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Pensiamo di poter controllare tutto.
La fame, la sete, il bisogno di andare a far pipì, la stanchezza, i momenti di stress, le arrabbiature, i momenti no. E invece poi, un giorno qualunque, ti accorgi che non è così.
Ti senti male a lavoro, se il tuo capo non ti avesse sorretto saresti finita a terra. Magari ti saresti persino rotta la testa. Ti calmi, ti danno acqua a zucchero. Dopo 10 minuti provi a rialzarti ma ti succede di nuovo. Anche stavolta a salvarti è il tuo capo. Ti fa sdraiare a terra, ti tiene in alto le gambe, ti dà altra acqua per la tua bocca asciutta. Un cliente si preoccupa, vuol chiamare il 118. Tu piangi perché non avresti mai voluto perdere il controllo, meno che mai sul lavoro.
Poi arriva tuo fratello, ti porta a casa. Hai paura persino a fare le scale. Paura di cadere, di non saperti tenere in equilibrio.
La sera vai dal medico. Il tuo non c'è, come al solito è irraggiungibile. Non c'è neppure un sostituto.
Allora decidi da andare dall'unico medico sempre disponibile, che poi era anche il tuo pediatra da bambina. C'è anche sua figlia, medico anche lei.
Insieme ipotizzano una sincope o una crisi ipovolemica.
Ti fanno sdraiare, ti spogliano, ti fanno un elettrocardiogramma. E tu pensi solo alla gente che c'è fuori ad aspettare, sperando di sbrigarti. Poi la pressione. Poi tante domande e tante prescrizioni. Esami da fare, controlli che ti permettano di capire cosa sia successo. Tu stai sempre bene, perché questo improvviso cambio di rotta?
Il mattino dopo ti fai le analisi complete.
Quello dopo ancora torni a lavoro. E allo stesso orario stai male di nuovo. Quel giorno era oggi.
Cosa succederà domani?