martedì 29 maggio 2018

Erba Alta

Detesto sudare.
Eppure mi piace.
Detesto le goccioline sulla faccia.
Eppure mi piace sentirle sulla schiena.
Detesto il caldo che mi provoca rossori ovunque quando cammino.
Eppure mi piace quel tepore sulla pelle, quei momenti asfissianti in cui penso di non poter sudare più di così.
Ho scoperto che per quanto possa essere fastidioso tutto questo, provo un piacere subumano nel vederlo venire fuori dal corpo. In quei momenti mi sembra di sentire tutto: le gambe, le braccia, il collo, le vene, il cuore che pompa, i polmoni che che lavorano. Mi sento davvero me stessa, in mezzo a quella fatica. Tiro fuori tutto insieme al sudore: lo stress, i pensieri, gli impegni da onorare, le incazzature per questo governo che non si riesce a fare.

Fonte: thumbs

E allora guardo il cielo, il verde, persino l'erba alta ai bordi di certe strade. E tutto mi sembra perfetto, incredibilmente allineato. Uno sfondo unico, meraviglioso, che non ce n'è uno uguale.
Cose che esistevano anche prima che iniziassi a camminare per sport, ma che ho visto ed apprezzato soltanto dopo, attraverso le lenti dell'euforia, dell'adrenalina, della voglia di esserci ogni giorno.

Come vivevo prima?
Prima di questo sudore che elimina le tossine, prima di questo mare che abbraccia gli occhi e li rapisce, prima di queste gambe dure di cui vado enormemente fiera.
Non era così bello il mondo, prima. Eppure era lo stesso. O no?

sabato 26 maggio 2018

Gente

Lo so, lo so. Non aggiorno da più di una settimana.
A mia discolpa posso dire che la primavera è esplosa in modo tanto sublime da trascinarmi completamente dentro di essa. Al mattino sono un garbuglio di gioia che aspetta solo di mettersi le scarpe per uscire. Il mare è così incantevole che fa quasi male.
C'è un solo inconveniente: la gente. Che prima si contava sulle dita di una mano ed ora si moltiplica a vista d'occhio riempiendo sia le spiagge che il lungomare. E allora a volte vorrei far sparire tutti, chiedergli di andarsene, di lasciarmi in pace. Poi mi rispondo che ciò che ho custodito gelosamente per tutto l'inverno non è roba mia, ma di tutti.
Anche di quelli che gettano le bottiglie ovunque e non si sforzano di raggiungere i cestini.
Anche di quelli che bevono birra sulle panchine prima che vengano le otto del mattino.
Anche di quelli che fanno sega a scuola e fumano di nascosto per sentirsi grandi.
Anche di chi porta i cani dappertutto e poi non raccoglie i loro bisogni.
Potrei continuare all'infinito, ma a che servirebbe? meglio mettere gli occhiali da sole, alzare la musica e fingere che siano solo delle figure di cartone sullo sfondo. 

Grovigli e grida di Anna Santinello

Certo ci sono anche le persone a cui rivolgo un sorriso o due parole di cortesia. 
La donna di mezza età con il pastore tedesco, il signore che si occupa dell'immondizia, quello in bicicletta, le due vecchine un poco zoppe, la nonnina con la stampella, i gestori del chiosco, l'indiano degli ombrelloni, il nonnino distinto con il barboncino. Un microcosmo di persone che popolano il mio lungomare, che ne fanno parte in modo genuino. Persone gentili cui dare il buongiorno con allegria. 

sabato 19 maggio 2018

Mare Calmo

C'è un bel mare in questi giorni.
Calmo, sottile, di un azzurro intenso e vivissimo. Le barche finalmente sono tornate in acqua e adoro questo periodo in cui se ne stanno vicine alla riva a pescare telline. Mi piacciono i loro colori vivaci e tutto quel brulicare di lavoro che si intravede anche da terra.
Diversamente dal solito mi sono concessa un po' di tempo per guardare e basta. Ho fermato le gambe anche se volevano muoversi a tutti i costi. Ho poggiato lo sguardo lungo la distesa acquamarina e mi sono lasciata travolgere da tutta la sua bellezza. Non so quanto tempo sono rimasta così, forse addirittura una decina di minuti. Senza pensieri, con la musica spenta, ad ascoltare lo sciabordio del mare e a guardare la sabbia perfettamente disposta e ordinata. Un quadro, ero di fronte ad un quadro e non potevo fare altro che ammirarlo, estasiata. 
Non so spiegare quale senso di pace e completezza io abbia provato. Questo è davvero il periodo migliore per andare a camminare in spiaggia: non c'è ancora quel caldo asfissiante che uccide né tutti quei turisti a riempire le spiagge. C'è solo una bellezza incantevole che mi entra dentro e lì rimane, per tutto il giorno.

