Qualche mese fa scrissi che non importa quanto sia grande il mondo, perché quando hai un posto preferito, vorrai tornare sempre lì. Lo penso ancora, ne sono assolutamente convinta.
Ci sono luoghi che ci fanno stare bene per il solo fatto che esistano, che ci donino attimi di quiete e tranquillità. Oppure luoghi che ascoltano, scrutano, magari s'indignano anche ma poi non giudicano.
Non c'è bisogno che dica quale sia questo luogo per me. Ne ho scritto così tanto, in lungo ed in largo, che ormai vi sarete anche stancati di leggerlo.
Però questo mio luogo di pace nell'ultimo mese è stato completamente trasformato, in negativo, dalla furia della natura. Una furia che non ha guardato in faccia a niente e si è presa tutto ciò che ha incontrato sul suo cammino.
Non ho abbandonato le mie camminate per questo, né ho scelto un posto che fosse ancora bello. Sono rimasta lì, con il cuore infranto di fronte a tanta devastazione.
Non ho neanche smesso di fotografare quello che mi si prospettava dinnanzi, perché ho promesso al mare di volergli bene in qualunque condizione, e così è stato e sarà.
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Fonte: wtvideo. com |
Però oggi mi è stato chiesto se mi piace fotografare il degrado. Una domanda provocatoria, magari buttata lì tanto per fare. Ho risposto che non si può amare qualcosa solo quando scoppia di salute. Ed è questo che penso, senza mezzi termini.
Ci sono strade infinitamente facili. Tutto ciò che è bello, ordinato, sapientemente orchestrato per piacere...piace. Ci sono posti privi di anima osannati da chicchessia, appunto perché tenuti bene.
E' facile amare una bella faccia, un corpo procace o virile, una voce suadente, un profumo invitante. Facile volere bene a ciò che strizza l'occhio al nostro giudizio estetico.
Però quel posto, il mio posto, resta tale anche adesso che è così ferito. Devastato, incattivo, reso ancora più impervio.