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Fonte: bulugre.eu |
Sabato primo agosto.
Cominciano ad intravedersi le ferie, dovrò attendere ancora 15 giorni.
E' un'estate sottotono quella che sto vivendo. Poche uscite, divertimenti ridotti all'osso. Solo lavoro, casa, direi anche Chiesa ma non ci sono andata.
Al primo posto come al solito i doveri, non sia mai che si riesca ad invertire la rotta. Forse è colpa di questi 30 anni appena compiuti ma vedo la vita scorrere via ed io che la guardo senza realmente agguantarla e morderla.
In alcuni casi mi sembra di subirla e basta. La vivo da inerte, in una sorta di apatia che non muovo un dito per scacciare via.
E' colpa mia, ovviamente. Solo colpa mia.
Mi ha fatto riflettere ieri la frase di una persona amica e mi sono cadute addosso le scelte di una vita. Ho sempre vissuto da bambina, poi adolescente ed ora da adulta responsabile. In un certo senso è come se non avessi mai fatto qualcosa di davvero ribelle, un gesto che potesse farmi perdere il controllo. Sempre misurata, sempre sulla retta via. Ed è anche giusto in fondo, sono fiera di me stessa. Eppure una grande parte di me pensa di aver perduto qualcosa, di non essere stata capace di vivere con spensieratezza.
Si, la spensieratezza, questa sconosciuta. L'ho vista negli altri, in alcuni casi l'ho persino invidiata. In altri criticata. Senza mai conoscerla davvero, senza capirla, senza buttarmici dentro.
Fin dalle elementari ho fatto quel che andava fatto senza un trasporto che potessi definire tale. Dovevo essere buona, sedermi composta, studiare, portare buoni voti a mamma e papà. Non ho mai neppure cacciato un urlo, spaventata dal rumore ancor prima che uscisse.
E' vita quella che si vive così? continuamente oppressa dal senso del dovere, dal senso della misura, dal senso estetico, dalla perdita dei sensi, quelli veri. Una vita passata a proteggermi, a volare basso, ad agguantare le cose a piccole dosi. A non farsi conoscere, a nascondersi, a mettersi in trincea.
Non sono pensieri da primo agosto questi. Non sono riflessioni che dovrei veder uscire ora. Eppure è come vedere un fiume in piena che si scaglia nel suo letto. Impetuoso, violento, a tratti sporco.
Credo che anche mia madre al telefono mi abbia sentita abbattuta. Le ho detto di essere stanca, ed è vero. Sono stanca di me stessa, stanca di queste briglie che mi opprimono, della banalità che vedo dentro di me.