domenica 30 dicembre 2018

Senza Bilanci

Fonte: ilmeridio. it


Dicono che la fine di un anno sia tempo di bilanci.
E allora mi trovo di fronte a questa pagina bianca senza sapere come riempirla.
Non mi piacciono, detesto dover rendere conto persino a me stessa di quello che ho fatto e come. Trovo terribile mettere tutto sul bilancino e pesare ciascuna azione, come se la vita fosse un percorso in cui contino solo gli obiettivi raggiunti, le sfide vinte, quello che si è imparato. E, per contro, ci si dovesse indignare dei fallimenti, delle cose che sono andate storte, dei propositi non mantenuti.
La mia vita non è fatta di numeri, di dati da elencare, di emozioni da incanalare e poi etichettare come se dovessi surgelarle.
Non lo so cosa ho imparato, non so neppure se l'ho fatto. So solo che ho voluto sentire fino in fondo ogni attimo. Morderlo, agguantarlo, trattenerlo.
E che, quando poi quest'attimo per forza di cose è fuggito via, ho preferito pensare al successivo e poi a quello dopo ancora. Come un equilibrista che metta un piede dopo l'altro, senza guardare in basso né indietro, sono andata avanti, semplicemente. Sono andata verso l'unica strada che ho ritenuto possibile.
Non molto tempo fa ho letto sul blog di Digito Ergo Sum una frase che diceva pressappoco questo: "Sono convinto che le persone facciano quello che possono, non quello che vogliono".
Ed ho fatto così, quest'anno. Quello che potevo, al meglio, non sempre nel miglior modo possibile, ma certamente nel modo migliore per me. Secondo le mie possibilità, conoscendo le mie limitazioni e senza barare.
Ho fatto bene, ho fatto male? Non me ne importa. Ho fatto quello che ritenevo di dover fare, in ciascun momento. Ho provato ad essere felice e questo è quanto.
E per il 2019 non ho propositi con cui sovraccaricarmi le spalle, se non di fare esattamente questo, ancora e ancora, per tutta la vita. Procurarmi la gioia, mantenere l'entusiasmo, camminare fino a sfinirmi, catturare le emozioni. 

giovedì 27 dicembre 2018

Incanto

E' il 27 dicembre ma è ancora un po' Natale, qui.
Sono in ferie per qualche giorno, sono a casa dei miei genitori e mi godo un panorama spettacolare che ai miei occhi, probabilmente, non ha eguali. 
Le colline che si rincorrono in vallate di erbetta coperta di brina. Gli alberi alti ed imponenti che si tingono di toni caldi, il sole che svetta in un cielo azzurro e cristallino. Non ci sono nuvole, è tutto così vivido ed intenso che il cuore sembra non riuscire a contenere tanta bellezza.
Una ballerina bianca si appoggia con le sue esili zampette su una panchina di legno. Mi guarda, si muove come in una danza. Poi fugge, vola altrove, è già scomparsa. 
Il silenzio è così pieno che solo di rado viene spezzato da un'automobile in lontananza. E sembra quasi un sacrilegio, l'interruzione di una meditazione. A tanta meraviglia non ci si abitua mai, si rinnova ogni giorno. E chi non vede nella natura un po' di inspiegabile, forse non riesce a penetrarla appieno. 

Fonte: tonykospan21 .wordpress. com

Mi manca il mare, certo. Mi manca sempre quando me ne allontano. E' come se un filo invisibile ci legasse e io mi sentissi tirare sugli arti quando sono via. 
Però sto bene, è una nostalgia quieta che so gestire. Domani mattina torno a casa, con me ci saranno Fred e mio fratello. La mattina dopo sarò di nuovo in spiaggia e allora si, allora si che sarò tornata a casa. 
Però sono a casa anche qui, su questa terra che mi ha accolto bambina e che mi riprende con sé ad ogni mio ritorno. Quello che vedo mi riempie gli occhi, regalandomi emozioni che non saprei spiegare neanche se mi impegnassi.
Nel freddo gelido della sera di Natale ho goduto di un tramonto ineguagliabile, di rosa e di arancioni e di viola che spezzavano il fiato e lo sguardo. Ho avuto la sensazione che la mia terra mi stesse salutando, che mi dicesse:"guarda, tutto questo è ancora tuo. "

