"Penso che se dimagrissi cinque chili sarei più bella".
"E' impossibile".
"Dimagrire cinque chili?"
Mi giro verso di lui, completamente spiazzata.
E non so perché ancora mi stupisco, dopo quattordici anni e mezzo, della purezza dei suoi sentimenti, del modo in cui i suoi occhi mi guardano.
Lui che mi guardava così anche quando ero solo una rosa ricoperta di spine, anche quando ne avevo pure sopra i petali, lungo tutta la superficie del mio stelo, persino sulle foglie.
Ero un diamante grezzo del cui brillare s'avvedeva solo lui.
E ancora oggi, in mezzo a tanti occhi che mi scrutano ogni giorno al di là di un bancone di marmo verde, gli unici che spicchino per sincerità sono sempre i suoi. Gli unici il cui sguardo si poggi leggero, aggraziato, innamorato. L'unico che abbia attraversato il deserto, e le ripide salite, e dunque il ghiaccio, la neve, il vento gelido.
Mi piacerebbe potermi guardare attraverso i suoi occhi, anche solo per un istante. Capire cosa vede in me di tanto speciale, di unico. E allo stesso tempo mi piacerebbe prestargli quell'ammasso di carne rossastra che ho in mezzo al petto e fargli sentire quell'intenso vibrare che lo possiede quando mi sta accanto. O quando anche solo penso a lui.
Mi piacerebbe potermi guardare attraverso i suoi occhi, anche solo per un istante. Capire cosa vede in me di tanto speciale, di unico. E allo stesso tempo mi piacerebbe prestargli quell'ammasso di carne rossastra che ho in mezzo al petto e fargli sentire quell'intenso vibrare che lo possiede quando mi sta accanto. O quando anche solo penso a lui.
Poi mi dico che no, non avrebbe senso prestarsi gli organi. Che certi sentimenti vanno vissuti ad occhi chiusi, senza dover capire, senza indagare la potenza di ciò che prova l'altro. Che è bello così, ognuno col proprio sentire, ciascuno con il rimestio delle proprie emozioni.