Erano le 7:50.
C'era solo il tempo di dare la colazione al gatto e poi partire per il lavoro.
Scendo in giardino e lo chiamo. Non c'è. Strano perché prima ancora di sentirmi arrivare Teo ogni mattina miagola a più non posso reclamando il suo pasto. Lo chiamo ancora. Mi risponde faticosamente con un grido, quasi umano. Esco e lo vedo sotto la pianta di mandarino, colto da spasimi di dolore.
Con mio padre traffichiamo un po' per aprire la porta di accesso alla protezione invernale delle due piante d'agrumi. Lui è lì. In un angolo del muso, fin sotto il collo, una melma grigiastra che gli era uscita dalla bocca. Inizio ad urlare come una pazza, senza riuscire a smettere.
Teo è colto da terribili convulsioni. Lo vedo agitarsi come in preda alla follia. Ad un certo punto si accascia al suolo con gli occhi spalancati. E' morto. Mi dico che dev'essere morto, probabilmente avvelenato.
Continuo a piangere violentemente, scossa da un tremito infernale che tanto somiglia ad una crisi isterica. Un pianto tremendo senza lacrime, come se il turbamento fosse eccessivo anche per esse.
Vederlo soffrire così e non poter fare nulla per alleviare quel dolore che sembrava sconvolgerlo dall'interno mi ha stremata.
Poi, improvvisamente, Teo rialza la testa. E' inerte ma vivo. Sembra stare meglio. Il tempo è tiranno e devo scappare al lavoro, non c'è nessuno che possa andarci al posto mio.
Mia madre si ritira in casa per preparargli un po' di latte caldo. Al mio ritorno l'avremmo portato dal veterinario. E invece Teo è scomparso. Introvabile. Pur senza reggersi in piedi è andato a rintanarsi chissà dove...forse a morire in solitudine.
Non posso fare a meno di pensare che abbia mangiato un boccone avvelenato, nel giardino di qualcun altro.
Questo era lui il 18 dicembre 2012. Scoppiava di salute e si godeva un po' di sole.
Chiunque sia stato ad avvelenarlo, se davvero è quel che è accaduto...sappia che lo odio e che se potessi, gli renderei il favore.