lunedì 24 dicembre 2018

Ricordi di Natali Passati

C'è stato un tempo, neanche troppo lontano, in cui attendevo il Natale come lo facevo da bambina. Con trepidazione. 
Iniziavo a pensarci già a novembre, sentivo l'emozione crescere indomita dentro di me e farsi sempre più grande, quasi venire fuori e poi scoppiare come grandine dal cielo. Lo sentivo in un punto imprecisato del mio essere, che forse era il cuore oppure era l'anima. Ed era un pensiero così bello, ampio, avvolgente e riscaldante che mi sembrava potesse tenermi stretta come in un abbraccio.

Fonte: comocity. it

Poi è venuto il lavoro, quelle ore interminabili a preparare pacchi, a macinare doppi turni, ad ascoltare il delirio. Sentivo la musica natalizia in filodiffusione sulla piazza del mio paese, ma io ero dentro e mi sembrava di impazzire. Poi uscivo e stremata raggiungevo i miei e Fred che era arrivato dal mare, solo per me. E avrei tanto voluto condividere quella gioia, quei preparativi, quel festoso cucinare. Ma ero così stanca, provata e satura di gente e di discorsi e di diritti umani calpestati, che mi sedevo pigramente aspettando solo che il tempo passasse. Che la notte venisse e mi accogliesse con sé. 

Però c'era ancora zio. I suoi momenti di depressione scomposta e quelli di allegria entusiasta. Mi piaceva il suo sorriso, era Natale anch'esso. Era con me quando lo festeggiavo trepidante e guardavamo la tovaglia rossa, le candele oro e fuori il freddo sembrava così distante.
Potevo ancora toccarlo, sentire che anche se avevamo perso la zia e quei giorni di gioia incontaminata, c'eravamo ancora noi. Ci si poteva ancora stringere.
E mi piaceva quell'ansia galoppante di aprire i pacchetti, ma soprattutto mi piaceva il chiacchiericcio. Le loro voci, quelle delle persone che più amo, tutte lì. 

E anche se adesso, nel ripensare a tutto questo, una lacrima solitaria mi bagna le guance, io sono felice.
Perché questa sera sarò a casa di persone che conosco poco, ma dalle quali mi sentirò accettata. 
Perché domani sarò a casa mia, quella della mia infanzia. Ci saranno le battute strambe di mio padre, le premure di mia madre, il calore di mio fratello. Ci sarà Fred e le sue braccia forti. Ci saranno i miei cugini e i biscotti al cioccolato. E cose buone da mangiare e ricordi nuovi da scrivere.

E allora tanti auguri amici. A tutti. 
Perché sia un Natale entusiasta, colorato, sereno, gioioso come voi tutti meritate.
Grazie di essere qui sempre ad ascoltare il ruggito dei miei pensieri scossi senza mandarmi, ancora, a quel paese. Buon Natale. Bello, ampio, rotondo. 

domenica 23 dicembre 2018

Insieme

Sassi e pietre dappertutto. 
Sulle scale, sui muri, sulle torri, su ogni strada, in tutte le case.
E poi alberi di arance e di limoni messi a dimora presso ogni spazio verde. Frutti grossi, tanti, già maturi. 
Ti tenevo il braccio per non cadere nell'andirivieni di ripide discese e allo stesso tempo assaporavo la gioia di averti così vicino; lasciarmi investire, ogni tanto, da un lieve refolo del tuo profumo.
La tua barba di pochi giorni, la carnagione chiara di chi preferisce starsene al chiuso. Le mani calde, l'andatura sicura. 