Fonte: Tumblr 

Abbiamo scambiato i numeri di cellulare, con quella cliente.
Per me non è stato semplice scavalcare la barriera che di solito mi tiene emotivamente distante dalla clientela. Cortese, amichevole, sorridente, socievole...ma emotivamente distante, nella maggior parte delle volte. Ma E. è diversa. Con E. rido, chiacchiero. E provo piacere nel vederla. Quando entra in negozio sono felice perché so che passerò venti minuti con una persona che ride di pancia proprio come faccio io. Con gli occhi, con tutto il viso, con una spontaneità che acceca.
Come tutti i sabati mattina da un po' di tempo sono passata a trovarla sul lavoro. Credo che la prossima settimana le porterò un cornetto da mangiare, per la colazione. 
E oggi pomeriggio sarà lei a passare da me. Leggeremo l'oroscopo insieme, rideremo per le cavolate che troveremo scritte, prenderemo in giro noi stesse per averlo fatto anche stavolta. Un piccolo rito, sciocco quanto essenziale. 

martedì 15 maggio 2018

Come Un Pulcino

Ero conscia del fatto che avrebbe potuto piovere. Tuttavia mi sono vestita e sono uscita, portando con me un ombrellino scarno e il desiderio che il sole riuscisse a scacciare quei brutti nuvoloni scuri all'orizzonte.
Sono arrivata in spiaggia, non c'era anima viva. Solo un vecchio politico che non si è mai curato dei pescatori ma che stamattina cercava di irretirne uno. 
Ho scattato alcune foto, il paesaggio era suggestivo anche se tremendamente minaccioso. Appena posato il telefono ecco arrivare le prime gocce. Riparto, attraverso le aree centrali, arrivo in zona mercato. E lì inizia a piovere con una furia tremenda, secchi interi di acqua che mi si riversavano addosso, che colmavano le scarpe, che inzuppavano completamente i pantaloni. Quel misero ombrello mi ha salvato solo la testa. Sullo stradone non c'erano appigli, zone sotto le quali ripararsi. C'era solo una possibilità: attraversare l'uragano, sperare che quantomeno si placasse un poco. E invece no, non si è placato affatto. Tre minuti dopo non c'era nulla di me che non fosse completamente zuppo, ero solo un pulcino tremendamente bagnato sotto un cielo ostile. 

Fonte: lanazione. it

Arrivata non lontana da casa c'erano ancora intere vie da calpestare. Vie che erano diventate impraticabili, laghi stracolmi di acqua e fanghiglia dentro i quali provare ad arrabattarsi. 
Ho incontrato una maestra, ci siamo guardate. Lei aveva un bel trench ma la furia di quel diluvio le aveva penetrato le scarpe e i jeans erano anch'essi bagnati. Abbiamo scambiato due parole, come se ci conoscessimo, e invece eravamo solo due estranee finite per caso sotto lo stesso terribile acquazzone. Si è girata, ha detto che sarebbe tornata a casa. Io ho proseguito, fiera di me, fiera di non aver perso aplomb e portamento neanche in questa occasione.

Varcata la soglia ho portato il lago in casa. Mi sono tolta tutto, sono carambolata sotto la doccia bollente. E solo lì ho iniziato a ridere della mia disavventura, di tutta l'acqua che avevo preso, di quanta ne ho vista cadere giù, con la musica alle orecchie che arrivava attutita e che sono riuscita a spegnere solo una volta chiuso l'ombrello. 
Mi sono sentita tremendamente sciocca ma anche immensamente viva. Perché queste cose succedono ai vivi, a quelli che tutto sommato pensano sempre che fuori li possa accogliere il sole. 

lunedì 14 maggio 2018

A Lavoro

Sembra quasi che io viva per le domeniche, anche se così non è. Però mi rendo conto di scrivere soprattutto in prossimità di queste, come se il resto della vita scorresse troppo veloce per poterlo afferrare e fermare su carta.
Allora scriverò un po' anche di lavoro, che è una parte importante della mia esistenza. 

Non tutti i doveri sono brutti. A me piace l'idea di uscire di casa e passare del tempo con i miei clienti. Anche se a volte mi sfibrano, anche se certi giorni preferirei dare le testate al muro piuttosto che doverli in qualche modo intrattenere. Però tutto sommato mi piace e credo che quello commerciale sia l'unico settore dove possa realmente esprimere me stessa. La mia ex datrice di lavoro diceva che sono piazzarola. Nel senso che mi piace chiacchierare con la gente, conoscerla un poco, chiedere come va. Ogni tanto mi dicono :"Che fortuna entrare qui dentro e trovare una persona sorridente, è così raro". E lo so che hanno ragione, perché nei negozi ci entro anche io e pur non volendo giudicare male chi svolge un impiego simile al mio, mi rendo conto di ricevere pochi sorrisi e a volte anche pochi saluti. Un tempo c'erano le botteghe. Si entrava, si faceva vita sociale. Si chiacchierava del più e del meno, ci si conosceva un po'. Adesso c'è Amazon ma ci sono anche i negozi moderni, quelli in cui sei trattato da numero e ciò che vale di te sono solo i soldi che puoi spendere.
Con tutto il cuore spero di non diventare mai quel tipo di commerciante. Mi fa piacere quando una mamma si confida sulla sua stanchezza. O un papà delle telefonate troppo frequenti della moglie. Mi fa piacere quando mi raccontano una festa, o dei problemi per pagare l'affitto. Perché la vita è anche condivisione, rapporti umani. La vita è guardarsi negli occhi, sorridersi, creare un contatto. 

