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Fonte: ilmeridio. it |
Dicono che la fine di un anno sia tempo di bilanci.
E allora mi trovo di fronte a questa pagina bianca senza sapere come riempirla.
Non mi piacciono, detesto dover rendere conto persino a me stessa di quello che ho fatto e come. Trovo terribile mettere tutto sul bilancino e pesare ciascuna azione, come se la vita fosse un percorso in cui contino solo gli obiettivi raggiunti, le sfide vinte, quello che si è imparato. E, per contro, ci si dovesse indignare dei fallimenti, delle cose che sono andate storte, dei propositi non mantenuti.
La mia vita non è fatta di numeri, di dati da elencare, di emozioni da incanalare e poi etichettare come se dovessi surgelarle.
Non lo so cosa ho imparato, non so neppure se l'ho fatto. So solo che ho voluto sentire fino in fondo ogni attimo. Morderlo, agguantarlo, trattenerlo.
E che, quando poi quest'attimo per forza di cose è fuggito via, ho preferito pensare al successivo e poi a quello dopo ancora. Come un equilibrista che metta un piede dopo l'altro, senza guardare in basso né indietro, sono andata avanti, semplicemente. Sono andata verso l'unica strada che ho ritenuto possibile.
Non molto tempo fa ho letto sul blog di Digito Ergo Sum una frase che diceva pressappoco questo: "Sono convinto che le persone facciano quello che possono, non quello che vogliono".
Ed ho fatto così, quest'anno. Quello che potevo, al meglio, non sempre nel miglior modo possibile, ma certamente nel modo migliore per me. Secondo le mie possibilità, conoscendo le mie limitazioni e senza barare.
Ho fatto bene, ho fatto male? Non me ne importa. Ho fatto quello che ritenevo di dover fare, in ciascun momento. Ho provato ad essere felice e questo è quanto.
E per il 2019 non ho propositi con cui sovraccaricarmi le spalle, se non di fare esattamente questo, ancora e ancora, per tutta la vita. Procurarmi la gioia, mantenere l'entusiasmo, camminare fino a sfinirmi, catturare le emozioni.