Fonte: lazionascosto. it

Forse oggi avresti voluto restare a dormire, e invece ancora una volta hai fatto contenta me, che voglio sempre mordere la vita e che in questo incessante brulicare investo te per primo. E allora dopo un'ora e dieci di auto siamo arrivati a Sermoneta. Io felice come una bambina nel giorno della gita scolastica; tu ancora un po' incerto ma curioso.
Ancora una volta hai riso di me e dei miei tacchi alti su quelle strade impossibili di pietra e di nuovo ti ho dimostrato di come possa, sui tacchi, fare qualunque cosa. Purché tu mi sia accanto, pronto a raccogliermi se metto il piede in fallo. 
Il sole andava e veniva, si nascondeva dietro nuvole scure che a volte scappavano e poi tornavano, e poi fuggivano di nuovo, incerte. Ci siamo lasciati assorbire ed affascinare dai vicoli, dalla quiete, dalle montagne silenziose ed immense tutt'intorno, da quegli scorci pittoreschi così uguali e poi così diversi. 

Abbiamo mangiato guardandoci negli occhi in un posticino delizioso, con un titolare e due ragazzi adorabili che ci hanno coccolati come si fa con la gente di famiglia. Le pacche sulle spalle, la ricotta con le noci ed il miele, il prosciutto crudo di Bassiano, tu e le tue pappardelle di grano duro che divoravi affamato. 

Ho pensato che un giorno, tra mille anni, mi tornerà in mente questa giornata a Sermoneta io e te, in mezzo alle pietre e ai sassi. A quanto sia stato bello starsene lontani dal caos, mano nella mano, e poi ridere con le facce rivolte al sole provando a fare una foto decente e scartandole tutte perché tanto non venivano mai. 
A questo sentimento scosso e turbato dalla quotidianità, dal lavoro, dalla tua salute spesso precaria, dalle preoccupazioni che radono al suolo la tua pazienza e fanno di me un essere distante. Eppure, nonostante tutto, scordarsene. E vivere, solo vivere. Insieme. Il bello e il brutto, le risate al pari della rabbia. 

giovedì 20 dicembre 2018

Bagagli

Fonte: festascienzafilosofia. it


Sono le 22:40. Sono stanca, un po' provata. Diciamo pure sfinita.
Dal momento in cui mi sono alzata a quello in cui scrivo ho fatto tante di quelle cose che alcune non le ricordo nemmeno ed ho la sensazione - nitida, netta, praticamente reale - che siano passati mille anni dal mio risveglio anziché sedici ore circa. 
Ricordo il cappottino nero, la sciarpa grigia, un paio di belle scarpe. Ricordo di essermi guardata allo specchio ed essermi vista bella. Che poi mi ero guardata anche il giorno prima e quello prima ancora, eppure mi è sembrato, in quell'istante e in quel negozio, di essere più donna di quanto ricordassi.
Ricordo anche il dottore, i giri veloci con Fred per gli ultimi regali di Natale. Ricordo il blu indaco di una cravatta che ho stretto tra le dita, sempre con la trepidazione di una feticista. Ricordo il rientro a casa, la camera da pulire, il sapore del nostro pranzo.
Ricordo il lavoro, la gente, un dono da scartare. La doccia bollente, i ricordi che si appannavano. Ho ascoltato poca musica oggi, non ho avuto il tempo di farlo.
Ma ho conosciuto una nuova canzone, di un artista a me completamente sconosciuto. Una canzone che mi rimbomberà a lungo nelle orecchie e che ascolterò sempre da sola, perché così mi piace. E forse è ora che me ne vada a letto, con i resti di questa ennesima giornata da portarmi appresso. Ci si sbatte tanto e poi rimane tutto lì, nelle macerie di un altro giorno andato in fumo. 

martedì 18 dicembre 2018

Gesti

Mi piacciono le persone genuine, quelle autentiche, quelle prive di posa.
Le persone che lavorano, che si danno da fare, che quando provano un sentimento lo fanno senza nascondersi, con tutta la purezza e la trasparenza che questo comporta.

Fonte: fidelitynews

Quando mi sono trasferita qui, cinque anni e mezzo fa, ho dovuto sostituire i miei affezionati clienti con altri. Ho pensato che sarebbe stato complicato, che alcuni di loro non avrebbero mai potuto avere un degno rimpiazzo.
Ed è stato così. Le persone non sono interscambiabili. Ciascuno è a sé.
Però qui di persone ne ho trovate altre, tante. Alcune insopportabili, spocchiose, con la puzza sotto il naso. Altre con una generosità ed una bellezza d'animo sorprendenti.