Fonte: Fotocommunity

Poi chiaramente, da gatto selvatico quale io sono, tutti i giorni da questi contatti devo prendere anche le distanze perché dopo un po' mi sento satura e torna il desiderio di stare da sola. Senza voci, senza rumori, senza petulanti richieste. Senza gente che ti guarda, ti squadra, forse si avvicina troppo. 
Allora la mattina cammino, sento fluire via le negatività, le presenze moleste, e sublimo quel piacere di solitudine al mare. Che mi parla senza urlare, che ride senza strillare, che si offre allo sguardo con una bellezza senza eguali. 
E allora torno carica, posso di nuovo immergermi nel mio lavoro e tra la gente. E' un ciclo continuo, ti carichi e ti scarichi, giorno dopo giorno. Svuoti e riempi, e in qualche modo vivi. 

giovedì 10 maggio 2018

Riflessioni in Musica

Parlami di quando
Mi hai visto per la prima volta
Ti ricordi a stento
O rivivi tutto come
Come fosse allora?
Avevo l’aria stanca
Appeso ad una luna storta
O forse ero attento
A non perdermi negli occhi
Nei tuoi occhi ancora
E ti ricordi il mondo
Quanti giri su se stesso
Era lento il tempo
O correva come un matto?
E adesso non c’è niente al mondo
Che possa somigliare in fondo
A quello che eravamo
A quello che ora siamo
A come noi saremo un giorno
Ti ricordi quando
Mi hai ucciso per la prima volta
Hai mirato al centro
O hai colpito un po’ per sbaglio
E per sbaglio hai vinto.
[...]
Fonte: monte. files. wordpress. com
Mi piace questa canzone dei Negramaro. Mi piace la grinta con cui Giuliano Sangiorgi la sputa fuori. Mi fa pensare alle prime volte della mia vita. A quando col mio sguardo ho attraversato quello di un'altra persona che avrebbe poi rappresentato qualcosa o tutto.
Si pensa mai a quel primo istante? a quei primi agglomerati di cellule che si incontrano, si scontrano, e poi magari diventano indissolubili? E a volte, invece, non diventano altro che rimpianto o un vago e lontanissimo ricordo? Nasce tutto da una prima volta, da un primo istante, da un primo momento. E la vita cambia, si assottiglia o si dilata, poi magari cresce o forse rimpicciolisce. Sicuramente non resta uguale, immobile. E' sempre in continuo divenire.
I sentimenti. E poi noi stessi, le nostre sensazioni, i pensieri che ci attraversano la mente. 
Era lento il tempo o correva come un matto? A me sembra che corra sempre. Che percorra giri lunghissimi in pochi istanti, inafferrabile.

Ho incontrato una vecchina di 95 anni oggi ed il marito ne ha 100. Sono sempre insieme, si sostengono a vicenda. Fanno la spesa, passeggiano, si tengono per mano. Ho provato una sensazione di tenerezza incredibile, di quelle che devastano il cuore.
Ho pensato anche alla loro prima volta. Al primo sguardo, il primo tenersi per mano. Il matrimonio, magari un figlio o due. Una vita da condurre a passo di danza, attraverso un'Italia che cambiava decennio dopo decennio, insieme alle loro rughe che via via si facevano più fitte.
Si riconoscono ancora quando si guardano? dietro i capelli bianchi e gli arti sfiancati vedono ancora quel giovane e quella ragazza di ottant'anni fa?
Io penso di si, che si vedano ancora com'erano allora. Ma che si piacciano anche come sono adesso, con le mani cosparse di macchie e di venuzze in rilievo. Con la pelle sottile come carta velina. Con i capelli bianchi come nuvole. Si piacciono ancora perché hanno saputo amarsi tanto, troppo, totalmente. E sono così belli che meriterebbero di andare in televisione ad urlarlo al mondo, che esiste questa possibilità di amarsi e tenersi per mano sempre, a prescindere da tutto. 

lunedì 7 maggio 2018

Lunedì

Inizia pesantemente questa settimana, con qualche ora in più da passare a lavoro, la cervicale che ogni tanto si riaffaccia ed un tempo ballerino che non promette nulla di buono.
In ogni caso voglio essere positiva. Pensare che il dolore smetterà di darmi fastidio, che a lavoro filerà tutto liscio e che il sole ritorni presto a splendere qui sopra.

