
Ma la verità è che se anche mi impegnassi io non ci riuscirei. Perché non sono una di quelle donne creative che avrei tanto voluto essere. Sono la disorganizzazione fatta persona.
Faccio tutto all'ultimo minuto arrivando trafelata e col fiatone. 
E le pulizie. E il pranzo. E lo sport. E la doccia che non finisce mai. E i panni stesi. E il lavoro. E la mascherina. E i guanti. E il caldo che inizia ad asfissiare.
E quindi niente. Alla fine è stato un giorno di lavoro come tutti gli altri.
Anche se sono sette anni che vivo in questa casa, con lui. E anche se oggi lui di anni ne compie trentasette. 
Il mio amore.
Scusami tesoro. Scusami se non sarò mai la compagna di vita esemplare che meriteresti.
E soprattutto auguri.
Perché sei un essere speciale. Ed io - a modo mio - avrò cura di te.

giovedì 4 giugno 2020

Di Oggi e di Ieri

Fonte: pixtury. com

Sotto la mascherina mi sono riempita di bolle rosse.
I guanti mi distruggono le unghie.
A volte arrivo a sera stanca da morire.
Ma tutto sommato sto bene.

Ora inizio a lavorare alle 13 e continuo fino alla chiusura serale.
A volte ci sono momenti in cui vorrei scappare, eludere le gabbie e fuggire via.
Mi succedeva anche a scuola, guardavo il cielo oltre le finestre e sognavo di essere lì fuori.
Forse non si cresce mai abbastanza. O forse dovrei dire che non si cambia mai del tutto. Qualcosa di noi bambini resta latente anche col passare degli anni.
E di me dev'essere rimasto questo senso di insofferenza, di intolleranza a rimanere all'interno di uno stesso luogo per più di qualche ora.
Guardo la strada, l'erba, gli alberi, le vetture che sfrecciano al di là della veranda.
Li guardo come una via di fuga.
Ma fuga da cosa? dal lavoro, dalla vita, dai doveri?
Li abbiamo tutti, non è qualcosa che ci si possa togliere come d'estate i maglioni.
Mi piace il mio lavoro e non vorrei fare qualcosa di diverso.
Eppure mi ritrovo ad agognare la libertà quando sono dentro, nello stesso modo in cui avrei voluto poter lavorare di più durante il lockdown.
Ambivalenze, contraddizioni, sentimenti contrastanti.
Anche questo resta di me bambina nell'adulta.

Alle elementari guardavo gli alberi a pochi metri dall'aula. Mi chiedevo perché dovessi restarmene lì rinchiusa quando avrei potuto sedermi lì sotto, libera, inalare aria nuova, diversa, meno opprimente di quella stagnante della classe.
Ed ero una delle più diligenti. Nessuno avrebbe mai potuto intuire i miei pensieri, il mio desiderio di fuga, la pesantezza delle catene che mi sembrava di portarmi addosso.
Anche per questo non penso mai con gioia agli anni della scuola.
Tutte le volte mi sento come se un cappio mi si stringesse attorno alla gola e dovessi cambiar pensiero per tornare a respirare.