Claudio ha più di cinquant'anni, lavora giorno e notte per guidare l'azienda agricola di famiglia. E' un uomo piccolo con le rughe in viso e i calli sulle mani. 
Ha un sorriso aperto, timido, generoso. Ci siamo conosciuti meglio dopo la morte di suo padre, che mi voleva bene e che la sera scappava da tutti per giocare il lotto poco prima che il concorso chiudesse. Ero una delle poche persone che sapesse decifrare la sua scrittura. 
Quando è morto, i suoi figli hanno iniziato a frequentare il negozio in modo più assiduo, credo per aggrapparsi a qualcosa cui lui teneva tanto. 

E così sono diventata amica loro, dei suoi figli. Di Laura, di Adriana, di Claudio. 
E quando il martedì passo di fronte al mercato camminando non posso fare a meno di andare a salutarli presso il loro banco. Scambiamo qualche parola e ci salutiamo.
So che Claudio tiene a questa visita settimanale, tant'è che quando non passo si preoccupa e chiede alla sorella di venire ad informarsi. 
Oggi mi ha regalato delle salsicce autoprodotte. Io non le mangio, ma Fred ne va ghiotto e le preparerò per lui.
Questo pensiero mi ha reso felice. Il nostro è un rapporto basato su una stima reciproca e sul ricordo di un uomo che non c'è più e a cui, in modo diverso, abbiamo voluto bene tutti e quattro. 
Sono questi i rapporti che mi piacciono. Quelli semplici, quelli genuini, quelli che non hanno bisogno di tante parole ma solo di piccole sane abitudini. Due chiacchiere il martedì con Claudio, due con Laura il giovedì, altre di sabato con Adriana. E a poco a poco siamo diventati "qualcosa". 

lunedì 17 dicembre 2018

Bohemian Rhapsody

E così, finalmente, dopo mille peripezie sono riuscita ad andare a vedere Bohemian Rhapsody insieme a Fred.
L'ho atteso per mesi. O forse per anni, prima ancora che decidessero di metterlo su pellicola. 

Foto: anonimacinefili. it

Conobbi i Queen che ero solo una ragazzina, attraverso un triplo cd di Greatest Hits che una cugina più grande mi fece ascoltare. Improvvisamente compresi che molte di quelle canzoni le conoscevo già, che facevano in un certo senso parte del mio quotidiano, senza che mi fossi mai interrogata su chi le avesse prodotte.
Quella voce...quella voce era un pugno nello stomaco. Un colpo tra le scapole, un'emozione incredibile, un susseguirsi di sali e scendi che non si potevano spiegare.

Io non scrivo recensioni di film e non lo farò neanche questa volta. Preferisco parlare di emozioni, le mie, e di come mi siano sgorgate negli occhi e nella pancia e anche in quella zona del torace tra il cuore e i polmoni. 
La musica è parte fondamentale della mia vita. Non esisterei senza musica, sarei un involucro informe. E questo film è musica, di quella bella, di quella da gridare, di quella che non si ritrova sulle bocche di altri.
E poi c'è Freddie. Il suo genio, la sua sregolatezza, le sue solitudini, la sua strana fisionomia. In alcuni tratti del film mi è sembrato di vederlo davvero. Come se fosse ancora vivo, come se potessi toccarlo, abbracciarlo, comprenderlo. 

Mi sono emozionata. Ed una volta tanto non ho scalpitato per andare via, non mi sono stancata, non ho sentito di stare sprecando il mio tempo.
Era evasione ma era anche qualcos'altro. Era entrare nella sua vita, anche se di striscio, avere la sensazione di stare in mezzo a quella band di persone appassionate e volergli bene. 
Ho apprezzato il cast, davvero molto. E non mi importa se non tutto è andato come è stato descritto, non mi importa se ci sono stati dei tagli, delle versioni edulcorate di fatti realmente avvenuti.
E' un film che mi ha regalato bellezza e lacrime, lasciandomi in più di una scena completamente senza fiato. 

venerdì 14 dicembre 2018

Finalmente...Anastasio

E così ha vinto Anastasio e un grido di gioia mi si è levato da dentro.
Ogni sua parola una stilettata nel cuore.
Tutta quella rabbia messa a disposizione di menti altrettanto incazzate.
Quella dialettica che giunge fino alle sinapsi e le accende.
Non ero così felice dalla vincita di Marco Mengoni, ormai tanti anni fa.

