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Fonte: mentecritica.net |
Ho fatto un sogno tremendo.
Era già mattina. Dalle 5 alle 6 sono rimasta sveglia a pensare. E quando mi sono riappisolata è arrivato lui, l'incubo nero.
Inizia che ero in una specie di videogame insieme a mio fratello, un cantantucolo idolo delle teen agers che in realtà non esiste ed un'altra persona, forse mia madre. Eravamo in una stanza scura, con pochi inserti di luci psichedeliche. Mi guardo allo specchio e vedo che al centro della testa non ho più capelli. Sono completamente calva e piena di vesciche più scure simili a funghi. Inizio a piangere disperata, cercando di coprire la mancanza con i capelli dietro, in una specie di improbabile riporto.
Non so come sono poi arrivata in aperta campagna, forse in un pomeriggio di fine estate, con l'erba color grano che è quasi paglia. Ero con altri coetanei, per lo più donne che conosco solo di vista. Ballano, ridono, scherzano. Io piango a dirotto, persa nella mia personale disperazione e conscia che nessuno se ne accorge, a nessuno davvero importa.
Faccio per andarmene ma vengo bloccata. Sulla strada sassosa arriva un giovane sacerdote con tunica fino ai piedi accompagnato da una coppia di sposi. Lei bionda e longilinea, con dei collant bianchi ricamati finemente. Lui un uomo normale, senza infamia né lode, con ricci capelli scuri.
Il prete inizia a celebrare il matrimonio imprevisto e dietro di me si forma una piccola folla a guardare.
Ad un certo punto i due sposi si strappano i vestiti e restano con solo le scarpe. Mi colpisce la fisicità completamente glabra di lei, mentre ancora una volta non noto lui, che è più lontano e che viene coperto dalla figura della donna. Il sacerdote, per nulla scandalizzato, continua la sua messa e rivolgendosi alla folla inizia a giustificare l'evento con un'ode alla nudità, ad un ritorno alla natura e via discorrendo.
Il sogno s'interrompe così ma per ore sono stata male, a pensare a quei capelli che non c'erano più, a quelle tremende vesciche, alle lacrime che scendevano copiose senza che riuscissi a consolarmi della perdita.
Anche tuttora mentre scrivo ne sono scossa.