Fonte: digiland.libero.it |
Con il montacarichi innalzano la bara. L'uomo la tira, la scuote, si lascia aiutare dal giovanotto dell'agenzia fin quando non è entrata totalmente nel loculo buio. Il tempo di spazzolarla dai residui di calce, poi prende il piccone ed intacca il cemento ai lati. E'ora di sigillare la prima barriera, ma solo dopo averla bloccata con due grossi chiodi ai lati. Prende la canna del silicone e lo spara tutto intorno, affinché non ci sia un solo buco d'aria. I rumori sono forti, cadenzati, a tratti li percepisco all'interno del cuore, come se stesse battendo proprio lì. Prende la lapide di marmo, sigilla anche quella, poi la fissa con dei grossi bulloni dorati. Dopo avervi appoggiato su la foto il suo lavoro è finito e facendo un rapido saluto se ne va.
E in tutto questo non posso fare a meno di pensare a come dev'essere brutto entrare lì dentro, al senso di claustrofobia che sento e che mi manda in apnea. Il freddo pungente mi pugnala le tempie, i lamenti della nonna risuonano in quel percorso di morte.
Attraverso di nuovo tutti quei corridoi bui con le immagini di gente giovane e meno giovane che mi osservano andar via. Nell'aria un profumo intenso di fiori, intramezzato solo da un odore stantio di acqua che ristagna. Tutto intorno risuona solo il rumore dei miei tacchi mentre mi stringo ancor più nel cappotto e mi chiedo che senso abbia tutto questo, che senso abbia vivere se poi si fa tutti questa triste fine.