Fonte: rapstatic. it

"Io sogno i led e i riflettori alla Cappella Sistina
Sogno un impianto con bassi pazzeschi
Sogno una folla che salta all'unisono
Fino a spaccare i marmi
Fino a crepare gli affreschi
Sogno il giudizio universale sgretolarsi 
E cadere in coriandoli
Sopra una folla danzante di vandali" 

Mi piace il suo viso da furbetto, da guaglione di periferia. Mi piace il modo in cui riesce ad incastrare le parole e disegnare quadri perfettamente funzionanti.

"E la tua pelle era un tessuto
L'avrei sempre indossata
Che fosse seta,
Velluto,
Che fosse carta vetrata
Ma sono nudo,
Sono muto,
Le tue mani di fata
Mi hanno annodato la gola
Ed ogni parola è sbagliata".

Forza Anastasio, vai e fammi tremare di nuovo. Voglio riflettere, battere i piedi, urlare, liberarmi. Voglio seguire i tuoi versi e riconoscermeli addosso, di nuovo.

giovedì 13 dicembre 2018

Quei Gelidi Inverni

Fonte: evoluzioneclima. it


Ieri il freddo.
E oggi questa pioggia sottile che ricopre ogni cosa.
Ricopre anche il mio umore, lo scova ovunque vada a rifugiarsi. E dunque lo ammanta, lo soffoca, lo lascia agonizzare. 
Tante volte mi sono chiesta la ragione per questa ostilità verso le stagioni fredde, che pure hanno un fascino particolare che in rari casi riesce persino ad ammaliarmi. Però in sottofondo resta sempre quell'insoddisfazione, quella voglia e quel bisogno di tornare nuovamente alla primavera. Come se senza di essa un po' mancasse il respiro.
Ho spesso imputato la colpa alla poca luce, ai colori fiochi, al prostrarsi di un buio nel quale non riesco neppure a nascondermi.
Forse invece è colpa di quelle mattine passate ad aspettare l'autobus prima della scuola o il treno per arrivare all'università. Quel freddo gelido che penetrava le ossa, quella pioggia infinita dalla quale non trovavo scampo. Quei pensieri di isolamento, di abbandono, di tristezza. Come se fossi stata lasciata sola sotto le intemperie, come se non fossi stata presa per mano abbastanza. Come se da quel mondo io non potessi sfuggire, ma dovessi invece subirlo come una persecuzione.
E a volte, di sera, in inverno, se sono fuori avverto le medesime sensazioni. Di un mondo violento, doloroso, sofferente. Di un mondo dal quale provo il desiderio di scappare. 

martedì 11 dicembre 2018

Sedeva in Balcone

Sedeva in balcone, al primo piano.
Dal basso riuscivo a cogliere solo le volute di fumo che si alzavano ed un ciuffo di capelli. Non saprei dire se fosse uomo o donna. Era solo una persona che fumava e probabilmente guardava il mare.
E allora di certo stava pensando.
Si pensa sempre a qualcosa o a qualcuno quando si guarda il mare.
Io a volte riesco a non pensare affatto, se non allo spettacolo che tanto generosamente mi offre. E sono gli attimi migliori, quelli in cui il cervello si resetta o quantomeno tenta di farlo. Sono i momenti in cui sono cosciente di avere la musica per compagna, ma non l'ascolto veramente. C'è e non la sento, come se ci trovassimo su due frequenze differenti. Come se si trattasse di ultrasuoni.

