Fonte: inchiostroverde. it |
Osservo la pioggia abbattersi sull'asfalto scuro.
E' nero come pece, buio nella stessa sfumatura impenetrabile del cielo.
Sfrecciano automobili di cui si distinguono appena i fari e osservo anche loro come se fossero spettacoli attraenti, attori di un palcoscenico per il quale abbia pagato il biglietto.
E invece è solo un modo come un altro di far passare il tempo, di mandare avanti questo pomeriggio lavorativo spento.
Le stesse facce, le stesse voci grondanti frustrazione o allegria o un mondo intero di cose a cui non presto più ascolto. Forse è questo che succede quando fai questo lavoro per tanto tempo. Smetti di ascoltare. Senti ma non presti attenzione.
Lasci l'involucro a disposizione delle persone. Accendi un sorriso che conoscono già. E nel mentre è tutto un intreccio di pensieri che nulla hanno a che fare con tutto questo.
Sono completamente presente solo quando sto effettivamente lavorando. Allora lì mi concentro al punto da isolarmi da tutto ciò che non sia l'azione che sto compiendo.
E' il chiacchiericcio infinito il malanno da cui mi escludo, quello che tengo fuori, distante. Da cui rendermi inaccessibile.
Detesto quei discorsi sempre uguali, quelle lamentele sterili e puerili, quei commenti stantii già espressi nello stesso identico modo altri milioni di volte.
E allora rimane la pioggia. L'asfalto nero. Il cielo buio e impenetrabile.