Ieri ho trascorso la giornata in campagna. C'erano nuvole scure a ricoprire come una coltre qualunque colore. Tutto sembrava più sbiadito, meno vivido, quasi trasparente. 
Forse avevo semplicemente voglia di sedermi su un prato, guardare all'insù, pensare ai fatti miei. O non pensare a niente, ma almeno starmene in quella sorta di dormiveglia che rilassa la mente e i sensi. E invece alla fine tutto è trascorso in una sorta di immobilità, che poi era tutto finito ed era già ora di andare via. 

Fonte: lab80 .it

Domani mio fratello compirà 30 anni e pensarci è davvero strano. Eravamo bambini e adesso siamo un uomo e una donna adulti, con due percorsi differenti dietro le spalle e probabilmente anche di fronte agli occhi. Non so dove la vita ci condurrà, mi auguro soltanto che non voglia separarci mai. Che ci consenta di essere sempre un appoggio per l'uno e per l'altra, anche se da tempo non viviamo più sotto lo stesso tetto. 
Gli abbiamo comprato un bel regalo, scriveremo un bel biglietto. E faremo in modo, la prossima domenica, che il festeggiamento passi come il giorno speciale che merita. 

mercoledì 2 maggio 2018

Il Bicchiere Mezzo Pieno

Questa mattina, appena sveglia, ho risposto ad una domanda su un gruppo Facebook riguardo gli eventi campali della nostra vita. Quelli importanti, quelli che hanno significato molto e che non dimenticheremo più. Chiaramente non volevo elencarli tutti, ne ho scritti giusto quattro o cinque. E dopo aver finito, leggendo quelli di altre persone, mi sono resa conto di aver parlato solo di accadimenti felici. Gioie, soddisfazioni, attimi di un'intensità travolgente.

Fonte: principessecolorate. it

Di quanto Fred, al nostro primo incontro, mi accompagnò fino al treno ed aspettò sulla banchina che ripartisse. Mi guardava come si guarda un piccolo miracolo. Attese per tutto il tempo e non smise di osservare quel vetro che ci separava neanche dopo la partenza. I suoi occhi mi vedevano come non aveva mai fatto nessuno. Non erano occhi curiosi; erano occhi rapiti, forse già innamorati. Occhi sinceri, incredibilmente espressivi, a tratti timidi nella loro bellezza. Aveva lo sguardo incollato a quell'ammasso di ferraglia e al mio viso che ormai doveva essere diventato un puntolino in mezzo a tanti altri. Capii quel giorno che avevo trovato la persona che cercavo da sempre, quella che avrebbe cambiato la mia vita. 

E poi la nascita di mio nipote Andrea. Sentii un'emozione viscerale che mi travolse il cuore e gli occhi. Era un esserino minuscolo. Quelle lacrime di gioia, quell'amore nato al primo sguardo mi si abbatterono addosso come uno tsunami. E ancora oggi, che sono passati quasi 17 anni, so di non averne provato uno uguale. 

La laurea di mio fratello. Entrambe, ma la prima soprattutto. Dentro sentivo un orgoglio ed una felicità così intensi che non potevo proprio sbagliare. Mio fratello era, ed è, un pezzo di me. Una gamba, un braccio, un'arteria di vitale importanza. C'era lui a discutere la tesi ma c'ero anche io, sulla sua spalla, come un angelo protettore.

Il giorno in cui montarono i mobili di casa nostra, il 30 aprile di 5 anni fa. La giornata in cui vedevo realizzare un sogno, in cui sotto i miei occhi prendeva forma un desiderio a lungo portato in grembo, come una creatura da accudire. 

Leggendo le risposte altrui mi sono resa conto di aver parlato solo di eventi felici mentre tutti gli altri ne stavano raccontando anche di dolorosi.
Non avevo menzionato la morte di Cristiano né quella di mia zia. Non avevo menzionato i fatti che mi avevano sconvolto, quelli per cui avevo pianto, per cui mi ero disperata. 
Credo che quella risposta, data di pancia, senza pensare troppo, dica di me più tante parole inutili. Io guardo il bicchiere mezzo pieno. In tutto questo calderone che è la vita io preferisco pensare al meglio, tralasciando il resto. Non per rinnegarlo, ma perché ho sempre preferito pensare all'esistenza come ad una bella avventura, seppur non priva di ostacoli e di periodi difficili.
E così ho pensato che tutte le volte in cui mi chiederanno un pregio ed io non saprò che pesci pigliare potrò raccontare questo. Io penso positivo, come una vecchia canzone di Jovanotti.