Fonte: oculoplastica. it

Ho fatto il giro e sono tornata di nuovo sotto la casa. Ho avuto solo il tempo di vedere la portafinestra di legno che si chiudeva. La persona, chiunque fosse, doveva aver terminato la sigaretta ed era rientrata. Quei cinque minuti di libertà appena sveglia erano già finiti, andati, chiusi in un cassetto fino al giorno successivo. 
E allora chissà a cosa aveva pensato. Ad una gioia recente? ad un gemito soffocato nella notte? al lavoro, alla scuola cui accompagnare i bambini, alla casa da pulire? ad un progetto da mettere appunto, ad un amore lontano, ad un sentimento impossibile, ad una poesia letta di recente?
O ad una canzone, da canticchiare nella testa. Ai regali di Natale, alle bollette da pagare, ad una lite, ad un'amicizia da ringraziare, alla nostalgia.
Quanti pensieri raccoglie il mare, senza rivelarli a nessuno. Silenzioso, un amico che ascolta e tace. 

lunedì 10 dicembre 2018

Storie di Ordinaria Follia

A volte resto basita nel constatare la pochezza di alcune persone.
Il loro ridotto spessore, quell'innata ineleganza che forse mi piacerebbe riuscire a comprendere, ma a cui proprio non sono in grado di fornire una spiegazione.
E proprio per sfogare questa spiacevole titubanza, oggi vi racconto da cosa è scaturita.

Fonte: Amazon

A fine novembre, dopo aver passato l'ennesima domenica a non-riposarmi, macinando chilometri, alzandomi presto e facendo tutto di corsa, insieme a Fred andammo ad addobbare il negozio per le feste. Più tardi rispetto a tutti gli altri, ma del resto noi siamo tradizionalisti. Le lucine colorate ad ottobre ci fanno venire l'ansia ed evitiamo di anticipare i tempi senza che ve ne sia un'adeguata motivazione. 

Luci, palle glitterate, pungitopo, pigne innevate, ghirlande, vetrofanie ed un albero. Un maledetto albero che ho decorato personalmente di oro e di rosso per riprendere i colori caldi del negozio.
E proprio quest'albero, fin dal primo momento, è stato oggetto di critiche feroci da parte di un gruppetto di "stimate signore" che al mattino monopolizzano il tavolo centrale del bar per un'ora e mezza, intavolando discorsi di dubbio gusto.
Io non ne sapevo niente fin quando la scorsa settimana, arrivata in negozio, non lo trovai spento. Chiesi al barista la motivazione e lui mi disse che mio cognato gli aveva proibito di accenderlo pur di non sentirle cianciare. E così mi è stato raccontato di quelle critiche, di quei pettegolezzi a voce alta di fronte a tutti, di questo accanimento ingiustificato verso un oggetto che è solo una stupida decorazione natalizia.
Ore a parlare del nulla, con una cattiveria ed un'ignoranza che non so spiegarmi. 
Per quanto cerchi di scovare un'interpretazione, l'unica che riesca a trovare è che queste donne debbano avere una vita molto vuota e frustrante per sentire il bisogno di screditare tanto un povero albero di Natale. E si, un po' mi ferisce che lo facciano con tanta veemenza, considerando che ho speso il mio tempo e le mie ultime energie di una domenica impegnativa per metterlo su. 
Ho anche pensato che attaccare l'albero fosse un modo per attaccare me, non potendolo fare apertamente. 

Quali che siano le reali motivazioni di tale livore, mi resta addosso l'amarezza di essere di fronte a donne con oltre dieci anni più di me che nell'orario in cui io mi do tanto da fare per pulire casa e incastrare tutto prima del lavoro, hanno il tempo e la voglia di screditare l'operato altrui. 
Persone piccole che placano la frustrazione di una vita probabilmente noiosa cercando di intaccare quella degli altri, con i soli mezzi che hanno a disposizione: una lingua lunga ed un cervello formato mignon. 

domenica 9 dicembre 2018

Quasi Perfetto

Visitare antichi borghi mi piace quanto fare escursioni in mezzo alla natura. E per questo week end ho unito le due passioni raggiungendo un ridente paese nelle Marche che ho vissuto appieno, immergendomi in esso come se fosse stato un mare di cui osservare sia i fondali che la superficie.

Ho camminato tra le vallate in un completo silenzio, respirato aria pura osservando la bellezza dei colori caldi degli alberi. Faceva freddo e il vento mi frustava la faccia e le mani ma tale era la gioia di essere lì da non pensarci neppure. Ho scattato fotografie come a voler catturare il tutto, incapace di osservare solo con gli occhi. Era tutto così bello e alto e puro da mettere i brividi.
E se non fosse stato per le macerie del terremoto, se non fosse stato per quelle case buttate giù, per i mezzi dell'esercito abbandonati in mezzo alle rovine, se non fosse stato per quei cumuli di sassi dove il silenzio diventava surreale e sovrastante, avrei pensato ad un luogo perfetto. 

Fonte: sarnanoturismo. it

Le case di pietra si rincorrevano pigramente tra i vicoli. I sampietrini descrivevano strade che si affacciavano generose su visuali paesaggistiche da togliere il fiato.
Ed il mio, di fiato, è rimasto sospeso per un giorno e mezzo. Incredulo, meravigliato, troppo presente per poter essere ignorato. Se avessi creduto fermamente in Dio avrei pensato che tali bellezze dovessero essere opera sua. Opera di un artista troppo sapiente per poter essere di questo mondo. 

giovedì 6 dicembre 2018

Sotto gli Alberi

Fonte: Amazon. it


Se ne è andato lo scorso luglio, ma oggi sarebbe stato il suo compleanno.
Insieme mangiavamo ciliegie sotto gli alberi nel mese di maggio; a settembre andavamo a caccia di prugne e arrivavamo ad ottobre a far scorpacciate di mele. Deliziose, zuccherine, di quelle che in bocca sembravano sciogliersi fino a fondersi completamente con il palato. 
Non è che parlassimo molto, però a volte guardandoci scoppiavamo a ridere. Non ci davamo neanche appuntamento. Scendevamo in giardino verso le quattro del pomeriggio, lui dalla casa di sopra, io dalla mia. E insieme ce ne andavamo in mezzo alla terra a fare merenda. 
Tempo lieve che non aveva bisogno d'altro che di un cielo azzurro sopra la testa, di un'erbetta fresca sotto i piedi, di una mente sgombra da pensieri grossi e roboanti come aeroplani. Tempo sottile di chi si accarezza la pancia piena, finalmente sazio, e a cui non manca alcunché. 
Erano buoni quei sapori ancora incontaminati. Mica come adesso, che tante cose hanno perso il loro gusto. Che anche la frutta non è più quella di un tempo, quella che dividevamo io e lo zio Paolo senza neanche il bisogno di lavarla. Strofinandocela addosso, o soffiandoci su. Come a far parte della terra anche noi, esseri minuscoli di un intero universo che non piangeva ancora. 

E le ciliegie ora sono diverse. Lo sono anche le prugne e infine le mele.
Però quando le tengo in mano ti sento ancora, come se fossi qui a raccontarmi barzellette. E a mangiarle insieme a me, quelle ciliegie, quelle prugne e quelle mele. 
E allora di te, forse, io ricordo soprattutto la frutta che hai spartito con me. Quei momenti di vicinanza unica ed irripetibile che puoi condividere solo con chi ti ha visto nascere, ti ha preso in braccio, ti ha raccontato favole, ti ha accarezzato i riccioli.

martedì 4 dicembre 2018

Sotto Un Cielo Perfetto

Questa mattina il mare in burrasca si riversava violento sulla spiaggia, sebbene ci fosse un sole cocente che ad inizio dicembre non ti aspetteresti mai. Sotto un cielo tanto perfetto penseresti di trovare onde inconsistenti o forse solo qualche lieve increspatura. E invece eccolo, il mare, dimenarsi feroce, prorompente, agitarsi come un demone bellissimo che voglia mostrare al mondo tutta la sua forza. 

Fonte: oroskop-astrom. com

Ho pensato a quante volte ci mostriamo sorridenti ed allegri mentre dentro si agitano pensieri e sensazioni logoranti che dal di fuori nessuno immaginerebbe. Quella calma apparente che non comunica nulla, che non lascia presagire alcunché. 
Quanti mari in tempesta si agitano dietro superfici lisce come seta. Quante lacrime scavate e trattenute dietro visi quieti. Quanto dolore dietro una bellezza effimera, quanti tessuti sporcati dietro gote soffici da toccare.